ITINERARI E LUOGHI
Una "macchia" verde affacciata su un fiume: in Sicilia c'è una piccola oasi da non perdere
La Riserva alla foce dell'Irminio merita di essere inserita nella lista dei luoghi della Sicilia da visitare, in più di una stagione, e regalarsi così una giornata diversa dal solito
Riserva Naturale Speciale Biologica "Macchia Foresta Fiume Irminio"
La si coglie nel suo intero, con un solo sguardo, dalla collinetta più alta al confine tra la spiaggia e la falesia rocciosa, nei pressi della torretta di avvistamento dell’antincendio.
È lunga meno di un chilometro questa oasi verde che corre parallela al litorale ma è sufficiente a dare un’idea di come si presentava un tempo il paesaggio a chi approdava lungo le coste siciliane.
Il fiume Irminio è uno dei corsi d’acqua che nasce alle falde del Monte Lauro, sugli Iblei e, dopo avere inciso profondamente l’altopiano tra Ragusa e Modica, sfocia nel ventoso Canale di Sicilia.
Con i suoi 52 chilometri è il fiume più importante della provincia ragusana. Dal 1985 la sua foce è una importante area protetta, una Riserva Naturale Speciale Biologica. Nasce per la tutela di uno degli ultimi habitat che caratterizzavano i litorali siciliani.
Un esempio non molto lontano da qui è quello dei Macconi di Vittoria.
La bonifica delle paludi ha fatto il resto. Salutata in passato come una benedizione per il duplice vantaggio di allontanare lo spettro della malaria e di aumentare i suoli agricoli, oggi, che la malaria è solo una malattia tropicale, è emersa prepotentemente l’importanza delle aree paludose costiere, per la salvaguardia della biodiversità.
Le oasi umide, anche quando salmastre, sono luoghi di sosta e ristoro di numerose specie di uccelli migratori che fanno la spola tra le opposte sponde di Africa e Sicilia. La foce del fiume si presenta bassa e paludosa ma numerose fonti e importanti ritrovamenti raccontano una storia diversa.
L’Irminio, citato da Plinio, da Filisto, dal geografo arabo Edrisi, è stato in passato il fiume più importante di questo angolo di Isola, dalla colonia greca di Camarina, fino a Capo Passero. Navigabile per un lungo tratto e quindi importante via di comunicazione con i territori interni. È probabile anche la presenza di un porto canale luogo di rifugio e di scambi commerciali.
Oggi la portata d’acqua è nettamente inferiore al passato, le bonifiche e l’agricoltura ne hanno modificato il paesaggio fino alla foce. Si accede alla riserva da un centro accoglienza ben segnalato sulla s.p. 25, nel tratto tra Marina di Ragusa e Playa Grande.
La si esplora in un paio d’ore, è una camminata adatta a tutti che non richiede attrezzature particolari ma solo la voglia di farsi avvolgere dai suoni e dai colori della natura, che qui, è ancora signora incontrastata.
Il primo tratto di sentiero si dipana lungo il corso finale del fiume, tra tamerici, frassini e salici che convivono con specie introdotte dall’uomo come acacie ed eucalipti. Le canne di palude formano veri e propri tunnel da attraversare quasi per gioco. Molti amanti del birdwatching stazionano pazientemente nei punti consentiti, a “caccia” di prede per i pixel della loro fotocamera.
Non è difficile avvistare anatre e folaghe, aironi e garzette, che, se indisturbati, fanno capolino tra le canne.
Alla foce, sulla sabbia finissima stazionano copiosi, in attesa delle mareggiate, relitti di tronchi d’albero. Alcuni hanno forme curiose, è una stravagante galleria di sculture che madre natura mostra orgogliosa a chi le sa apprezzare.
Danno l’idea di un luogo di attesa, di un’attesa senza tempo. Dalla spiaggia si ammira un cordone di dune le cui forme sinuose e precarie sono continuamente modellate dal vento.
Nel tratto finale è consentita la balneazione. Sulle falesie un sentiero costiero permette di allungare la camminata fino alla prima spiaggia di Marina di Ragusa. Il paesaggio vegetale è quello della palma nana e del timo.
Gli scogli bassi e affioranti sono spesso animati dalla presenza dei cormorani che hanno l’abitudine di asciugarsi al sole, non è raro avvistare con un binocolo il martin pescatore.
Si torna indietro dal sentiero retrodunale, dove la macchia foresta a lentisco, ginepro ed efedra, vegeta rigogliosa e ben consolidata sulle retrovie. Numerose fioriture si alternano nelle stagioni. I giaggioli e i gigli marini dalle fioriture vistose, le mandragore e i pomi di Sodoma, specie tossiche, ma belle da fotografare.
A completare questo piccolo giardino botanico allestito dalla natura un corredo di essenze vegetali meno appariscenti, dai fiori piccoli e delicati, più interessate alla sopravvivenza in ambiente arido che a fare bella mostra di sé.
La Riserva alla foce dell’Irminio merita di essere inserita nella lista dei luoghi del sudest da visitare, possibilmente in più di una stagione. Non occorre poi tanto per regalarsi una mezza giornata diversa dal solito.
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