STORIA E TRADIZIONI
Uccise moglie e figlie e le "salvò" dagli Ottomani: l'eroe siciliano (dimenticato)
Dimenticare gli eroi, coloro che hanno sacrificato, lottato e sognato per un mondo migliore, significa perdere ispirazione e guida. Oggi ne ricordiamo ancora uno

La targa di Bernardo De Opuo
Quando li dimentichiamo, lasciamo spazio al cinismo e all’indifferenza, rischiando di soffocare quella scintilla che spinge alla crescita e all’impegno. E per tale motivo la Sicilia è in debito con un uomo e con la storia e le memorie ad esso legate.
Quest’ultimo rispondeva al nome di Bernardo De Opuo, un soldato siciliano di stanza con la sua famiglia nella Cittadella di Gozo, nell’arcipelago maltese, nel lontano 1551. Tra le storie di coraggio e resistenza contro gli assedi ottomani nel Mediterraneo del XVI secolo, la figura di Bernardo De Opuo brilla come una stella rara e dimenticata.
Questo soldato siciliano, di umili origini, è diventato leggenda nella memoria collettiva dell’isola di Gozo, un’isola che visse il suo periodo più oscuro proprio durante l’assedio ottomano del 1551.
Il 1551 segnò per l’isola di Gozo un anno di terrore e devastazione. Il 26 luglio, un’imponente flotta ottomana si abbatté sulla Cittadella medievale dell’isola, spezzando la resistenza della piccola guarnigione locale e costringendo gli abitanti a una resa disperata.
La città, che aveva resistito con orgoglio per giorni, si trovava accerchiata da truppe feroci guidate da Sinan Pascià e dal corsaro Dragut, uno dei più temibili uomini del Mediterraneo.
La resa sembrava l’unica via d’uscita, con il governatore Galatian de Sessé che negoziava condizioni di pace, chiedendo che almeno quaranta cittadini illustri fossero risparmiati.
Ma le promesse in tempo di guerra sono spesso illusioni, e la paura si mescolava alla rassegnazione tra gli abitanti, che sapevano che l’assedio avrebbe portato a devastazione e schiavitù. In quel tragico contesto emerge la figura di Bernardo De Opuo. Secondo la tradizione, questo soldato, di origini siciliane, si trovava a Gozo da molti anni, avendo forse sposato una donna locale.
Quando gli ottomani aprirono le porte, Bernardo fu travolto da una decisione difficile ma inevitabile. Sapeva che la cattura significava una vita di sofferenze per lui e per la sua famiglia, che sarebbe stata venduta come schiava e portata lontano. Conosceva già il modus operandi di quell’oscuro esercito.
Quei soldati non si sarebbero limitati al solo saccheggio ma sarebbero andati oltre, violando le povere donne che avrebbero subito la sorte di cadere in mano loro.
Mosso dalla disperazione, fece così una scelta tragica e straordinaria: anziché lasciare che le sue due giovani figlie, oramai da marito, e sua moglie venissero catturate, decise di porre fine alle loro vite con le sue stesse mani.
Dapprima tagliò la gola alle due fanciulle e subito dopo alla sua consorte, consenziente.
Fu un atto tragico, un atto disperato, ma anche un atto di protezione estremo che soltanto un padre nella massima disperazione avrebbe potuto compiere.
Con il cuore spezzato e la spada in pugno, Bernardo attese i primi nemici alla porta. Dopo aver liberato la sua famiglia dal destino che li attendeva, Bernardo si preparò così per la sua ultima battaglia.
Armato di una balestra e un archibugio, attese i primi soldati turchi all’ingresso della sua casa. Con una calma spietata, Bernardo affrontò i nemici con il cuore colmo di odio e disperazione.
Uccise i primi due turchi che varcarono la soglia di casa sua, abbattendoli con precisione e determinazione. Ma sapeva che era solo questione di tempo prima che l’orda lo travolgesse. Con la spada sguainata, Bernardo si lanciò contro un gruppo di soldati ottomani, deciso a infliggere loro quante più perdite possibile.
