CURIOSITÀ
È un'erba ma sa di formaggio: stravaganze della natura che hanno aiutato i siciliani
Il termine pare riferirsi alla presenza delle lepri che ne sono ghiotte , e di conseguenza alla presenza dei cacciatori, nei luoghi dove queste piante crescono con abbondanza
L'erba "caccialepre"
Il nome volgare caccialepre è decisamente il più comune, anche se in alcune zone specie al sud, questo termine viene usato per individuare anche un’altra erba di comune tradizione alimentare, la Chondrilla juncea. Il termine pare riferirsi alla presenza delle lepri che ne sono ghiotte , e di conseguenza alla presenza dei cacciatori, nei luoghi dove queste piante crescono con abbondanza.
Si trova nei terreni incolti, nei prati e nei pascoli e si può consumare o cruda, nelle insalate o cotte, condite o saltate in padella. Anticamente questa pianta trovava uso anche nelle erboristerie, per via delle sue proprietà benefiche per la salute.
La Reichardia picroides (il nome scientifico è questo) è anche nota con numerosi e bizzarri nomi volgari, quali caccialebbra, grattalingua, latticino.
E, come ci hanno raccontato sempre i nonni, quando erano tempi duri, caratterizzati dalla povertà, allora si cercavano - e si trovavano - soluzioni a tutto.
Il suo nome si deve al naturalista tedesco J.J. Reichard e deriva dal termine greco “pikrós”, cioè amaro, per via del suo sapore. Nelle piantine di Caccialepre, in primavera, sbocciano fiori gialli: nella parte inferiore dei petali esterni, con striature brune. Quando il fiore raggiunge la maturità, si trasforma in soffione: vi sarà capitato mille volte di vederli nelle campagne.
Secondo la tradizione popolare, questa pianta avrebbe proprietà calmanti anche sul dolore, nonché diuretiche, rinfrescanti e depurative.
Dal sapore gradevole e molto delicato, oggi è tornata di moda tra chi non può mangiare formaggio mentre un tempo si consumava anche sulla pasta proprio per il sentore di caciocavallo.
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