CURIOSITÀ
"Ti facisti quantu a Teresina": quell'antico sfottò preferito (anche) dalle nonne siciliane
Quante volte abbiamo sentito dire frasi come "pare Teresina" o "Ti facisti quanto a Teresina"? E non era certo un complimento. Questo "sfottò" nasce dalla leggenda di due sorelle che girava a Niscemi
"Prima del Matrimonio", dipinto di Botero
Primo, secondo, contorno, caffè e ammazzacaffè erano le pietanze base che si trovavano sulle tavole siciliane delle mamme e delle nonne al ritorno da scuola. Ma attenzione ad ingrassare troppo, perché l'occhio attento delle donne di casa non risparmiava nessuno.
Il nome Teresina è antico di origine greca, significa "colei che fa la cacciatrice", ma anche "colei che è nata d’estate o è molto amabile". In Sicilia è anche associato a un detto per indicare una persona che ingrassa repentinamente e in poco tempo.
La versione più attendibile su come si sia formato questo modo di dire è quella definita da un cuntu che girava a Niscemi fino a poco prima della seconda guerra mondiale. E forse attinge le radici proprio in questo antico racconto il pensiero comune che dopo il matrimonio le donne a tavola non si facciano mancare niente.
La chiese in sposa alla madre vedova, ma se una madre può scegliere tra piazzare una figlia bella e una molto meno, cerca di aiutare la meno attraente.
Propose quindi al ricco uomo di sposare la figlia meno avvenente, che sapeva però destreggiarsi nei lavori di casa ed esperta nella tessitura di tele. Il giovane decise di acconsentire a questo matrimonio, dopo poco tempo quindi con grande fasto avvennero le nozze tra Filomena ed il giovane, che già alla festa di matrimonio sembrava buio in volto e pensoso.
E qui, come in tutti i racconti antichi, la vicenda si tinge di giallo (e purtroppo anche di altro). Gli sposini partirono in viaggio di nozze per poi andare a vivere a casa del giovane a Sciacca, ma proprio il primo giorno l'uomo portò la sposina in riva al mare e l'affogò. Dopo sei mesi il giovane tornò dalla suocera portando notizie (false) della figlia, disse che stava tessendo una tela e che le serviva l'aiuto della sorella e che ella desiderava rivederla per tornare a lavorare al telaio insieme.
La bella Teresina non volle comunque partire forse consapevole delle mire amorose del cognato, ma la madre la convinse ad andare. Durante il viaggio l'uomo confessò il suo amore per la bella giovane, ella però lo respinse ricordando il voto fatto alla sorella.
Messo alle strette il cognato non trovò di meglio che terrorizzarla raccontandole l'omicidio della sorella e minacciandola dello stesso triste destino se avesse continuato a respingerlo. L'uomo lasciò una notte alla giovane per decidere il suo destino, dandole due opzioni: si sarebbe dovuta concedere con le buone, o con le cattive, e in questo secondo caso sarebbe stata poi assassinata.
La ragazza passò la notte pregando di fuggire al suo triste destino, la mattina un uccello si affacciò alla sua finestra la ragazza pregò la bestiola di comunicare alla madre il suo triste fato e quello della sorella. Rassegnata al proprio destino scese per comunicare il proprio disgusto a quel viscido individuo, ma appena vista Teresina il giovane fu terrorizzato, gridando al maleficio scappò con tanta fretta da non accorgersi di uno spuntone di roccia che si conficcò nel suo petto, ferendolo a morte.
Quando la bella Teresina si guardò allo specchio capì il motivo della fuga dell'uomo: era ingrassata in una sola notte di oltre cento chili. Da quel giorno chi ingrassa in poco tempo in Sicilia viene comparato a Teresina, quindi attenti alla bilancia e alle nonne dallo sguardo severo ma, perbacco, ricordiamoci che proprio quella ciccia salvò la donzella!
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