Combatté fino allo stremo, affrontando i nemici con una ferocia che li lasciò attoniti.
Alla fine, sopraffatto dalla superiorità numerica, cadde, lasciando il suo corpo sulla strada che, nel frattempo, aveva trasformato in campo di battaglia. Morì come solo un eroe sa fare, preferendo il sacrificio al disonore e alla schiavitù.
La morte di Bernardo De Opuo non segnò la fine della sua storia. Ventotto anni dopo, nel 1579, la comunità di Gozo, riconoscente e commossa per il sacrificio di quell’uomo venuto dalla vicina Sicilia, fece erigere un’iscrizione in sua memoria.
La lapide, che oggi si trova al Museo di Archeologia di Gozo, recita: “Audacis militi fortuna iuvat — La fortuna favorisce il combattente audace, Bernardo De Opuo, soldato a Gozo, dal villaggio di Mirados".
Questa frase, incisa nella pietra, è sormontata dalla data 1579, intrecciata con un giglio e racconta il coraggio di un uomo che, senza cercare gloria, si sacrificò per la libertà e per quella della sua famiglia. È quasi certo che sia stato l’allora governatore a prendere l’iniziativa di commemorare questo valoroso soldato.
Fra Bernardo d’Aldana, governatore di Gozo all’epoca (1578-1581), era un contemporaneo dell’assedio del 1551. Risiedeva all’interno della cittadella e deve aver sentito un resoconto di ciò che accadde dai sopravvissuti stessi, tra i quali Don Lorenzo de Apapis, allora vicario della Matrice e residente nella Cittadella.
La sua storia è giunta sino a noi oggi ed è stata tramandata nei secoli grazie alle cronache di grandi storici e scrittori, come Fra Nicolas Durand de Villagagnon e Giacomo Bosio.
Questi uomini di lettere e di spada, ognuno nel proprio stile, narrarono il sacrificio di Bernardo, elevandolo a simbolo del coraggio che va oltre ogni confine.
Durand de Villagagnon, nipote di Phillippe Villiers de l’Isle Adam, primo gran maestro a Malta, comandante anch’esso dei Cavalieri di Malta, nel suo resoconto, redatto due anni dopo, dichiarò di aver deciso di recarsi nell’arcipelago immediatamente, per offrire la propria assistenza durante il previsto assedio. In De Bello Melitensi, pubblicato a Parigi nel 1553, inizia la sua storia con le parole: "Erat in eorum numero vir Siculus, ossia "c’era tra loro un Siciliano".
La sua opera, letta e riletta da generazioni di studiosi, ha mantenuto viva la memoria del soldato siciliano, trasformandolo in un simbolo universale.
Bernardo De Opuo, nella sua terra di origine, è una figura dimenticata eppure indimenticabile. La sua storia ci ricorda quanto l’amore per la libertà e la dignità possa ispirare gesti di coraggio estremo.
Oggi, il suo nome non è celebre come quello di altri, ma il suo esempio è più attuale che mai e i gozitani hanno saputo rendergli onore dedicandogli una strada. In un mondo in cui le vicende dei singoli vengono spesso trascurate, Bernardo è la prova che anche un uomo comune può essere un eroe.
Non un eroe che cerca fama o gloria, ma un eroe che, con il cuore spezzato, decide di lottare fino alla fine, di affrontare il proprio destino con onore e sacrificio.
Quel che è stato, quel che accadde, sopravvive ancora adesso in quella lapide scolpita secoli fa, e che ancora oggi racconta la sua storia a chiunque sia disposto a fermarsi e ad ascoltare.
Bernardo, il soldato siciliano, l’uomo, che è stato anche padre e compagno, continua a vivere nel cuore del Mediterraneo. Grazie a lui e ai 700 cavalieri dell’Ordine di Malta che respinsero il terrore turco e l’avanzata ed espansione dell’impero ottomano nel Grande Assedio, oggi, non saremmo qui a raccontarvi questa storia.
Ti è piaciuto questo articolo?
Seguici anche sui social
Iscriviti alla newsletter
|