STORIA E TRADIZIONI
Con 4 mila spettatori era il terzo più grande della Sicilia: è l'anfiteatro di Termini Imerese
Ancora oggi i resti di questa straordinaria struttura, di duemila anni fa, sono facilmente visibili nel cosiddetto pianoro di San Giovanni, tra Villa Palmieri e via Garibaldi
Nel piano di San Giovanni è possibile ammirare i resti dell’Anfiteatro romano a Termini Imerese
Certamente questa imponente struttura era tra quelle opere che meravigliavano il passante anche perché doveva essere visibile da chi proveniva dal mare.
Purtroppo oggi, si possono solo ammirare alcuni resti dei pilastri distribuiti ad una distanza regolare l’uno dall’altro e una piccolissima porzione delle cavea.
Lo studioso termitano Baldassare Romano, durante gli scavi realizzati nel XIX secolo, ricostruì le dimensioni dell’opera: pianta a forma ellittica, con il diametro maggiore di 87 mt. e di 58 mt. quello minore. Secondo una più recente ipotesi, l'anfiteatro era circondato da 36 piloni che formavano un portico a due ordini, mentre le dimensioni dell'arena erano 51 mt. il diametro maggiore, 27 mt. quello minore.
Osservando una qualsiasi planimetria o foto aerea della città, è possibile individuare, ancora oggi, il perimetro della struttura pubblica: infatti, gli insediamenti abitativi, costruiti nei secoli successivi, seguono un andamento ellittico sfruttando le solide fondazioni dell’anfiteatro.
Nel XII secolo, il geografo e viaggiatore arabo Idrìsi, nella sua opera il Libro di Ruggero annotò, a proposito dell'anfiteatro, che “(…) nella terra di Tirmah vi sono degli avanzi di antichità di mirabile struttura che mostrano il valore e ne attesta la valenza del suo architetto (…)”.
Con l’arrivo degli ebrei in città, l’anfiteatro, venne inglobato all’interno della Giudecca e proprio in adiacenza alla struttura romana venne costruita una Sinagoga. Gli Ebrei rimasero in città fino al 1496 quando l’intero piano di San Giovanni fu abbandonato a seguito della loro espulsione ad opera di Ferdinando il Cattolico.
Poco dopo l’intera area venne concessa ai frati Domenicani i quali costruirono al posto della Sinagoga il Monastero di Santa Chiara. In questo periodo l’edifico romano risulta essere già in rovina, anche perché venne utilizzato come cava per la ricostruzione e ampliamento del castello e per la realizzazione di molti edifici nobiliari della città.
Diverse sono le testimonianze storiche sull’anfiteatro tra queste citiamo quella di Claudio Mario Arezzo del 1537 nella sua opera letteraria De situ insulae Siciliae, ed ancora nel 1669 con Vincenzo Solito in Termini Himerese posta in teatro, che lo descrive “mezzo rovinato”. Anche nel Dizionario topografico della Sicilia del canonico Vito Amico e tradotto dal latino da Gioacchino Di Marzo nel 1856 il monumento risulta segnalato.
Nel 1860, il convento con l’annesso edificio romano venne espropriato ed utilizzato come sede del Liceo.
Nel volume a cura dell’Istituto di archeologia dell’Università di Palermo dal titolo "Termini Imerese ricerche di topografia e di archeologia urbana" di Oscar Belvedere, Aurelio Burgio, Rosalia Macaluso e Serena Rizzo a proposito dei resti visibili oggi dell’anfiteatro romano si legge quanto segue.
«(...) Gli scavi archeologici eseguiti tra il 1909 e il 1911 misero alla luce tre settori del monumento: nel giardino dell’ex monastero di San Marco sul lato occidentale, all’interno del Convento di Santa Chiara sul lato orientale e nel piano Barlaci sul lato nord.
Furono, inoltre, eseguiti due trincee, una nel giardino del chiostro per rintracciare l’ingresso sull’asse maggiore, speculare a quello rinvenuto nel piano Barlaci, e una seconda in via Anfiteatro, che permise di mettere in luce un pilone (...)».
Altri esempi di anfiteatro in Sicilia realizzati dai romani si trovano a Catania e a Siracusa. Quello di Termini è il terzo in ordine di dimensioni.
Non c’è alcun dubbio che la conquista romana apportò alla città benessere e splendore. I romani, non ampliarono il perimetro delle mura, ma le potenziarono arricchendole di torri di avvistamento.
Oltre alla struttura monumentale dell’anfiteatro, Thermae, venne munita di imponenti edifici a carattere sociale, quali l’acquedotto Cornelio, diversi edifici pubblici, tra cui la "Curia" e i bagni termali che secondo la tradizione accolsero il mitico Ercole. Tutto ciò evidenzia la straordinaria importanza della città nel territorio a quel tempo.
Per la città di Thermae iniziò, quindi, un periodo di notevole sviluppo economico.
Da evidenziare che nei primi secoli dopo Cristo, le monete venivano coniate con la scritta Thermae Imeraien (Terme d'Himera) in onore della vicina e gloriosa colonia greca di Himera.
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