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Sono selvatiche, fanno benissimo e sono gratis: le verdure "spontanee" della Sicilia

Sulle Madonie, da circa un decennio, viene dedicata persino una sagra alle verdure dei campi. Crescono spontanee, non trattate come quelle coltivate, ma bisogna saperle riconoscere

  • 29 dicembre 2021

C’è stato un tempo in cui in Sicilia andare per verdure selvatiche era un modo per sopravvivere alla miseria, un tempo non molto lontano peraltro. Ne fa un dettagliato resoconto Danilo Dolci che, ne “I racconti siciliani”, dedica un intero capitolo ai raccoglitori di verdure selvatiche, l’ultimo dei lavori, quello dei disperati, che vivono vendendole per 3 o 4 lire al mazzo. E siamo solo negli anni 50, quando ancora numerose famiglie vivevano in case ricavate dentro le grotte e Danilo Dolci digiunava perché un bambino era morto per denutrizione.

Poi il boom economico è arrivato anche qui e questo mondo, per fortuna, ce lo siamo buttato alle spalle. Sarà stato l’arrivo del benessere, la voglia di dimenticare un passato durissimo, il costante abbandono delle campagne per le città, fatto sta che per qualche decennio le erbe spontanee sono quasi scomparse dalle nostre tavole, sostituite da un’alimentazione più monotona e più esterofila a base di primizie e prodotti esotici.
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Eppure le specie commestibili, a km0 e a costo zero, che crescono spontanee, non trattate come quelle coltivate, sono circa duecento, una vera ricchezza alimentare e nutrizionale. Solo negli ultimi anni, questo piccolo tesoro di biodiversità che cresce sotto i nostri occhi, ha cominciato a vivere una lenta fase di riscoperta, complice la voglia di camminare che è sempre in aumento tra gli isolani.

Durante le escursioni che si organizzano lungo i sentieri siciliani le guide ricevono il massimo dell’attenzione quando si soffermano sulle proprietà officinali e fitoalimurgiche, cioè l’utilizzo alimentare, delle piante incontrate lungo il cammino. La richiesta di informazioni, ricette, e soprattutto di un aiuto nel loro riconoscimento, sono diventate una vera e propria tendenza che ha portato all’organizzazione di corsi di fitoalimurgia ed etnobotanica. Non è raro che questi corsi si concludano con delle tavolate in cui vengono cucinate e condivise le prelibatezze raccolte. A Isnello sulle Madonie da circa un decennio alle verdure dei campi si dedica una sagra.

Nello spazio di queste righe si vuole dare un contributo alla riscoperta di questo nostro patrimonio naturale che, anche se rimanda ad un passato durissimo, ci deve permettere di tenere vivo il legame con le nostre origini. Vi racconto, in una breve carrellata, alcune tra le specie più note, altre meno, che madre natura ci offre nell’arco dell’anno, in campagna e persino in riva al mare. Una delle più conosciute e apprezzate in tutta l’isola è la bietola. Si tratta della varietà selvatica della barbabietola da zucchero, coltivata in tutta Europa.

Cresce spontanea nei terreni incolti dopo le prime piogge autunnali. Ha foglie verdi, larghe, carnose e lucenti con venature rossastre alla base. I nomi dialettali con cui è conosciuta cambiano da un paese all’altro anche a pochi chilometri di distanza: aiti, agiri, giri, gida, salachi, sarchi, zarchi, bredi, sono solo alcuni. È una verdura che si consuma molto volentieri d’inverno e che viene venduta nella variante coltivata, i nostri nonni avrebbero detto latina, con gli steli più robusti e di colore bianco.

Sbollentata e saltata in padella con aglio e pomodoro è la ricetta più comune, in molte zone si aggiunge al macco di fave o di altri legumi, in alcune famiglie è ricercata per farcire le focacce del cenone natalizio. Nello stesso periodo germoglia un altro vegetale molto conosciuto e apprezzato, la borragine, chiamata in dialetto con mille sfumature diverse, burrania, vurrania, purrania, vurraini, purraini.

