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Si chiama Spasimo ma Palermo non c'entra: l'enigma di Raffaello nella città in Sicilia

Un'opera di ineguagliabile bellezza, diventò un tema riprodotto in numerose copie, e molti estimatori del grande pittore cercarono di averne un esemplare

Jana Cardinale
Giornalista
  • 15 ottobre 2024

Dettaglio dell'opera "Spasimo di Sicilia"

Dopo i lavori di restauro, che l’hanno riportato all’antico splendore, è stato nuovamente ricollocato sull’altare della parrocchia Cristo Re di Mazara del Vallo il dipinto a olio su tela raffigurante lo Spasimo di Sicilia. Un impegno minuzioso, con lo scopo di recuperare la leggibilità e l'armonia cromatica dell'opera, preservandone la materialità e l'autenticità.

Si tratta, infatti, di un’opera d’arte di grande importanza, e nello specifico della riproduzione di una delle più belle e conosciute di Raffaello, commissionata e realizzata per l’altare della chiesa dello Spasimo di Palermo intorno al 1516 e approdata, dopo diverse vicissitudini, al Museo del Prado a Madrid.

Considerata opera di ineguagliabile bellezza fin dal suo apparire, diventò un tema riprodotto in numerose copie, e molti estimatori del grande pittore cercarono di averne un esemplare.

Alla presentazione dei lavori, un paio di settimane fa, hanno partecipato don Leo Di Simone, responsabile del Centro Operatori di Pace della Diocesi di Mazara, Francesca Paola Massara, direttrice del Museo diocesano, Rosalia Teri, restauratrice, don Daniele Donato, rettore della stessa chiesa, il Vescovo monsignor Angelo Giurdanella e il Vicario generale don Gioacchino Arena.
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Quella oggi restaurata è una delle due copie che esistono a Mazara del Vallo: l’altra è nel palazzo vescovile e proviene dalla chiesa monastica di Santa Veneranda. Entrambe non portano il nome dell’autore né la data, ma per analogia sono riconducibili a una terza copia, custodita a Castelvetrano nella chiesa san Domenico, la cosiddetta "Sistina di Sicilia", realizzata nello stesso tempo dal cremonese Giovanni Paolo Fondulli per la cappella di casa Aragonese.

L’intervento di restauro si è reso necessario per le condizioni della tela. Il supporto, infatti, presentava deformazioni, grinze e spanciamento dovuti al cedimento della tela di supporto dal telaio.

La pellicola pittorica, a causa delle vernici foto-ossidate che erano state applicate nel tempo, si presentava ingiallita e ricoperta da depositi superficiali coerenti e incoerenti, nonché da numerose deiezioni e residui di sostanze di natura sconosciuta, che si sono depositati accidentalmente.

L’intervento di restauro è stato attuato nello lo studio Teri di Partanna, che si occupa di restauro di opere d’arte sia antiche che contemporanee quali dipinti su tela e tavola, sculture lignee, affreschi, ecc.... Lì sono stati rimossi i depositi incoerenti, sono stati sarciti tagli, strappi e lacerazioni, è stato sostituito il telaio originale e dalla tela sono state rimosse le vernici foto-ossidate.

Alcune lacune sono state reintegrate con i colori a vernice e contestualmente è stato anche restaurato l’altare ligneo. Il restauro è durato quasi due anni. Il trasporto eccezionale con un tir adibito allo spostamento di opere d’arte, dalla parrocchia Cristo Re sino al laboratorio di Partanna, è stato effettuato nel dicembre 2022.

Per smontare la tela, allora, venne allestito un ponteggio con un carrello elevatore che ha consentito di scendere l’opera, che è stata poi conservata all’interno di una cassaforma in legno per il trasporto.

«Quello che abbiamo potuto constatare – aveva detto allora Rosalia Teri, la restauratrice che ha assistito alle operazioni - è che manca il telaio originario della tela –. Dietro l’opera c’è una tavola di legno e i chiodi per fissare la tela sono di ferro e non di legno come ci si aspettava di trovare. Questo lascia presumere che l’opera sia stata rimaneggiata probabilmente nella seconda metà dell’800».

L’esemplarità di Raffaello ha creato una moda persistente nel tempo tardorinascimentale, una ‘maniera’ pittorica da imitare che perciò ha preso il nome di "manierismo".

La città di Mazara riuscì ad avere la sua copia della prestigiosa opera, rinvenuta da Padre Edoardo Tilotta nel 1940, quando prese possesso della parrocchia dopo più di un secolo di abbandono e vi trovò, in mezzo ai locali fatiscenti, la meravigliosa pala collocata nell’altare principale della chiesa.

Ma come arrivò l’opera in città? E quanto è vicino lo Spasimo di Mazara del Vallo a quello madrileno che reca la firma di Raffaello d’Urbino? A queste domande risponde l’interessante saggio "Raffaello a Mazara del Vallo", scritto da don Leo Di Simone: un bellissimo viaggio tra storia, fede, arte e liturgia quando queste, fuse, diventano espressione del genio umano che le simbolizza in opere di bellezza.

E proprio questo stesso saggio è stato stampato ed è disponibile presso la parrocchia "Cristo Re" di Mazara per chi volesse approfondire l’aspetto culturale dell’importante opera mazarese. Il restauro, ovviamente autorizzato dalla Sovrintendenza dei Beni Culturali di Trapani, è stato finanziato attraverso le offerte di fedeli e di privati, per un costo di circa quindicimila euro.

La città di Mazara del Vallo è culla di culture diverse, tra storia, arte e fascino, in grado di renderla turistica e ricca di pregevoli suggestioni.

Per il restauro della grande tela della "Andata al Calvario" di Gesù, copia della meglio conosciuta come lo ‘Spasimo di Sicilia’, era stata attivata una campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi, anche in memoria di don Edoardo Tilotta, che fu primo parroco di Cristo Re in Mazara.

La grande tela raffigura Gesù, caduto sotto il peso della croce, nel suo viaggio doloroso verso il Golgota mentre tre donne, la Veronica, Maria con le braccia tese e la Maddalena, sono rivolte verso di lui doloranti e piangenti.
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