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"Shooting the mafia": il riscatto di Letizia Battaglia passa da un film, il video trailer

Nelle sale cinematografiche, ma non in Sicilia, è uscito il docufilm che porta la firma di Kim Longinotto, un omaggio alla carriera e alla personalità della Battaglia

  • 21 luglio 2020

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Quel caschetto che svolazza e che vira dal rosso al rosa shocking con la vitalità che solo una donna forte, come Letizia Battaglia può ostentare, è il primo dettaglio che salta all'occhio e che rimane impresso nella mente quando la si incontra.

Lo stesso dettaglio che subito racconta dell'irrequietezza e della curiosità che da giovanissima hanno caratterizzato la vita di Letizia che nel nome e cognome porta racchiuso il segreto di un'esitenza unica, fermata nel tempo dagli scatti che l'hanno resa simbolo della Palermo più tragica nel ventennio '70-'90.

Nei giorni scorsi è uscito nelle sale cinematografiche, non in Sicilia purtroppo, per la regia di Kim Longinotto, il docufilm "Letizia Battaglia - Shooting the Mafia", omaggio alla carriera e alla personalità della Battaglia.

Dopo aver fatto il giro dei principali festival di settore, già nel 2019, e aver ottenuto diversi riconoscimenti, il film è in distribuzione a cavallo della data di commemorazione della strage di via D'Amelio, non a caso.
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Perchè Letizia è riconosciuta nel mondo, soprattutto, come "la fotografa delle stragi" perchè la violenza degli anni più bui che Palermo ricorda fu la spinta che la portarono a rinascere a quarant'anni e, come dice lei stessa, ad "essere veramente una persona".

La macchina fotografica come una chance per riprendere in mano le redini di un'esistenza cominciata in salita con un matrimonio a 16 anni e un marito dal quale scappare per salvarsi la vita.

Dalle prime foto "orribili" agli scatti che hanno raccontato la cronaca nera in città il passo è stato veloce: Letizia negli anni '70 si fa assumere come fotoreporter per il giornale L'Ora e dal quel momento lo scatto fu donna.

«Sono sempre stata una donna in lotta, senz saperlo» ammette Letizia nel film. Nel racconto intimo e profondo che la regista Longinotto, figlia di un fotografo italiano, imbastisce grazie a immagini di repertorio, frammenti video e la voce di oggi della stessa Battaglia, c'è la parabola di una forza umana che solo attraverso l'obiettivo di una macchina fotografica ha saputo mettersi, essa stessa, a fuoco e trovare un modo per esprimere quello che a parole non trovava un senso.

Così come è per le storie d'amore.

La sapienza dell'occhio di Letizia Battaglia, come si vede dalle immagini del film, non si tradisce con l'uso del colore; la forza di ogni scatto è sì nel soggetto ma soprattutto nella resa dei protagonisti: dai bambini, alla gente per strada, dalle scritte sui muri ai mafiosi, non solo quelli immortalati in pozze di sangue ma soprattutto quelli arrestati dalle forze dell'ordine, resi riconoscibili per essere “gente sciatta e vestita male”.

"Letizia Battaglia - Shooting the mafia" è soprattutto l'omaggio a una donna che ha saputo, senza mezze misure, sperimentando anche l'impegno politico pur di lasciare un segno nella società, affermare un talento artistico e soprattutto agire la determinazione e la fragilità come carte da giocare per un futuro non solo migliore ma soprattutto condiviso.

E così la regista ha commentato la scelta di realizzare questo film: «Le fotografie di Letizia sono sorprendentemente grafiche ma anche, stranamente, hanno una specie di bellezza che spezza il cuore. Puoi percepire la risolutezza della persona dietro l’obiettivo, una sorta di resa dei conti, chiara, contro crimini impuniti. Sta affrontando il male e sta mostrando un grande coraggio per rivelare la loro codardia. Lei è il mio eroe».
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