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Un monumento al passato glorioso di Palermo: dov'è lo (storico) Palazzo Lo Verso

Passi ogni giorno in questo punto dove sorge l'edificio, raccordo urbanistico tra centro storico e le atmosfere “Florio dell’Olivuzza” ormai quasi del tutto perdute

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 20 febbraio 2023

Palazzo Lo Verso a Palermo

Un museo diffuso a cielo aperto, è questa la vocazione e l’eredità modernista che il capoluogo siciliano non può più permettersi di non valorizzare con modi e tempi adeguati al lascito culturale ereditato da un passato glorioso.

A fare le spese di questa mancanza prolungata di messa in rete della bellezza urbana visibile da strada, è in primo luogo la nostra consapevolezza e persino lo spirito di comunità lasciato a marcire sempre in potenza di qualcosa che sembra non arrivare mai.

Ed è così che finiamo tutti per passare distratti davanti monumenti e narrazioni suggestive persino quando quel monumento specifico è presente nella nostra quotidiana e veloce giornata di lavoro o diletto.

Avviene con una costanza quasi disarmante in tutto il territorio comunale e avviene poi con tratti surreali in luoghi iconici della città che meriterebbero invece maggiori investimenti in termini proprio di consapevolezza diffusa e trasversale.
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Avviene per esempio a cerniera tra corso Camillo Finocchiaro Aprile e piazza Vittorio Emanuele Orlando dove insiste il Palazzo Lo Verso, realizzato a ridosso degli anni Venti da quel poliedrico progettista che fu Salvatore Caronia Roberti (1887-1970), allievo di Ernesto Basile e poi passato attraverso interessanti parentesi stilistiche dal littorio al razionalismo alla corrente organica.

Qui in piena temperie modernista, immagina e compone un interessante edificio di testata a cinque piani fuori terra dal preminente carattere monumentale impostato brillantemente sulle acquisizioni formali di scuola basiliana che ne consentono una lettura chiara e rapida dei due prospetti risolti attraverso la scansione ordinata del solito bugnato per i primi piani inferiori e il susseguirsi di superfici superiori lisce intessute sulla sequenza di piccoli balconi aggettanti stretti dal cornicione lievemente a sbalzo coronato da tetti inclinati.

È anche questo un edificio dalla pelle di versatile intonaco tipo Li Vigni, in grado di rese plastiche uscite letteralmente dai disegni esecutivi di progetto, struttura generatrice di quelle preziose ombre che finiscono per disegnarne profilo e impianto monumentale tout court.

Scevro da ogni retaggio floreale a meno dei formalismi espressi per ferri battuti e decorazioni parietali, Caronia Roberti sembra qui sterzare verso una cifra monumentale quasi a-stilistica, interamente votata a principi di simmetria e armonia geometrica con grande abilità autografa, sintomo di tempi transitivi anticipatori dei desiderata comunicativi dei due decenni successivi.

Punto notevole di raccordo urbanistico tra centro storico e le atmosfere “Florio dell’Olivuzza” quasi del tutto perdute, questo sobrio edificio pluricentenario si candida a elemento iconico di una stagione che volle e seppe mettere al centro di ogni scelta urbana l’idea positivista incarnata dal concetto di progetto architettonico.
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