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Torna in Sicilia per fare dispetti: Morgana, l'acerrima nemica di Artù e di mago Merlino

Sullo Stretto di Messina c'è un effetto ottico chiamato "Fata di Morgana": una sorta di effetto lente che diventa un miraggio. Ecco come nasce questo misterioso fenomeno

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 14 febbraio 2021

«Ed ecco verso noi venir per nave un vecchio, bianco per antico pelo, gridando: Guai a voi anime prave!».

Così il Sommo Poeta, nonché Dante Alighieri, descrive l’arrivo del mitologico traghettatore Caronte che trasporta i morti da una sponda all’altra del fiume Acheronte navigando su un’imbarcazione che galleggia sulle anime dannate.

Pure a me onestamente sarebbe piaciuta un’attesa così avvincente, tuttavia prendere il traghetto a Messina non è così bello come può sembrare; anzi, per dirla tutta, come diciamo a Palermo, a forza di aspettare si fanno i filini.

Senonché, inaspettatamente, mentre chiedevo a tanta gente se fosse sempre stata divertente quell’attesa irriverente che mi portò a pensare di attraversar lo Stretto usando il salvagente, fu ch’il mio io scorse tra le onde un miraggio che la mia anima cadde nell’oblio.

Vidi una città speculare a Messina, o simile, ergersi dalle acque all’altezza dell’orizzonte proprio davanti ai miei occhi.
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“Gianlù,” mi dissi da solo “dobbiamo cambiare sta marca di vino!”. E invece no, non ci colpava il vino. Quello a cui stavo assistendo era un fenomeno ottico che prende il nome di "Fata Morgana" e che, senza usare paroloni tipo "rifrazione", "gradiente termico" o "condotto atmosferico", perché sennò vi parte la testa e le bustine di Oki ancora non ve le posso allegare per email.

Questo fenomeno si può verificare nelle belle giornate quando un colpo d’aria calda incontra un colpo di aria fredda e la luce, che reagisce diversamente agli strati d’aria, può creare una sorta di effetto lente che diventa così un miraggio (lo so, se fosse stato semplicemente il vino sarebbe stato più bello e poetico).

Assodato questo, ci resta da capire che ci azzecca Fata Morgana con Messina e come ci venne a scoppare questa da Camelot in Sicilia. Bene, dovete intanto sapere che Morgana era una delle acerrime nemiche di re Artù e di mago Merlino.

Un po’ come la strega Amelia di zio Paperone che viveva dentro il Vesuvio, e che fra l’altro lo stesso disegnatore Barks creò ispirandosi a Sophia Loren, Morgana vive sull’isola delle Mele, conosciuta anche come Avalon, dove andrà a curarsi Artù una volta che rimarrà ferito a morte in una battaglia.

Su quest’isola Morgana regna insieme alle sue otto sorelle che sono tutte maghe o guaritrici (questa cosa ci ricorda Ulisse nell’isola Circe). Lo scoop (a tipo Novella 2000) è che proprio sua madre, Ingraine si chiama, ebbe una scappatella con un re che portava il nome di un gioco di ruolo da tavola: Uther Pendragon.

Dalla notte di passione tra Ingraine e Utero Penna di Drago, nascerà un bambino che verrà affidato a mago Merlino: quel bambino è Artù.

La povera Morgana, dopo che la madre se ne scappò, venne chiusa in un convento di suore dove però non era tanto ben voluta poiché ad ogni starnuto o colpo di tosse succedeva che la madre superiora diventava una cigogna oppure che il confessore si trasformava in un catalogo di Postal Market. Per fortuna ci pensò Merlino a convincere re Utero ad allontanare la ragazza dalla Corte e darla in sposa a uno dei suo vassalli.

Infelice perché oggettivamente ebbe una vita di cacca, Morgana decise di vivere con l’obbiettivo di uccidere il fratellastro di Artù che invece aveva avuto tutte le fortune lui. Si scanneranno per tutta la vita e vedi scorrendo.

