ARTE E ARCHITETTURA
Dopo Salonicco WAAG arriva al Riso: Francesco Piazza ne racconta la genesi e il "senso"
La mostra è dedicata ai 200 anni dell'indipendenza della Grecia. Il curatore ci racconta perché "Siamo tutti greci”, persino ove non ne avessimo piena o matura consapevolezza
Francesco Piazza e una delle opere della mostra "We Are All Greeks!"
La Sicilia colonizzata e la Grecia che ne volle e seppe fare colonia e laboratorio di bellezza in armonia col paesaggio quasi primitivo dell'Isola di Sicani, Elimi e Fenici, nel riscoprirsi “terre unite dalla cultura e dalla storia” insieme in questa narrazione totalizzante, all'interno del Museo Regionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Palazzo Riso dov'è in corso al piano nobile WAAG e dove rimarrà fino all'8 dicembre.
«La mostra – spiegano Piazza e Karampatsas - il cui titolo è ispirato ai versi del poema Hellas di Percy Bysshe Shelley, "Le nostre leggi, la nostra letteratura, la nostra religione, le nostre arti hanno la loro radice in Grecia", attraverso il linguaggio universale dell'arte, vuole esaltare e nello stesso tempo ricordare la spinta ideale che scosse le coscienze di chi credeva nell'indipendenza greca eha lottato per essa sacrificando anche la propria vita, portando al processo di liberazione del popolo greco e gettando le basi per la costruzione del concetto di Europa come Nazione».
L'esposizione si snoda attraverso un percorso di sette tappe tematiche la cui narrazione è affidata alle opere di 15 artisti appartenenti alla nuova generazione dell'arte contemporanea italiana e greca, selezionati dal curatore palermitano e sono: Spyros Aggelopoulos, Manolis Anastasakos, Kiki Kolympari, Nikos Moschos, Giorgos Tansarlis, Stelios Faitakis, Georgia Fambris Andrea Buglisi, Michele Ciacciofera, Giorgio Distefano, Emanuele Giuffrida, Filippo La Vaccara, Ignazio Cusimano Schifano, Max Serradifalco, William Marc Zanghi.
Abbiamo chiesto a Francesco Piazza cosa racconta WAAG a noi greci di Sicilia. «Racconta che la storia "sentimentale"tra siciliani e greci - dice il curatore - è stata ricca di passione e che, anche in quei momenti storici in cui questo legame è stato messo in discussione, è riuscita a rigenerarsi e a reinventarsi. Durante la Guerra per l'indipendenza i siciliani e gli italiani accorsero in aiuto della Grecia, quasi specchiandosi in essa: considerando quella lotta la prova generale di ciò che nell'ariastava maturando e che pochi anni dopo si sarebbe trasformato nei moti rivoluzionari che scossero la penisola».
La mostra si snoda attraverso un percorso in sette tappe o temi: Bandiera, Sacrificio, Eroi, Patria, Filellenismo, Potere Politico e Libertà, che rappresentano idee e simboli universali. «L’ordine scelto non è casuale. Il progetto espositivo parte infatti dalla bandiera come gesto simbolico che ha dato inizio alla Rivoluzione per celebrare poi per il sacrificio degli eroi, veri protagonisti della rivoluzione, che hanno dato la vita per difendere la propria Patria.
Il nodo centrale, il fulcro del progetto, quello che differenzia quella greca da tutte le altre rivoluzioni è il Filellenismo, movimento che si sviluppa subito dopo l'inizio delle ostilità e che è il principio ideologico trainante del progetto. Siamo tutti greci. Così come lo pensarono chi, da altre parti delmondo, si unì alla Grecia contro gli ottomani. Si passa poi al potere politico penultimo tassello di quella visione comune di uno stato greco unito in nome della Libertà conquistata».
Una visione comune, che rende difficile segnare in maniera netta differenze e sintonie tra gli artisti greci e italiani scelti. «Non parlerei di differenze o analogie, almeno non dal punto di vista della ricerca - spiega ancora Piazza - perché esistono in questa mostra linguaggi differenti, complessi ed entusiasmanti. Parlerei piuttosto della differenza di approccio al tema. Negli artisti greci è vivo il concetto per cui la loro storia recente è figlia della secolare dominazione ottomana e che la lotta che ne è scaturita li ha portati alla liberazione e ad acquisire un'identità che ancora oggi è indiscutibilmente influenzata da questiavvenimenti.
