ARTE E ARCHITETTURA
Una storia che sa di magia: a Palermo c'è una ninfa che incanta per la sua bellezza
Un viaggio che ci porta al periodo rinascimentale quando la fonte della Ninfa, di cui raccontiamo, si trovava al Capo di Palermo nel giardino della famiglia Susinno
La fonte della Ninfa (dalla pagina Facebook della Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali di Palermo)
Dovremo portarci indietro di svariati secoli, fino al periodo rinascimentale; in cui iniziò ad andare in voga, partendo da Roma e diffondendosi in tutta Europa, la rappresentazione scultorea di una Ninfa giacente ai piedi di un fonte in diversi giardini.
Infatti le Ninfe, dee fanciulle della mitologia greca, per i Romani erano i numi tutelari delle fonti e ad ognuna di esse veniva assegnata una sorgente allo scopo di proteggerla.
Ben presto l'iconografia venne accompagnata da un componimento epigrafico inciso su pietra che recitava: "Hujus Nimpha loci sacri custodia fontis. Dormio dum blande sentio murmur aquae. Parce meum quisquis tangis cava marmora somnum rumpere. Sive bibas, sive lavere, tace."
Anche a Palermo esisteva una sorgente con la sua Ninfa guardiana.
Ma non si tratta della famosa fontana della Ninfa, ad opera di Nunzio La Mattina su progetto di Mariano Smiriglio e Vincenzo La Barbera, che in principio faceva parte del complesso scultoreo semicircolare realizzato nel piano di Sant'Antonino, davanti l'omonima chiesa. E che in seguito, nel 1875, fu spostata nella villetta di piazza Alberico Gentili dove si trova a tutt'oggi.
La fonte della Ninfa di cui voglio raccontarvi, nel Cinquecento si trovava al Capo di Palermo, internamente al "viridarium" (giardino) di proprietà della famiglia Susinno. Erano le acque del fiume Papireto ad alimentarla e, pur trovandosi in un giardino privato, di esse ci si poteva servire per uso pubblico o semi pubblico, come ci riferisce Francesco Maria Emanuele e Gaetani marchese di Villabianca nella sua opera settecentesca "La fontanagrafia oretea".
Egli la descrive con il nome di "Fontana della Ninfa" posta nella contrada della Guilla, le cui acque discendevano in una stanza al piano terra, in cui al tempo si trovava una taverna, che si congiungeva alla già all'epoca abolita "Officina dei Tintori", una volta della Zecca vecchia.
Ma fu all'incirca nel 1523 che venne posta, a guardia della fonte, una targa con la Ninfa dormiente scolpita ed i versi incisi. Fu infatti quell'anno che il viceré Ettore Pignatelli chiese a Bartolomeo Susinno di realizzare una fonte alimentata dal Papireto in un punto coperto del suo giardino, similmente a quella di San Giovanni alla Guilla.
Miglior luogo non poteva essere scelto che quello, già usato come lavatoio, in cui si accedeva dal portico del cortile del Secco (della Zecca). Susinno si impegnò a mantenere pulite le acque ma contestualmente, a mò di avvertimento per gli utilizzatori della fonte, fece porre il monumento lapideo della Ninfa assopita con la relativa incisione. La lastra era già stata comunque ricordata, nel Seicento, dallo storico Vincenzo Di Giovanni.
Ma, in seguito allo stravolgimento dei luoghi con l'urbanizzazione della zona della Panneria, il giardino e la fonte scomparvero e ci si dimenticò pure dell'opera scultorea della Ninfa. In seguito, nel 1889, venne ritrovata da monsignor Vincenzo Di Giovanni, altro storico omonimo del collega seicentesco, in un vano al pianterreno del cortile del Secco.
Con la scoperta del monumento, le autorità municipali si adoperarono per prelevarlo e portarlo in un primo momento alla Casa Pretoria e poi al Museo Nazionale, l'attuale Museo Archeologico Regionale Salinas. Infine fu trasferito al Museo di Palazzo Ajutamicristo in via Garibaldi. Anche se la fontana non esiste più, è qui che la Ninfa dorme ancora e raccomanda dolcemente di non ridestare il suo sonno ad ogni visitatore accorso per ammirarla.
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