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Un mestiere (perduto) della Sicilia di un tempo: chi è e cosa faceva il "portancuoddu"

Questo antico mestiere affonda le sue origini nella storia antica, quando il trasporto del materiale avveniva a mano o con l’ausilio dei tipici animali da soma

Erika Diliberto
Giornalista
  • 17 maggio 2024

I giorni e gli anni passano come se fossero un fiume che scorre costante, portando con sè esperienze, ricordi e soprattutto cambiamenti. Chi ha superato i famosi "anta" conosce bene il valore del tempo.

Le persone crescono, imparano e si evolvono ma non dimenticano, almeno non sempre, il percorso che li ha portati ad oggi. In Sicilia il tempo ha avuto un ruolo determinante in molteplici aspetti della vita quotidiana, della cultura e della storia stessa dell’isola.

Abbiamo assistito, nel corso dei secoli, all’avvicendarsi di conquistatori, migranti e culture diverse che inesorabilmente hanno contribuito a plasmare il paesaggio, l’economia e l’identità stessa della Sicilia.

I cambiamenti, a farla breve, sono stati e sono una costante nella vita dell’uomo e nella storia delle società. Nel nostro caso il tempo ha contribuito a trasformare, cambiare ed evolvere anche quelli che erano e che potremmo definire oggi, come gli antichi mestieri di un tempo.
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Fra questi ve n’è uno, che merita il rispetto e la dignità che a suo tempo e che ancora oggi gli sono state negate. In quello che era il tessuto ricco delle antiche attività lavorative, il mestiere del facchino occupa senza ombra di dubbio un posto di rilievo.

I "portancuoddu", così venivano chiamati dalle nostre parti, erano un simbolo di forza, resistenza ma anche testimonianza di grande umiltà. La foto che avete modo di ammirare è stata scattata diversi anni fa, non ci è dato sapere da chi, nei pressi di una scalinata, sul corso di San Cataldo, nell’entroterra del territorio nisseno.

Da questa scaletta si accedeva, in passato a quello che era il cosiddetto "circolo dei galantuomini" ed è proprio lì che si radunavano i “portancuoddu”, attendendo di esser chiamati e per poche lire trasportavano a spalla di tutto.

Mobili, sacchi di frumento, legna, anche le casse da morto gravavano sulle spalle d questi poveri ma dignitosi uomini che si guadagnavano da vivere onestamente. Ci si chiede come mai, ancora oggi, dar del "facchino" a qualcuno, vuole dire offendere quella persona.

Perché il tempo non è riuscito ad esser clemente con questo umile e dignitoso antico mestiere, trasformandolo in una caricatura grottesca simbolo della mancanza di utilità? Eppure nel corso della storia, il facchino ha svolto un ruolo cruciale nel trasporto di merci e materiali di vario tipo, contribuendo non solo allo sviluppo della città ma al commercio tra le nazioni.

L’etimologia del termine viene fatta risalire al latino medioevale "alfachinus", derivato dall’arabo “faqih” ovvero dignitario musulmano decaduto ad ambulante e successivamente portatore di stoffe. Oggi il termine in questione è ancora oggi associato a compiti di fatica anche se il lavoro può riguardare mansioni e ambiti differenti.

Questo antico mestiere affonda le sue origini nella storia antica, quando il trasporto del materiale avveniva principalmente a mano o con l’ausilio di animali da soma.

Sin dai tempi dell’antica Roma, i facchini erano presenti nei mercati, nei porti e lungo le vie commerciali, trasportando pesanti carichi su spalle robuste o carri trainati da animali.

Il mestiere dei “portancuoddu” cosi come li abbiamo sempre chiamati, richiedeva una grande abilità nel movimento e nel sollevamento dei pesi. Quest’ultimi, infatti, caricavano e scaricavano merci da navi, carri e magazzini, trasportandole lungo strade spesso malagevoli e accidentate.

La loro opera era cruciale al fine di garantire che le mercanzie raggiungessero la loro destinazione in modo sicuro e tempestivo. La vita del facchino di allora non era mai facile. Esso spesso lavorava in condizioni climatiche avverse e riceveva compensi modesti in cambio del duro lavoro svolto.

Con l’avvento della rivoluzione industriale e dei mezzi di trasporto meccanizzati, il ruolo del facchino ha subito, via via, un inesorabile declino.

Oggi, al sentir pronunciare questa parola, questa stessa ci riporta alla mente il facchino dei grandi hotel che si occupa dei bagagli dei clienti, di accompagnare quest’ultimi nelle loro camere d’albergo e di eventuali commissioni.

Ma come abbiamo potuto constatare le mansioni attribuite al facchino sono state e sono ancora adesso molteplici anche se differenti. Il "portancuoddu" sancataldese immortalato nella foto ci racconta di un’epoca che si è estinta.

Nonostante i suoi abiti siano logori e le suole delle sue scarpe rovinate, nonostante il peso della stanchezza sulle sue spalle, la sua eredità vive ancora oggi attraverso i racconti e le testimonianze di un’epoca passata.

Il mestiere del facchino come tanti altri, molti dei quali dimenticati, rappresenta una parte importante della storia del lavoro umano, testimoniando la forza, la resilienza e la dedizione degli individui che hanno contribuito allo sviluppo della società.

La loro opera è un tributo alla capacità dell’uomo di adattarsi e prosperare anche nelle condizioni più difficili. In un mondo moderno sempre più dominato dalla tecnologia, è importante ricordare e onorare le radici di queste antiche professioni, che hanno plasmato il nostro passato e continuano a influenzare il nostro presente.
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