È una pianta ispida anche nelle foglie, e mantiene questa caratteristica anche dopo la cottura. Sono commestibili il fusto, le foglie e anche i fiori. In passato si consumava bollita come verdura diuretica e rinfrescante o fatta a polpette, oggi nuove ricette la impiegano nei risotti e in pastella. I fiori, molto belli di colore azzurro vivo, a crudo decorano insalate e aperitivi.

Conosciuta e apprezzata in tutta l’isola per il suo gusto amaro e piccante è la senape, in alcune zone conosciuta con il nome declinato al femminile, a sinapa, in altre al maschile, u sanapu. Questa verdura che si raccoglie nella stagione fredda, prima che fiorisca, è la regina di un gruppo di piante affini che comprende anche i caliceddi e gli amareddi, tutte della stessa famiglia botanica, riconoscibili per i fiori con quattro petali disposti a forma di croce. Dai semi della stessa pianta si ricava la salsa di senape. Le foglie vengono consumate cotte nelle ricette più varie, è un contorno tipico per accompagnare la salsiccia o il condimento ideale per condire gli spaghetti. Non bisogna esagerare perchè è la verdura “caura” per eccellenza, cioè irritante per le vie urinarie.

La costolina o piattello si raccoglie in primavera ma anche in autunno, l’importante che non sia fiorita. Le sono attribuiti i nomi più fantasiosi: costole d’asino, ingrassaporci, cosc’i vecchia sono quelli più usati in Sicilia. Quest’ultimo è probabilmente una storpiatura di “coste di vecchia”. La pianta è formata da una rosetta basale di foglie seghettate, carnose e ricoperte da una leggera peluria. Viene consumata per il retrogusto piacevolmente amarognolo come verdura lessa o saltata in padella. In medicina popolare è conosciuta per le sue proprietà antibatteriche e antiossidanti, ampiamente dimostrate dalla scienza.

La portulaca o porcellana è una verdura poco considerata, addirittura estirpata perché infestante negli ortie persino nei vasi in balcone. Eppure merita maggiore attenzione. È chiamata burdulaca, cucciacca, pucciacca, purciddana, è carnosa ed i fusti sono rossastri, i fiori minuscoli e gialli. È una pianta importata dalla Mesopotamia per uso alimentare già dai tempi dei romani. Per il suo contenuto elevato di vitamina C ed altre proprietà è chiamata insalata della salute.

Si raccoglie in piena estate e va consumata cruda con olio e limone ma anche cotta in padella o nella minestra con altre verdure. Lungo le coste, in prossimità del mare o di aree umide, in ambienti comunque salmastri cresce la salicornia, o asparago di mare. Dal punto di vista botanico non ha nessuna affinità con l’asparago, è chiamata così solo per la forma dei fusticini eretti carnosi e con foglie poco appariscenti che ricordano vagamente il germoglio dell’asparago.

In primavera i cespugli sono di un colore verde brillante che diventa rossastro a fine estate in corrispondenza della fioritura. È una pianta ricca di sali minerali e vitamine, si raccoglie nel periodo primavera/estate, viene utilizzata cotta, condita con olio e limone in abbinamento ai piatti a base di pesce. Raccogliere verdure può essere un’attività piacevole e salutare ma bisogna cominciare andando con persone di esperienza per non commettere errori.

Capita invece assai frequentemente che la mandragora venga scambiata per borragine e intere famiglie finiscano al pronto soccorso. Saperle riconoscere è l’unica competenza richiesta, poi in quanto a ricette e usi in rete se ne trovano a bizzeffe. Se ci si mette in movimento, in ogni stagione, si potrà sempre portare a casa un bottino prelibato, perché, lo dice anche il proverbio, a iaddina ca camina s’arricogghi ca vozza china.
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