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Conosci la Baronessa di Carini ma scordi l'amante: "curtigghi" su Lodovico Vernagallo

Le prime notizie appaiono su "L’amaro caso della signora di Carini", narrato dai famosi orbi di Palermo. Cosa si diceva sulle corna più chiacchierate della storia

Alessandro Panno
Appassionato di sicilianità
  • 17 giugno 2024

Il Castello La Grua Talamanca di Carini

Debbo ammettere che a volte mi ritrovo ad essere una specie di curtigghiaro passivo. Infatti, soprattutto in certe situazioni, sto lì ad ascoltare le ciance, spesso urlate, delle persone accanto a me (segno evidente che il concetto di privacy per il siciliano è molto relativo).

Ad esempio, pochi giorni fa, ho dovuto fare scorta di derrate alimentari, cosa che mi siddia tantissimo, e, conseguentemente, stare alla cassa ad aspettare il mio turno per pagare.

Davanti a me c’erano una certa Sciantal e una sua amica, legginsleopardati munita, che parlavano, fittamente e ad un volume vocale che superava quello degli altoparlanti del supermercato, di un certo programma televisivo che tratta di amori clandestini e sciarratine più o meno violente.

Ammettendo la mia totale ignoranza su tali trasmissioni, ho scoperto che il tutto è visibile su una nota piattaforma paytv alla quale sono pure io abbonato.

Ho appreso, mio malgrado, che il tutto si svolge in una cittadina della Florida, in cui una certa Tiffany, procace e biondissima ragazza cosciuta che "avi simpri i minne i fuora", non disdegna di farsi impollinare da api diverse e fare a scunsacrata, senza porsi troppi problemi riguardo il fatto che è già impegnata con un’unica ape.
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Mike, ape e marito della scunsacrata che “ha viriri stu nivuru quant’è bono….Maria ma comu si fa a farici i cuoinna?”, ad un certo scopre che la sua fimmina usa, per il momento, impollinarsi con un certo Oliver, tipico motociclista americano stereotipato tutto muscoli, violenza e birra.

Mike a quanto pare lo capisce subito che mittirisi a questionare con Oliver non è una mossa furba, per cui ad un certo punto, appurato che essere cornuto contento non è cosa sua, decide di adottare una sopraffina strategica vendetta, e, conscio evidentemente della sua avvenenza, va a fare da "tentatore" in una specie di reality.

Qui un gruppo di procaci e formose fimminazze perennemente in costume da bagno devono resistere alla tentazione di incocciarisi con autri masculi mentre i loro ziti sono lontani.

Mike pare che riscuota un discreto successo, suscitando, così, il pentimento di Tiffany che va a chiedergli scusa in diretta TV e gli giura che sarà per sempre solo e solamente sua.

Mike un po' se la pensa, ma a bona e bonè, un ti siddiare, mi pagano, mi fanno fare la vita del signore, ogni giorno ho una ragazza più bona dell’altra che m’acchiana in capu, a momenti mi propongono pure di sponsorizzare un profumo, e magari ha turnari ni tia?? E chi signu fissa?

Tiffany, sto rifiuto non l’aveva contemplato, per cui in preda a un attacco collerico piglia il microfono e lo tira in testa al novello testimonial di profumi, pigliandolo nelle corna e procurandogli una ferita lacero contusa di modesta entità.

A questo punto, sempre secondo la fedele ricostruzione di Sciantal e della sua amica, succede una tummuriata, spunta la polizia, Tiffany viene portata via in malo modo e Mike, dopo essere stato medicato, torna tra le attenzioni delle partecipanti alla trasmissione.

Onestamente a seguire tutto stu bordello c’è da farisi venire l’emicrania, ma ammetto che quando è arrivato il loro turno di pagare, un po’ mi è dispiaciuto vederle allontanarsi parlando ancora della cosa, lasciandomi nel dubbio di come potesse essermi sfuggito un programma di tale livello e portata culturale.

Mi è venuto quindi in mente che se una trasmissione del genere fosse esistita ai tempi d’oro della nobiltà siciliana, a voglia di puntate e storie che si sarebbero potute raccontare, facendomi pensare automaticamente al fattaccio della Baronessa di Carini.

