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Esiste un'oasi felice (e non lo sai): quel "porto-rifugio" a pochi passi da Palermo

C'è un luogo dove il mare limpido specchia in sé curiosità e vicende tramandate da padre in figlio: dov'è questo meraviglioso e storico scorcio vicino a Palermo

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 30 gennaio 2025

“Peritia - Fortitudo - Abilitatis: Capacità, Coraggio e Ardimento”. È il motto che ogni singolo abitante di Trappeto eredita dal passato. Dalle singole vicissitudini di una comunità impegnata tra fato e faceto, il porticciolo racconta storie di virtù e gloria infinita.

Protagonista indiscusso del territorio trappetese, la passeggiata si fa leggiadra dentro uno spazio limitato e ricco di sorprese. Situato nel punto più basso del comune palermitano, la sua forma a ferro di cavallo accompagna il visitatore alla riflessione.

S'è fatta la storia, con dibattiti accesi e scelte dolorose. I racconti inducono al silenzio, elemento imprescindibile per una visita perfetta. Abbandonata alle intemperie di una società moderna e distaccata, i particolari spingono a soffermarsi, fotografare e… immaginare.

È proprio l’immaginazione a esaltare i contenuti del porticciolo: il ricordo cade ai lunghi discorsi di Danilo Dolci contro i poteri forti, l’importanza dell’acqua come bene primario e la necessità di operare a favore delle classi meno abbienti.
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Uno scrittore dall’animo siciliano e, in particolare, trappetese. Immaginiamo la folla sparsa tra le imbarcazioni colorate dei pescatori.

Gli sguardi attenti, attoniti, colti ad afferrare le gesta di quell’uomo imprevedibile. Immaginiamo i pescatori indomiti pronti a salpare per una nuova giornata di lavoro. L’impegno profuso unito alla fatica per portare a casa un tozzo di pane.

E poi, l’immaginazione lascia spazio alle fonti storiche, quelle documentate. Origini da verificare, ma a partire dal 1600 le antiche “speronare” attraccavano allo scalo marittimo di Trappeto.

Gli studi consegnano al giorno d'oggi sbarchi di Saraceni e Turchi giunti in Sicilia per depredare le bellezze del luogo. Per non parlare dei barbareschi e briganti, che trovavano nel porticciolo il punto d’arrivo.

Un luogo abbastanza movimentato. Inizialmente, e precisamente nel XVII secolo, era un “porto-rifugio” con due bitte di ancoraggio per il ricovero di una/due grosse imbarcazioni.

Successivamente (duecento anni dal periodo citato) cadde in rovina, abbandonato al suo triste destino.

Poi, al termine del XVIII secolo (1770 circa), alcuni pescatori provenienti da Favarotta Terrasini, Cinisi e agricoltori che si spostarono dalle campagne di Partinico, ripopolarono i ruderi del vecchio centro (feudo Miceli).

Il mare è limpido, specchia in sé curiosità e aneddoti. Vicende accadute e tramandate da padre in figlio. Come quella del lontano 1805.

Nella famosa battaglia di Trafalgar partecipò un marinaio trappetese. Di notevole importanza, con il porticciolo interprete di spessore, accadde nel 1860.

Il Regno Sabaudo inviò i primi rinforzi a Garibaldi e lo scalo fu scelto come destinazione. Successivamente sbarcarono le spedizioni “Medici” e “Cosenz”. Non mancano le leggende, tutte da verificare.

Senza dimenticare delle morti misteriose dei marinai trappetesi durante la Prima Guerra Mondiale. È giunta l’ora della passeggiata. Pensieri e riflessioni sono addolcite dal suono delle onde che sbattono nella battigia.

Il “lento” frastuono echeggia come la storica notizia del 1954. Fu l’anno dell’autonomia: dopo 134 anni terminava “la ressa” contro i sicciaroti (abitanti di Balestrate).

Lo scatto perfetto esiste. Che sia dall’alto, destra o sinistra, tutto è meraviglioso. I dettagli fanno la differenza, come sempre del resto.

Sono ricchi di vivacità, scolpiti nell’incessante logorio delle imbarcazioni. Sono figlie del tempo, che regala scorci ammirevoli. In attesa del tramonto, uno sguardo rivolto al porticciolo, alla ricerca di un’ultima storia tramandata dai marinai.
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