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"Signora, è proprio scecco": ecco di chi è la colpa della "sentenza" che costava un mese di punizioni

Potrebbe essere vissuto come un insulto, ma è una constatazione. Dare dello "scecco" è un modo rapido e chiaro per indicare il livello di ignoranza di qualcuno: il più alto. Ma cosa c'entra il povero animale?

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 19 luglio 2021

Lo "scecco"

Ed era in quelle mattinate uggiose di mezz'inverno strozzate dalla coltre di nubi del cattivo presagio, quand'ancora ci si sentiva dormienti tra le braccia di Morfeo, che la bidella, come un banditore di corte, battendo la paonazza mano contro la porta invece che il bastone contro il pavimento, annunciava la funesta notizia: «domani alle 17 riunione dei genitori».

Una chiamata alle armi obbligatoria ove disertore o non disertore sarebbe andato incontro a una sorte che, citando il Sommo Poeta, "tant'è amara che poco più è morte". Ora, se ci andava mammà, bene o male con quattro sensi di colpa, obbligo di fare i compiti dopo pranzo e Nintendo sequestrata ce ne uscivamo con la condizionale; se invece dalla panchina entrava papà per inaspettato infortunio di mammà cambiava totalmente la suonata che da allegra tarantella si trasformava in marcia funebre.

«E allora professò, come va mio figlio?». Sbuffata costernata, calata di occhiali da professore, sguardo sconfitto da chi le ha provate tutte: «diciamo che non è da premio Nobel». Domanda di papà: «quindi va così così?»; controrisposta del professore: «No. Diciamo che è proprio scecco, ma così scecco che di studio manco ne vuole a brodo».
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Pena: legnate fino a casa, aperto di dibattito scientifico con mammà a tema «se è venuto così scecco è perché ha preso i geni della tua famiglia», lavori forzati, foto sul giornale di Sicilia e braccialetto elettronico. Ricordi di guerra a parte, rimane il proverbiale dilemma del perché in tutta Italia si chiama asino, Collodi in Pinocchio al massimo lo chiamava chiuchino (che ha pure un suono grazioso), e noi in Sicilia lo dobbiamo chiamare scecco e ad associarlo ad uno che non sa niente e non ha voglia di studiare.

Ma poi chi l'ha detto che non sa niente? Tutto parte da una leggenda ambientata in Sicilia al tempo degli arabi e precisamente ai tempi del re Miramolino (cioè non è che si chiamava Miramolino, lo chiamavamo noi così perché già eravamo scecchi prima di saperlo; in realtà si chiamava Amir al-Mu’minin). Il punto era che questo Miramolino non era poi così democratico e, a dispetto di chi aveva creduto alle sue promesse elettorali, la fottuta era già nel nome perché, Amir appunto, significa colui che impartisce ordini con la pretesa che vengano eseguiti.

Eh, ma tutti hanno il tallone d'Achille… e quello di Miramolino era sua figlia Nevara (fiore dovrebbe significare) che giusto giusto, manco mette piede in Sicilia, e quasi a farlo a sfregio, si va a innamorare di un nobile siciliano. Il padre ovviamente andò su tutte le furie anche perché era il leader di Lega Araba e dal balcone non faceva che dire a ai suoi sudditi «perché noi... indipendenza… Padania libera… rimanderemo tutti i cristiani nel loro paese» e tutte cose di questo tipo.

Ma beffa del destino, nonostante la poca simpatia nei confronti di questi questi immigrati cristiani che si armavano di croce in mano e con i barconi arrivavano a flotte, Nevara, sua figlia, non solo s'innamorò del bel siciliano facendo uno smacco al padre, ma ne prese pure gli ideali di pace e cooperazione.

E tanto fu amore che Nevara pretese dal padre che non si usasse il pugno di ferro e che tra dominati e dominatori ci fosse un rapporto di pace e rispetto. Va bene che la figlia era ciò che che aveva di più caro al mondo e che mai l'avrebbe sgarbata, ma da qui a trattare con quelli là che quando parlavano gesticolavano e non si capiva niente ce ne passava: Miramolino decise dunque che i siciliani potessero continuare a lavorare la terra e commerciare, ma gli vietò di portare armi, di suonare le campane delle chiese e soprattutto di montare i cavalli.

Va bene le armi, passi il suono delle campane, ma appena a un siciliano gli dici che deve camminare a piedi e gli togli il mezzo di trasporto si rompono le campane. Per tutta risposta, allora, i siciliani, calcando la filosofia del "per un cornuto, un cornuto e mezzo", onde evitare che li usassero gli arabi, avvelenarono tutti i cavalli della Sicilia.

Miramolino appresa la notizia perse la testa e tornò a comiziare con ancora più veemenza: «Perche noi... rimandiamo i cristiani al loro paese… Padania libera…»; e, accecato dallo sgarbo subito, ordinò che arrivassero in Sicilia navi a perdita d'occhio che trasportassero cavalli. Quando uno è sfortunato è sfortunato: affondarono tutte le navi tranne quella che trasportava asini.

I siciliani continuarono a dover camminare a piedi perché questi ordini aveva impartito Miramolino; gli sceicchi, invece, si dovettero accontentare, almeno per un periodo, degli asini e che per una sorta di scherno presero il loro nome diventando scecchi.

Questa è la leggenda per quanto riguarda l'etimologia di scecco e non saprei quanto possa essere vera (questo sta agli storici verificarlo). Quello che invece possiamo dire con sicurezza è che in tutt'altra epoca, ovvero durante la dominazione spagnola, sotto il viceré Giovanni I d'Aragona, e precisamente nel 1469, venne emanato un dispaccio reale che vietava l’uso dell'asino come cavalcatura.

Gli spagnoli infatti si erano accorti con non poco sdegno, loro che allo sfarzo ci tenevano assai, che in Sicilia, un po' come in Italia dopo il boom della FIAT 500, circolavano troppi scecchi. Per ovviare al problema che rovinava il decoro della corona aragonese stabilirono che tutti nobili, partendo dai marchesi, ma anche i borghesi, dovessero usare come cavalcatura solo e soltanto il cavallo: l'asino venne consentito solo nelle campagne e perlopiù ai confinato ai contadini.

Anche se non c'è certezza nemmeno qui, non è difficile ipotizzare che dato che i contadini in materia di cultura arano asciutti e considerati ignoranti come la calia, e che solo a loro era confinato l'uso dell'asino come mezzo di trasporto, venne fatta l'associazione scecco/ignorante.

La prossima volta che un professore alla riunione vi dirà che vostro figlio è scecco non prendetevela né con lui né tanto meno con l'insegnante; al massimo, se proprio volete trovare un responsabile, che sia araba o spagnola la discendenza, prendetevela con l'assessore al traffico.
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