Vuoi che ormai vivo a Carini da 4 anni e da casa mia si vede il castello, vuoi che sere fa ho avuto l’occasione di partecipare ad un evento chiamato "Murder in castle" (che vi consiglio caldamente) promosso dall’associazione Jonathan Livingston che, con effetti speciali, atmosfera dark-gotica e attori, racconta la morte della Baronessa di Carini.

E con questo la mia mente, in una sorta di gusto del macabro, è andata a ripensare proprio a quella storia, in particolare ad uno dei protagonisti che, mischino, spesso viene messo da parte nonostante pure lui non se la sia passata proprio bene.

Le prime notizie sul caso appaiono su di un poemetto intitolato "L’amaro caso della signora di Carini", pubblicato nel 1870 da Giuseppe Salomone Marino e narrato dai famosi orbi di Palermo, senonché lo studioso Alberto Varvaro, che volle andare a fare u pillicusu, appurò che nel poemetto c’erano diverse incogruenze e che, quindi, all’origine dell’assassinio ci fu sì il fatto che il marito con le corna arrascava i tetti, ma anche e soprattutto una mera questione di carattere economico che coinvolgeva un certo Lodovico Vernagallo.

Lodovico, amico di infanzia della Baronessa Laura Lanza in La Grua-Talamanca, col tempo da semplice amico divenne amico-plus, innamorandosene, e cominciando una storia clandestina con la Baronessa.

Ora siccome il marito ufficiale, Vincenzo La Grua Talamanca, parrebbe che "sparasse a salve", c’era da presumere che tutti i figli della coppia fossero illegittimi poiché concepiti con l’ausilio di Lodovico, ma la cosa, tuttavia la cosa non è così semplice, perché, così come ha scoperto lo storico Calogero Pinnavia, l’assassinio fu fatto, più che altro, per una questione economica.

Difatti il padre di Laura Lanza, Don Cesare Lanza, malaminnitta come pochi, aveva assunto un grosso debito di gioco, per il quale chiese in prestito piccioli al Vernagallo, che se la passava molto bene ed era socio di un importante zuccherificio, divenendo così debitore nei confronti dell’ amante della figlia. Viri chi impirugghiu!

Una sera, un frate del vicino convento dei Carmelitani di Carini, che evidentemente gana di farsi un coppo di corpi cavernosi suoi non ne aveva voglia, rivelò al marito di lei che quella sera stessa Laura e Lodovico si sarebbero incontrati.

Vincenzo, che aveva la stessa spina dorsale di un babbaluciuo, avuta la "soffiata", andò a piagnucolare dal suocero, Don Cesare, che un ci persi viro, e non si fece scappare l’occasione.

Con la scusa della vendetta d’onore, all’orario dell’incontro Cesare fece circondare il castello dai suoi soldati ed entrò insieme al marito di Laura, nella camera della Baronessa trovandola impegnata in questioni importanti con il Vernagallo.

Tricchi, tracchi e bumme a mano Don Cesare accoltellò la baronessa ed il suo amante, Lodovico Vernagallo, e forte della giustizia dell’epoca, che ammetteva che in casi di tradimento al padre della donna andasse metà degli averi dell’amante, sapeva che sarebbe subentrato nello zuccherificio ed estinguendo così per avvenuto cugghiamento il debito.

Due piccioni con un cutieddu!

A misfatto avvenuto, in attesa che le indagini chiarissero la dinamica, Cesare "scappò" dal re Filippo II il quale, avendo per lui una certa simpatia, gli concesse l’indulgenza e addossò la colpa di tutto a quel matapollo di Vincenzo La Grua, il quale si fece un periodo di villeggiatura presso il Castello a Mare, dal quale uscì il 21 ottobre 1564, periodo nel quale il suocero riuscì a divenire Prefetto di Palermo, disponendo a piacimento dei suoi affari, quelli di Vincenzo e chiaramente quelli del povero Lodovico Vernagallo.

Se Sciantal e la sua amica sapessero tutta sta storia ne avissiro di che parlare per almeno 7 file di cassa!
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