STORIA E TRADIZIONI
Sotto il volto vigile di Anita: la storia del Teatro Garibaldi di Palermo dall'800 a oggi
La sua costruzione, inizialmente effimera, risale al 1861 nei giardini di palazzo Ajutamicristo: oggi dei pilastri originali del cancello d'ingresso ne rimangono tre
L'arco del proscenio del Teatro Garibaldi (foto di Giusi Lombardo)
La sua costruzione, inizialmente effimera, risale al 1861 nei giardini di palazzo Ajutamicristo (una volta "Viridarium Magnum", ossia ampio giardino, della Magione), sull'idea del musicista e compositore Pietro Cutrera. Egli conservò i pilastri originali del cancello d'ingresso del giardino, di cui attualmente ne rimangono tre.
Venne realizzato con la classica pianta del teatro all’italiana, a ferro di cavallo. Qui, nel 1862, Garibaldi assistette alla rappresentazione di "Giulietta e Romeo", declamando (dal palco nr. 10) il famoso discorso: "O Roma, o morte". Il vissuto di questo teatro è stato in passato piuttosto complesso.
La gestione si realizzava in una serie di conduzioni familiari con dei periodi di degrado e abbandono. Addirittura in alcune di queste fasi ospitò degli incontri di pugilato. Ereditato dal figlio di Pietro Cutrera, Michele, dopo una lunga chiusura fu riaperto nel 1906 dalla famiglia Carini che lo aveva acquisito.
Subiti i danni del terremoto del 1968, fu di nuovo abbandonato e poi acquistato nel 1981 dal Comune di Palermo che lo riaprì come teatro attivo nel 1996, con la rappresentazione dell’Amleto di Carlo Cecchi. Poi, nel 2008, finalmente cominciarono le opere di recupero, concluse nel 2009.
Per dieci anni circa fu diretto artisticamente prima da Matteo Bavera e poi da Carlo Cecchi. Wim Wenders qui ambientò una scena del suo film "Palermo Shooting". Ma ogni monumento necessita di cure ed attenzioni e, una volta lasciato nuovamente in abbandono, il teatro Garibaldi divenne ulteriormente oggetto di furti e vandalismo.
Ricordiamo con rammarico, nonostante fosse già sede organizzativa di Manifesta12, il furto qui perpetrato proprio agli inizi dell'edizione della Biennale in cui furono trafugati dei computer fissi, dei televisori e dei Macbook.
Il comportamento vile e indegno di alcuni soggetti andrebbe severamente punito costringendo i malfattori a risarcire il danno, oltre ad infliggere loro la pena per il reato commesso.
Esistono perfino alcune polemiche sul cambio del nome del teatro. Personalmente ritengo che tutti i cicli storici che hanno attraversato la nostra città debbano lasciare un'impronta, sebbene a volte poco gloriosa, giusto per ricordare (e non per elevare a merito) fatti e personaggi che hanno lasciato segni indelebili.
Seppure, in verità, in questo caso la memoria toccherebbe al fondatore Pietro Cutrera. E frattanto mi auguro che il teatro respiri ancora di arte e che ci offra nei suoi bei spazi ancora in parte decorati, specialmente nell'arco del proscenio che riporta il volto di Anita Garibaldi, rappresentazioni indimenticabili.
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