Per gli artisti siciliani, simili ai greci per una comune storia di dominazioni, invece il compito è stato indubbiamente più oneroso. Sono entrati, infatti, in punta di piedi, in una vicenda che appartiene loro solo in minima parte, riuscendo a operare un'astrazione colta e priva di retorica in cui coesistono sia il riferimento e l'omaggio alla storia recente greca e al suo dramma sia il profondo radicamento alla propria terra ed alle proprie origini».
Da anni ormai nei suoi progetti Piazza cerca di trovare la chiave per un'elaborazione concreta di una visione mediterranea dell'arte contemporanea «Si fa un gran parlare di Mediterraneo; non è una novità. Ma realmente cosa si sta facendo per costruire un organismo che rappresenti davvero la mediterraneità? Purtroppo, co-esistono episodi isolati che restano confinati alle loro aree territoriali e non riescono a estendere il raggio d'azione.
Con questi progetti - spiega - stiamo cercando di costruire una rete che contribuisca a far sì che il Mediterraneo diventi, o ritorni ad essere, bacino culturale con un'identità ben definita e capace di autoprodursi e fronteggiare altre realtà geografiche forse più strutturate ma, e ciò è innegabile, meno ricche di storia e tradizione».
Anche la scelta del luogo in cui ospitare la mostra non è un caso, «Era importante che una mostra così complessa avesse una sede appropriata e che gli artisti fossero rappresentati all'interno dell'unico museo d'arte contemporanea della Sicilia.
Il progetto è stato immediatamente apprezzato e condiviso dall'Assessore Samonà, profondo conoscitore della storia greca e, anche insieme a Luigi Biondo, direttore del Museo Riso, abbiamo immaginato un segmento temporale lungo due mesi in cui il museo potesse divenire quel nodo centrale di scambio all'interno del quale confluissero le due culture.
Salonicco/Palermo, è un asse/viaggio da cui trarre insegnamento, «Aver presentato WAAG al Museo della cultura bizantina di Salonicco, una delle più importanti istituzioni d'Europa, ha un valore simbolico non indifferente - racconta Piazza -. Siamo approdati nel tempio della cultura bizantina con un progetto di arte contemporanea curato da un italiano che raccontava, nell'anno del bicentenario, in maniera differente e poco canonica un momento della storia greca così fortemente sentito. Per noi questo è stato un onore e allo stesso tempo una sfida ricca di incognite.
L'apprezzamento e l'interesse da parte del pubblico e dei media ci ha dato ragione e ci ha fatto capire che una progettualità differente è possibile e ammissibile anche in luoghi "sacri" e che il pubblico è maturo per comprendere che esistono visioni diacroniche e trasversali che possono solamente arricchire l'offerta culturale aprendo le porte a nuove stimolanti collaborazioni».
WAAG, il progetto WAAG, nasce più di un anno e mezzo fa dalle fitte conversazioni con Vassilis Karampatsas e Nikos Tompros il consulente storico, nelle quali si prospettavano la possibilità di costruire una mostra che si approcciasse in modo differente alla storia e alla Guerra per l'Indipendenza.
«Terreno impervio quando si parla di Libertà, di politica e di questioni non sempre perfettamente definite e inconfutabili. Per questo motivo la produzione è stata complessa e non priva di difficoltà anche perché trovare fondi per una mostra, specialmente con un tema così difficile, è sempre una sfida ardua. La rete l'abbiamo tessuta noi, come facciamo sempre, attraverso relazioni e rapporti costruiti nel tempo. In questo l'apporto dell'Istituto Italiano di Cultura di Atene, istituzione con cui spesso abbiamo realizzato progetti, ci ha dato un contribut fondamentale.
Allo stesso modo la commissione "Greece 2021", organismo formatosi appositamente per il bicentenario della Rivoluzione greca e che ha premiato WAAG inserendolo nella sua programmazione. Così gli altri sponsor: aziende elleniche che a vario titolo hanno creduto nel progetto e hanno fatto sì che esso prendesse forma.
Da ciò si evince che questa volta la Sicilia (l'Italia) non ha accolto l'invito. Complici il momento drammatico che si stava attraversando e che ha penalizzato tutti ma credo anche la poca lungimiranza nel sostenere progetti culturali di qualità come veicolo di promozione e valorizzazione della produttività di una regione che stenta a ricostruirsi e che nell'arte dovrebbe trovare il suo fulcro stabile per rappresentarsi degnamente.
L'invito - conclude il curatore - è quello di essere presenti al giorno dell’inaugurazione e a visitare la mostra nei due mesi programmazione successivi, per respirare quell’atmosfera di ricerca e pungolo tipica dell'arte contemporanea quando ad una selezione di artisti eccellenti all'interno di una cornice architettonica sublime e accogliente, fanno da struttura un progetto d'avanguardia ed una curatela attenta e originale».
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