TEATRO
Teatro Garibaldi: "In risposta alle polemiche..."
Riceviamo e pubblichiamo una lettera degli occupanti del TGA in merito alle scelte dell'Amministrazione, polemiche su spazi pubblici e direzioni artistiche
Sono passati ormai nove mesi da quando il Teatro Garibaldi Aperto è stato riaperto e restituito alla città, circa 270 giorni di occupazione e autogestione fatte di idee, novità, scambi, entusiasmo. L’inizio di un percorso indipendente, autonomo, innovativo nato dall’esigenza di liberare i luoghi della cultura negati e di superare il paternalismo delle politiche culturali passate, rimettendo al centro gli operatori, gli artisti, le persone e le loro storie.
In queste settimane entra nel vivo la partita per la conquista degli spazi pubblici in città, ed è in pieno svolgimento il dibattito metodologico fra assegnazioni ad personam (o ad personas) o piuttosto assegnazioni per bando pubblico, richiamate dall’amministrazione comunale come linea guida e garanzia di trasparenza e qualità delle scelte operate.
La prassi delle assegnazioni per bando pubblico (regola che pare già poter contare su più di una eccezione), oltre ad aver sollevato diverse polemiche in occasione delle recenti assegnazioni di fondi per gli spettacoli del Festino e per quelli natalizi, non sembra essere uno strumento che pone le annunciate garanzie di democraticità ed oggettività delle scelte, basandosi fatalmente su valutazioni discrezionali ora basate sul “merito” artistico, ora sulla “progettualità”, con il concreto rischio di attuare un restringimento dei diritti di cittadinanza all'interno di una sorta di comunità artistica meritevole.
Se il merito è oggi divenuto, in ogni campo lavorativo e soprattutto del sapere, il grimaldello utile ad ogni politica escludente, a esso va contrapposta la necessità di un reale allargamento della base dei diritti e delle possibilità. Un reale investimento su arte e cultura da parte della "politica" dovrebbe partire dalla generalizzazione delle garanzie e non dalla solita logica di spartizione delle risorse, o della minima parte di queste (gli spazi, nel caso specifico).
Per lanciare segnali chiari ed inequivocabili di discontinuità rispetto al passato occorrerebbe ripartire da una reale mappatura delle realtà territoriali attive e creare modalità inclusive per garantirle tutte. I cambi di rotta, le rotture e le trasformazioni passano dalla creazione di nuovi orizzonti, mai dalla mera gestione politico-amministrativa dell'esistente. Il che vuole anche comprendere la valorizzazione delle esperienze innovative che sul territorio rappresentano già delle realtà esistenti e vitali, a prescindere da riconoscimenti esterni e precisi vincoli di appartenenza.
Innovativo nel nostro campo è per noi tutto ciò che riesce a muoversi e creare fuori da contingenze politiche e relazioni di potere gerarchico. Nuovo è ciò che riesce a rompere tutti quei dispositivi che rendono le nostre produzioni e idee sempre schiave della continua ricerca di appoggi e padrini. Dirompente è ciò che costruisce alternative ai classici modelli di gestione e direzione proponendo, per esempio, direzioni artistiche collettive, decisioni e progettualità comuni, rischi da correre insieme, nel campo della sperimentazione e della ricerca del nuovo.
A prescindere dal riconoscimento di singole figure e del loro percorso artistico, non vogliamo che assegnazioni a personalità notabili e riconosciute celi il sacrificio di percorsi artistici e politici partecipati e trasversali, che hanno rappresentato la vera novità in città e non solo in campo culturale, aprendo nuove prospettive. Da quando è Aperto il Teatro Garibaldi ha radicalmente mutato la sua prospettiva di utilizzo, ed è oggi uno spazio occupato che rappresenta un'occasione per l'avvio dei processi trasformativi delle vecchie logiche: un progetto che sta esprimendo fin da oggi tutte le potenzialità per divenire un Centro di Produzione Indipendente aperto a tutte le discipline in maniera trasversale, per rappresentare un palco aperti alle realtà del territorio, e ospitare quelle forme di manifestazione artistica che non troverebbero altrimenti visibilità in questa città. Un luogo dove aprire spazi di ragionamento su cosa significa creare, produrre arte e come sperimentare nuovi modelli di distribuzione e fruizione.
Il TGA ha lanciato in questi mesi il seme per far maturare un’esperienza che superi la mercificazione dell’arte, spesso mortificata e sottoposta ora a logiche di mercato, ora a clientele partitiche. Ed è in profondo errore chi si aspetti un silenzioso ritiro in buon ordine da offrire sull’altare delle assegnazioni dirette, dei bandi pubblici, o di qualsiasi altro strumento possa ingabbiare esperienze libere ed innovative come la nostra.
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