STORIA E TRADIZIONI
Una città incastonata tra due vallate e due fiumi in Sicilia: dove si trova l'antica Jetas
Tremila metri lungo un cammino in cui è possibile ammirare due vallate. La fatica è spazzata dalla storia, un sapore antico che il visitatore sente durante il percorso
Monte Jato (foto di Salvatore Di Chiara)
A circa 30 chilometri da Palermo, sulle pendici del Monte Jato (852 m) e salendo dal paesino di San Giuseppe Jato, pochi chilometri separano l’area archeologica dal centro urbano. Tremila metri lungo un cammino in cui è possibile ammirare le due vallate dei fiumi Jato e Belice (est).
La fatica è spazzata dalla storia, un sapore antico che il visitatore avverte durante il percorso. Una sensazione che provò il professor Peter Isler dell’Università di Zurigo nel lontano 1971. Grazie ai suoi studi, contribuì a portare alla luce l’antico abitato di Jetas (latino) o Iaitas (greco).
Una cittadella citata dai più importanti storici del passato come Tucidide, Diodoro Siculo, Cicerone e presente in un passo della Naturalis Historia di Plinio il Vecchio.
Un popolo di pastori e agricoltori che conducevano una vita semplice.
Tra i pochi rinvenimenti trovati, le tracce dei fondi delle capanne e frammenti di vasellame modellato a mano e decorato con alcune incisioni. I primi abitanti di origine greca apparvero nel V o VI secolo a.C. La struttura della città cambiò profondamente e venne urbanizzata secondo l’architettura greca (fondazione della Iaitas munita delle poleis).
In campo religioso si affermò il culto di Afrodite. Una storia controversa e contraddistinta dalle battaglie per la “sua” conquista. La prima avvenne grazie alle armate di Pirro nella spedizione in Sicilia. La città si consegnò ai romani durante la prima guerra punica.
A partire dal 79 d.C. (stesso anno della distruzione di Pompei) Jetas divenne una delle 45 "civitas decumane" siciliane sotto il controllo tributario di Roma. Allo stesso tempo, la posizione florida e un crescente sviluppo economico diedero uno slancio definitivo per entrare nei 50 insediamenti più importanti del panorama siciliano.
Malgrado la scoperta di numerose anfore da trasporto e ceramiche romane, la città non riuscì a consolidare la sua crescita edilizia e anzi, cadde lentamente in rovina. Un declino definitivo avvenuto dopo l’incursione dei Vandali nella metà del V secolo d.C.
Successivamente divenne il centro delle rivolte musulmane contro la dinastia sveva. Difatti, nel 1190 la città era assieme ad Entella il simbolo della rivolta contro Federico II. Dopo circa 50 anni, la città venne definitivamente rasa al suolo dalle truppe di Riccardo di Caserta e gli abitanti furono deportati a Lucera di Puglia.
Il percorso storico è arricchito da un’ampia area archeologica di circa 40 ettari.
Un sito che si fregia della presenza dell'agorà, i resti del teatro, il tempio di Afrodite, il tempio italico, il bouleuterion e il sistema di fortificazione. Quest’ultimo fu ristrutturato e utilizzato fino ad età medievale. Risale presumibilmente al periodo di urbanizzazione della città. Dal percorso centrale si arriva direttamente all’agorà.
Un’ampia area rettangolare di 50 x 40 e delimitata su due lati da portici colonnati realizzati nel IV secolo a.C. E’ possibile addentrarsi in edifici pubblici più o meno conservativi. I resti del tempio italico (dedicato a Giove) e punico (con la presenza inoltre di un santuario) si trovano precisamente ad ovest e sud-ovest.
A nord è ubicato l’antico bouleuterion (sala di consiglio). Quello recente (pianta quadrata) è posto ad ovest. Si accede ai resti del teatro proseguendo a nord-ovest dell’agorà. Fu costruito nel IV secolo a.C. su modello del teatro di Dioniso ad Atene. Le caratteristiche sono concentrate sulla cavea.
È tagliata su un declivio naturale ed era costituita da 35 gradinate (divise in sette nuclei). Poteva contenere fino a 5000 spettatori (maggiore di quello di Segesta). Le tre gradinate inferiori erano riservate a magistrati e sacerdoti (decorate con zampe di leone). Ai lati della cavea si trova un muro con funzione di balaustra che terminava in basso con un elemento
a voluta.
L’edificio scenico è ben conservato nonostante alcune trasformazioni subite. Era decorato con quattro grandi statue di pietra (due menadi e due satiri) connesse al culto di Dioniso.
Il tempio dedicato ad Afrodite è l’edificio più antico della città. Fu costruito su resti di capanne indigene. È a pianta tripartita con pronao e preceduta da due colonne.
L’Antiquarium (museo) è una tappa doverosa per conoscere meglio la storia di Jetas. Sono raccolti tutti i reperti (capitelli, vasellame, coppe e oggetti vari) rinvenuti nel sito archeologico. Inoltre, sono custodite quattro statue in calcare (due femminili e due maschili).
È incerta la loro reale collocazione.
I territori di San Giuseppe Jato e San Cipirello entrano di diritto nei libri di storia archeologica. Un sito che controlla due versanti: quello di Portella della Paglia dove era assicurato l’accesso con l’antico emporio punico di Panormos e l’altro, quello della vallata del Belice che rendeva fruibile il collegamento con le coste meridionali e la colonia megarese di Selinunte.
Un altro capitolo immenso della nostra Sicilia.
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