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Sono "spinose" ma aprirle non è difficile: perché in Sicilia si fa la croce sulle castagne

Una tradizione che ha origini antiche e si lega con i riti della terra in Sicilia. Ecco dove ha origine un modo di fare radicato, usato anche dai venditori di caldarroste

Alessandro Panno
Appassionato di sicilianità
  • 23 novembre 2023

Da piccolo, soprattutto alle elementari, non ero proprio uno stinco di santo, andando in una scuola gestita da suore, le quali, oltre a pretendere che non sudassimo quando giocavamo, costringevano i nostri imberbi colli in colletti e fiocchi accussì stritti che le agge soffrivano di claustrofobia.

Così l’ingegno mi suggerì che la cosa migliore era staccare il bottone dal colletto, ma subito apparivano ago e filo pronti a rimediare, quindi, obbligato da cause di forza maggiore, dopo averlo staccato cominciai anche a spezzarlo con un mozzicone che mancu i cani, costringendo così, suor Benedetta, a cercare nei cassetti un bottone di ricambio per riattaccare quella sorta di colletto penitenziario.

Spesso l’attesa durante la ricerca del bottone di ricambio, si traduceva con me a ghinucchiuna, nella cappella della struttura, nel vano tentativo, imposto, di espiare le mie colpe a suon di paternostro e avemaria, "gentilmente" accompagnato, nel percorso, sempre da suor Benedetta che, mentre teneva ben salda la presa della sua mano sul mio orecchio destro, mi ripeteva a mò di cantilena che ero na cruci, paragonando il supplizio che io le procuravo a quello ru Siguruzzu mentre trasportava la sua di croce.
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Ora, non voglio dare tutte le colpe a suor Benedetta che, mischina, era una suora dei suoi tempi, in cui una boffa bella assestata, anche a scuola, era metodo educativo assolutamente accettato e compreso, e a casa pigghiavi u riestu, anche perché, io stesso, ho usato questa affermazione a volte quando qualcuno riusciva proprio a farmi santiare.

Insomma, sta cruci pari che n’accumpagna un po’ ovunque qui in Sicilia, a tal punto che è presente pure sulle caldarroste dei castagnari in mezzo la strada.

A primo acchito, verrebbe da pensare che la croce, sulle castagne, usata, quasi del tutto, solo in Sicilia, sia dovuta al fatto che un coppo con 5 caldarroste, di cui una con verme, costa a momenti quanto un aperitivo da Cracco, ma in realtà, le origini di questa usanza sembrerebbero essere di origini religiose, come non ne manca neppure una un po’ più pagana.

Tanto tempo fa, un piccolo paesino arroccato nelle montagne siciliane, fu investito da un inverno di proporzioni bibliche. I picciriddi si tiravano palle di neve grosse come pignatte e gli adulti si raccoglievano attorno al fuoco cercando di riscaldarsi. Potrebbe essere anche affascinante suggestivo, se non fosse, però, che il gran freddo e le nevicate abbondanti fecero perdere tutto il raccolto.

Ed allora tra un mariamariamariamariamaia ed un ne putemu liccari a sarda, (che poi manco quella c’era), la cosa più pratica che venne in mente agli abitanti del paese fu quella di cominciare a pregare il Signore onnipotente di aiutarli.

Pregarono così forte che u Signuruzzi non potè fare a meno di accorgersi ru buirdello, e vista la situazione, decise di aiutarli, facendo crescere in una notte dei massici alberi abbondanti di frutti, le castagne, piccoli ma molto nutrienti e sazianti. Festa granni allora, castagne vugghiute, caldarroste, zuppa i castagne, castagne sbattute u muru.

Insomma tutti contenti all’infuori dell’ acerrimo nemico di Dio. Il maligno infatti, vedendo tanta felicità per intercessione divina si arraggiò non poco, facendo crescere, attorno alle castagne, un guscio duro e spinoso che rendeva impossibile coglierle e mangiarle.

Nuovamente i cristianeddi, in preda alla disperazione,si rivolsero al Divino, che constatata la brunellata fatta dal diavolo, disse, «Ah si? Pi un coinnutu un coinnutu e mezzo!», così scese in mezzo al bosco di castagni, fece il segno della croce e tutti i ricci caddero a terra con un'apertura proprio a forma di croce, rendendo nuovamente possibile cogliere i frutti.

Da allora i ricci che contengono all’interno le castagne si aprono sempre con un'apertura a croce, e da allora, i siciliani, in segno di rispetto e ringraziamento, incidono sempre una croce sul guscio del frutto prima di cuocerlo.

La funzionalità del gesto sembra essere confermata anche dal colore delle nostre caldarroste, che, a differenza di altri posti, sono di colore bianco.

Pare infatti che quel manto candido sulle caldarroste sia la conferma che il Divino abbia gradito il segno di rispetto benedicendo le caldarroste, e rendendole particolarmente gustose.

Molto più prosaicamente, in Sicilia, vi è l’abitudine di gettare del sale grosso sulle braci poste sotto il cantararo dove cuociono le castagne, e questo, vaporizzandosi per il calore, crea una polvere di sale che si posa sul frutto rendendolo bianco, assieme al tipico fumo che contraddistingue la posizione dei castagnari.

Gli antichi greci definivano la castagna "ghianda di Giove" per renderne l’importanza, e gli stessi romani erano soliti utilizzarla come prelibatezza nei banchetti.

Persino la medicina dell’ epoca le prescriveva come medicamento alle donne che stavano accattannu, dato il loro altissimo contenuto di acido folico.

Tuttavia vi è anche un’altra leggenda, che fonti del tutto incerte e non verificate, collocano ai tempi in cui la nostra isola era un piccolo presidio druidico, soprattutto nella zona del catanese.

Si narra che nella notte dei tempi, quando madre terra creò tutto, fece crescere un bellissimo ed imponente albero, ma purtroppo sterile e senza la possibilità di generare frutti. L’albero, mischino, non riusciva a farsene una ragione di questa condanna, ed ogni volta che le creature dei boschi andavano a trovarlo attaccava una lastima.

Ma si sa, ogni bosco è paese, e la folletta nannà, che i fatti suoi non se li faceva mai, andò a raccontare tutte alla fata verde, (speranza che t’ arresta in capu a panza), dei boschi, la quale promise che avrebbe cercato di intercedere con la madre terra, ma che in ogni caso se ne parlava l’anno successivo, il tempo di marche da bollo, tempi tecnici e ferie del personale, prima che l’albero potesse avere frutti suoi.

Ma la sorte aiuta i buoni, ed un giorno, l’albero, vide una famigliola di ricci che scappava a perdifiato da un bravo di lupi famelici che avevano tutta l’intenzione di ammucarisilli.

L’albero ne ebbe pietà e decise di aiutarli, quindi sollevò le radici per farli rifugiare dentro il suo tronco, e lasciando così i lupi a bocca asciutta che dovettero rinunciare alla bella garigghia di ricci.

Il nobile gesto dell’albero, non sfuggì a madre terra, la quale volle ricompensare quell’ altruismo e coraggio, donandogli immediatamente la possibilità da avere dei frutti, e ben protetti da un guscio spinoso uguale a quello dei ricci che aveva salvato.
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