Leggenda vuole (almeno quella nostrana perché Artù è dappertutto come Mcdonald’s) che nella battaglia finale contro un certo Mordred, la famosa Excalibur si ruppe e, invece di buttarla nel lago come è giusto che sia, decise di ripararla.

Non si sa perché Artù, invece di chiamare il fabbro, si mise a pregare San Michele che se lo acchiappò sotto le ascelle e se lo portò in volo fino a Catania sulla cima dell’Etna in modo da riparare la spada con il magma. Ora, ci vuole un poco di fede volendoci pensare, perché se consideriamo che secondo i greci Efesto, che era il Dio del fuoco, aveva la sua fucina dentro l’Etna dove aveva come impiegati i ciclopi, ci vengono un po’ di perplessità.

Ma vi immaginate i ciclopi che chiedono ad Efesto se per caso aveva qualche conoscente con le ali che si portava uno appresso con una spada rotta? «Che io mi ricordi solo Icaro e suo padre», risponderebbe Efesto «ma quello è al camposanto... Comunque, per non sapere né leggere né scrivere, facciamogli lo sconto che non si sa mai».

Artù si innamorò così tanto, ma così tanto, di quel posto che decise di chiamare residenza in Sicilia e fregarsene di sua moglie Ginevra che tanto, pure se non lo aveva detto mai, cretino non c’era e lo aveva capito che Lancilloto veniva per la Tavola Rotonda e invece aveva sempre la testa alla stanza da letto.

Per questo motivo chiamò la sua sorellastra Morgana (dovevano avere fatto pace) facendosi aiutare a costruire una reggia dentro il vulcano, forse pagando il suolo pubblico ad Efesto.

Pure Morgana si trasferì in Sicilia, e precisamente nelle zone di Messina dove si mise dare aiuto e fare dispetti in base a chi gli faceva antipatia o simpatia. Per esempio una volta durante le invasioni barbariche un re conquistatore arrivò fino a Reggio Calabria.

Vedendo la Sicilia pensò bene che un'Isola ancora mancava nella sua collezione e che avrebbe fatto proprio al caso suo. Morgana, che già guardandolo da lontano gli aveva fatto più antipatia del formaggio sulla pasta con sarde, fece apparire il miraggio della Sicilia proprio vicino al re e ai suoi sudditi.

Il premio Nobel che non era altro niente fece? Si buttò a mare volendo arrivare sull’isola a nuoto credendo di arrivarci in due minuti. Morgana a quel punto fece sparire l’isola e il re morì affogato per la serie “Vinisti pi futtiri e fusti futtuto” (sei venuto per fregare e ci sei rimasto fregato, ndr).

Un'altra volta su una spiaggia calabrese ci stava Ruggero I che pensava a come raggiungere e conquistare la Sicilia che intanto era dominata dagli Arabi. D'un tratto vide spuntare una bellissima donna dal mare come ne "La Nascita di Venere" di Botticelli.

«Dobbiamo cambiare sta marca di idromele!», deve aver detto Ruggero, poi la donna gli parlò: «Sempre che pensi sei Ruggè?! Acchiana sul mio cocchio che ti do un passaggio».

Morgana era lì di fronte a lui e aveva veramente un cocchio trainato da sette cavalli. Ma siccome i normanni passaggi dagli sconosciuti non ne accettavano Ruggero rifiutò quello e pure una sorta di ponte sullo stretto che Morgana gli aveva fatto apparire a colpi di bacchetta magica (altro che finanziamenti europei).

L'anno dopo, nel 1061, Ruggero giungerà in Sicilia. Purtroppo non ci è permesso di sapere prima quando Morgana decide o deciderà di farci apparire un’altra visione, vi dico però che se stappate una bella bottiglia di vino in riva al mare magari non vedrete emergere alcuna città, ma San Michele che si porta Artù da sotto le ascelle, quello magari sì.
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