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Sotto terra per 58 scalini: in Sicilia uno dei più antichi (e intatti) bagni ebraici d'Europa

Il miqweh, di cui vi raccontiamo la storia, è stato trovato per caso circa 30 anni fa nei sotterranei di un edificio patrizio che oggi ospita un hotel. Ecco dove si trova

  • 12 febbraio 2021

L'interno del bagno ebraico di Siracusa

Narra una leggenda che dopo aver distrutto il Tempio di Gerusalemme (70 d.C. ), il malvagio Tito riempì tre navi di uomini e donne ebrei e li abbandonò in mare senza un capitano. Dio mandò una tempesta e le fece naufragare in tre reami: la prima a Genova, la seconda in Sicilia e la terza in Africa.

La Sicilia, dopo Israele, è il luogo dove sono più ricchi i giacimenti culturali della tradizione ebraica, risalenti alle comunità che per 1500 anni hanno convissuto ed interagito con le civiltà locali.

La comunità ebraica di Siracusa, certamente la più antica e la più numerosa di Sicilia, si vide liberata dall'obbligo di vivere nel loro ghetto di Acradina e favorita nel loro insediamento in Ortigia dove abiteranno il quartiere della Giudecca, nel quale si trovavano già le loro operose “putie”.

Nello specifico, però, l’arrivo di gruppi di ebrei a Siracusa è difficile da datare: a riguardo ci sono pochissime testimonianze dirette dal momento che mancano documenti cartacei ed epigrafici e si ha un’ulteriore difficoltà perché, dopo la cacciata con l’Editto di Espulsione del 1492, vennero cancellate le tracce della loro più che millenaria permanenza, soprattutto da parte dell’autorità religiose e dalla Santa Inquisizione.
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Il ritrovamento di un documento notarile del 1496 ha confermato che la Sinagoga medievale di Ortigia era l’attuale chiesa di San Giovanni Battista, conosciuta nel gergo locale come la chiesa di San Giovannello e ubicata in piazza del Precursore nel rione della Giudecca.

Dietro questa chiesa è stato ritrovato in via Alagona, sotto il palazzo Bianca, un ipogeo che ha le caratteristiche di un bagno di purificazione rituale ebraico, il miqwè (o miqweh), ed è quindi il proseguimento posteriore dell’area della Sinagoga.

Ci troviamo proprio nel cuore del quartiere della Giudecca dell’isola di Ortigia, questo bagno ebraico rappresenta il più importante e suggestivo esempio di miqwè d’Europa (di epoca bizantina) ed è stato ritrovato per caso circa trent’anni fa nei sotterranei di un edificio patrizio che oggi ospita un hotel.

Fu proprio durante i restauri che venne scoperta una galleria che conduce a questo luogo sotterraneo: una parte di edificio da ripulire, un pozzetto luce con 58 scalini da scendere, 156 camion di materiale asportato per far tornare in vita un luogo unico.

Secondo approfonditi studi, questo miqwè è il più antico di tutte le Sinagoghe europee poiché risalirebbe al VI secolo d.C. Inoltre, è fra gli unici bagni rituali in Europa che conservi a tutt’oggi la sua integrità e il suo fascino.

Attraverso un vicolo, che nel medioevo si chiamava rua delli bagni, si accede ad un cortiletto che immette all’ingresso e, tramite una scala, conduce direttamente al cunicolo scavato nella roccia che scende in una stanzetta rettangolare posta 18 metri sotto il suolo.

Al centro di questa sala si aprono tre vasche rituali disposte a quadrifoglio, profonde 140 cm e alimentate da acqua pura sorgiva in cui sgorga ancora dell'acqua proveniente dalla ricca falda acquifera siracusana, la stessa che da anche vita alla Fonte Aretusa.

Nella sala si aprono anche tre minuscoli corridoi, due dei quali (dopo una brusca svolta ad angolo retto, realizzata per garantire la privacy del bagnante) conducono a due vasche rettangolari ed è presente un sedile scavato nel muro che probabilmente fungeva da “spogliatoio” per i fruitori.

Gli esponenti della comunità ebraica siracusana si immergevano in queste vasche per "cancellare i loro peccati", difatti i miqwè di tutte le Sinagoghe del mondo servono proprio a espiare i peccati e purificarsi mediante l'immersione con un rito molto simile alla confessione cristiana dei peccati: tradizionalmente, il miqwè era usato sia da uomini sia da donne per riacquistare purità rituale dopo vari eventi, secondo le regole esposte dalla Torah.

All'interno vi sono inoltre dei vestiboli formati da archi scavati nella roccia che fungono anche da struttura portante, ma anche altre vasche (di cui una di esse ricavata da un antico acquedotto greco) poste dentro delle nicchie situate nei pressi della stanzetta principale del miqwè.

Il bagno ebraico, centro della vita spirituale giudaica, testimonia l’esistenza di una comunità ebraica siracusana tra le più antiche di tutto il Mediterraneo.

Ma quello di via Alagona sembra non essere l’unico bagno ebraico presente sull’isola di Ortigia, infatti recenti studi confermano che la struttura ipogea sotto la chiesa di San Filippo Apostolo, in via della Giudecca, è anch’esso un vero e proprio miqwè.

Gli studi confermano che quello di San Filippo era quasi con certezza una vasca sacra che, nella tradizione ebraica, serviva a riacquistare quella che viene definita “purità rituale”, condizione esclusiva per poter varcare le porte del tempio.

La struttura che si trova sotto questa chiesa sembra quindi essere un miqwè medievale: la scoperta di un’iscrizione in lingua ebraica è una prova importante nella ricostruzione della sua storia.
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