CURIOSITÀ
Solo gli abitanti di Vergine Maria sanno cosa è: Palermo e "U Calanorbiu" della borgata
Borgata marinara che vai, curiosità che trovi. E questa è di quelle che risalgono ai tempi della seconda guerra e che non sa davvero nessuno se non chi in quella zona ci è nato
Calanorbiu
Fu durante la Seconda guerra mondiale che si sperimentarono nuove tipologie di cibo di sussistenza come ad esempio le pale di fico d'india, le quali, nei periodi in cui il cibo scarseggiava, costituirono un'importante “salvavita”. Ragionando in questo senso, lo fu anche “u Calanorbiu”.
Si tratta di una pianta spontanea che il fisico e storico Domenico Scinà già catalogava nel 1818 presso le falde di Monte Pellegrino. Ne esistono diverse varietà, ma quella che interessa a noi è la “Coronopus Plantago” che i maestri della sintesi dialettale siciliana popolare hanno ridotto (leggi corrotto) in Calanorbiu.
Nonostante l'accurata descrizione della pianta, il Casaccia non dà notizia della commestibilità, ma come vi dicevo quest'erba la si è iniziata a conoscere come commestibile negli anni dell'ultima guerra mondiale, almeno a Vergine Maria che in quegli anni aveva grandi giardini e un notevole lungo mare, composto da una meravigliosa scogliera, ove era facile reperire quest'erba.
A Palermo la si può trovare con facilità, oltre che a Vergine Maria, a Sferracavallo, nei tratti di costa più selvaggi, e in generale vicino al mare.
«Secondo la medicina popolare questa pianta ha le seguenti proprietà medicamentose: è lassativa (ha proprietà purgative); è oftalmica (facilita il flusso del sangue agli occhi e quindi rafforza la resistenza alle infezioni). In cucina vengono usate le giovani foglie crude o cotte; sono abbastanza tenere ed hanno un lieve sapore amaro». In sostanza, se siete amanti delle erbe amare, o se avete problemi di stomaco e volete provare quest'erba, quando la raccogliete ricordatevi due cose importanti: la prima di raccoglierla a pochissimi centimetri dal terreno in modo che possa rivegetare; la seconda di non usare le foglie “spicate”, cioè in fiore, ma usate quelle ancora verdi.
In cucina, nella borgata di Vergine Maria, la morte del Calanorbiu è “assassunatu”. Specifico per i più giovani, “assassunato” non è “morto ammazzato” ma semplicemente cotto in un tegame con aglio e olio.
Ai più coraggiosi, buon appetito e un' importante raccomandazione: dopo che l'avrete raccolta portatela a chi se ne intende e può riconoscerla per assicurarvi che sia proprio quella! Non si sa mai incappate in qualcosa di non commestibile...
Se ti è piaciuto questo articolo, continua a seguirci...
Iscriviti alla newsletter
|
GLI ARTICOLI PIÙ LETTI
-
STORIA E TRADIZIONI
Lo sfarzo a Palermo, poi il furto e la crisi: i gioielli perduti di Donna Franca Florio
-
ITINERARI E LUOGHI
In Sicilia c'è uno dei posti più belli al mondo: si torna a nuotare nei laghetti di Cavagrande
-
ITINERARI E LUOGHI
La piccola spiaggia che ci ricorda quanto siamo fortunati: un'oasi di pace in Sicilia