ARTE E ARCHITETTURA
Il patrimonio ignorato di Palermo tra ville, giardini e palazzi: Basile, non ti conosco
L'autolavaggio al posto di villa Deliella, le statue annerite, l'occupazione dell'edificio in via Papireto: il lascito di Ernesto Basile a Palermo tra i più maltrattati della storia
Particolare di un affresco a villa Igiea a Palermo (Ernesto Basile)
Lo attesta il fatto che al posto di una struttura museale in piazza Croci (l'area in cui si trovava villa Lanza-Deliella) ci stia ancora un parcheggio-autolavaggio, che la stele liberty del 1906 dedicata a Pietro Bonanno nell'omonima piazza sia infestata dalle croste nere e che da circa un anno, l'ex-dispensario antitubercolare del 1911 al Papireto, sia occupato abusivamente da diverse famiglie in sfregio all'articolo 9 della costituzione italiana che promuove la tutela e la valorizzazione del paesaggio e del patrimonio artistico e monumentale della "Nazione".
Già. E pensare che per il ciclo dei sanatori, tre almeno ancora quelli esistenti sul territorio palermitano, Ernesto vinse una medaglia d'oro per l'impegno profuso nella igiene sociale.
Erano gli anni del passaggio tra la sua seconda fase progettuale di modernismo seguita alla prima di adesione paterna all'eclettismo e l'utima fase progettuale di maniera, capolavori su capolavori ispirati al concetto mitteleuropeo di Gesamtkustwerk (opera d'arte integrale).
Grande cattedratico mai avvezzo alle lusinghe romane, docente di Architettura Tecnica per la Regia Scuola di Applicazioni per ingegneri e architetti, preside e docente presso l'Accademia di Belle Arti di Palermo, Basile fu tra i massimi esponenti di quell'Art Nouveau europea che seppe traghettare il Paese verso la modernità del gusto mitteleuropea intriso di estremo positivismo attestato dalla imponenza complessiva delle opere sopravvissute comunque a quella furia iconoclasta che fu il sacco di Palermo.
Una curiosità tra le tante, persino il gioiello con cui il maestro unitamente al villino Florio all'Olivuzza apre il Novecento artistico italiano e cioè quella villa Igiea recentemente tornata alle cronache per la stroria travolgente della tela di Boldini venduta all'asta e raffigurante l'icona liberty donna Franca Florio e per le feste di Dolce&Gabbana, nasce come struttura sanatoriale e subito dopo riconvertita in hotel di lusso per la borghesia e l'aristocrazia di mezza europa.
Fervido intellettuale, epicentro della vita culturale della ricca città borghese, Ernesto vantava amicizie e collaborazioni interessanti come quelle con la famiglia Florio appunto, la totalità del mondo artistico da De Maria Bergler a Ximenes, Geraci, Cortegiani, Enea, Lentini, Rutelli, Vincenzo Cervello medico con cui condivise il portato dell'impegno civile nell'ingegneria sanitaria appunto.
Il nucleo più antico dell'ospedale Cervello in via Trabucco ed il raffinato presidio su via Giorgio Arcoleo, funzionano ancora sebbene necessitino di interventi di manutenzione ordinaria. Destino avverso invece tocca al dispensario che insiste al numero 13 di corso Alberto Amedeo, cinto tra la baraccopoli del mercatino delle pulci e il presidio dei carabinieri.
L'occupazione abusiva e lesiva del monumento del bene di proprietà, a quanto lare dell'ospedale Civico, ha già comportato modifiche interne da parte degli occupanti a cui ci è stato negato l'accesso, oltre che l'alienazione di un monumento sottoposto necessariamente ope legis a vincolo della Soprintendenza in virtù dell'art 9. mentre una discarica abusiva insiste nell'intercapedine tra le baracche e l'accesso all'era del Comando dei carabinieri su suolo pubblico.
Ma quanto degrado siamo disposti a tollerare? Ci chiediamo quali siano le ragioni di una così grave miopia culturale nei riguardi dell'opera di un così grande artista-intellettuale italiano, ma non riusciamo a trovare adeguate risposte.
E mentre schiere di professionisti aspettano mesi per avere un parere tecnico vincolante o cambiare un semplice infisso, il Giardino Inglese, progettato nel 1855 da Giovan Battista Filippo Basile come luogo di tensione romantica "naturale" resta invaso da tonnellate di incomprensibile asfalto, i due chioschi liberty Ribaudo e Vicari di piazza Verdi sembrano usciti da una battaglia campale, e un luogo dalle grandissime potenzialità sociali come l'ez sanatorio appunto, in un ambito territoriale, il centro storico, cronicamente carente di servizi, viene saccheggiato ed occupato come fosse una vecchia latrina senza valore.
Ma come è stato possibile tutto ciò? Come siamo arrivati alla soglia imbarazzante di questo livello di degrado silente? Di chi, le responsabilità?
Ci chiediamo dove siano stati e dove siano oggi Comune, Regione, Soprintendenza e l'Arnass Civico ma soprattutto cosa vogliono fare da domattina?
Ultima chicca, nel ricordo di noi palermitani che ancora ci indignamo davanti il degrado imperante, c'è posto per il Centro amazzone, piccola eccellenza che erogava servizi a tutela delle patologie tumorali della mammella.
Ecco dalle notizie raccolte intorno all'edificio ancora occupato, sembra che questo importante servizio fosse erogato proprio dentro il sanatorio, proprio qui dove impera laconico, il cartello con la vecchia indicazione della presenza di cabina telefonica!
Non possiamo arrenderci al degrado come destino. Dobbiamo esigere il rispetto delle regole e l'emergenza abitativa, spettro di una inefficiente politica e di una totale assenza di vision progettuale a tutti i livelli istituzionali, non può essere risolta a scapito del nostro immenso patrimonio artistico monumentale, la nostra grande bellezza liberty non può diventare un ammortizzatore sociale e tutto ciò non può avvenire sotto gli occhi delle istituzioni!
Che la nostra denuncia riesca allora a muovere l'orgoglio di essere cittadini normali che esigono il rispetto delle regole fondamentali di convivevza civile, amanti passionari delle nostre radici culturali, quelle radici che fecero della Palermo dei Basile e dei Florio, la capitale della bellezza, del lusso e della felicità urbana e sociale.
(Articolo scritto a quattro mani con l'architetto e ingegnere Giulia Argiroffi).
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