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Saloni, statue e la scala "a fiocco di nuvola": il (sontuoso) palazzo tra i più belli in Sicilia

Costruito sulle mura cinquecentesche di Carlo V, rappresenta una delle meraviglie monumentali più attrattive della Sicilia. Vi raccontiamo qual è la sua storia

  • 1 marzo 2023

Palazzo Biscari a Catania

Costruito sulle mura cinquecentesche di Carlo V, il Palazzo Bìscari rappresenta una delle meraviglie monumentali più carismatiche del capoluogo etneo.

Secondo le fonti storiche, fu edificato su iniziativa della famiglia Paternò Castello a seguito del terremoto verificatosi nel 1693. I primi interventi edilizi furono commissionati all’architetto Alonzo Di Benedetto su espressa volontà di Ignazio, III principe di Bìscari.

La decorazione dei sette finestroni affacciati sulla marina, invece, fu opera di Antonio Amato, scultore messinese di grande fama. Quest’ultimo, almeno così si tramanda, ricevette il prestigioso incarico da parte di Vincenzo Bìscari, succeduto al padre nel 1699.

Ad ogni modo, siamo a conoscenza che il vero e proprio rinnovamento architettonico fu realizzato da Ignazio Paternò Castello, noto come V principe di Bìscari.

La nuova pianificazione, delegata al progettista Girolamo Palazzotto, comportò l’ampliamento verso est della struttura. Di grande impatto, per di più, il prospetto esterno del monumento che sfoggia le seguenti sculture allegoriche: “Abbondanza”, “Prosperità” ,“Fertilità”, “Saggezza”.
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Non passano in secondo piano le sontuose sale che abbelliscono l’interno del complesso edilizio, tuttora adibite all’organizzazione di prestigiosi eventi e ricevimenti. Rientra nel novero di esse la cosiddetta “Sala Rossa”, impreziosita da incantevoli ritratti degli illustri personaggi di “Casa Bìscari”.

Degno di nota anche il maestoso “Salone dell’Orchestra”, che riproduce i canoni stilistici del Rococò con sottili influenze di gusto napoletano. Risaltano, a tal proposito, imponenti soprapporte che raffigurano splendide vedute del Vesuvio, del Golfo e dell’antica città di Napoli.

Di egual pregio pure l’affresco del soffitto che ritrae il “Consiglio degli Dei”, simboleggiante la gloria del casato nobiliare. Adiacente al solenne scenario si scorge un ballatoio, delimitato da una ringhiera, che riprende il contorno ovale del “Salone”.

Altrettanto maestosa la cupola, accessibile mediante una scala decorata a stucco che Ignazio stesso denominò “a fiocco di nuvola”.

Attigua ai saloni, spicca una camera foderata da una boiserie in legno di rosa ed un pavimento a “commesso”. Trattasi, in parole semplici, di un particolare rivestimento che include l’impiego di marmi romani finemente assemblati.

Particolarmente vistose le stanze d’appartamento del primo piano, tappezzate di boiseries, intarsi, specchi, affreschi, porcellane e cineserie.

Oltre a ciò, il medesimo ambiente ospita la “Galleria degli uccelli” e la “ Stanza di Don Chisciotte”. La prima “sala", costellata di specchi e preziose porcellane, è adorna di una pregevole pavimentazione in ceramica.

I pannelli e le porte, diversamente, esibiscono svolazzanti cartigli che contengono precise denominazioni di varie specie d’uccelli.

La seconda stanza, di converso, custodisce una serie di tele che illustrano le imprese dell’hidalgo, tratte dalle incisioni dei disegni del pittore Charles.a Coypel. In ultimo, come ben sarà noto, la residenza ostentava un ricchissimo repertorio di monete, medaglie, gemme intagliate, cammei antichi, stampe e armature.

Diverse collezioni del principe, ad oggi esposte al “ Museo Civico” di “Castello Ursino”, furono, altresì, decantate nei diari degli eruditi che, nel corso del Settecento, giunsero in città ad ammirarle.

Uno dei visitatori più celebri fu senz’altro Johann Wolfgang von Goethe, che così raccontava: “Fummo introdotti dal Principe, il quale ci fece vedere la sua collezione di monete per un atto di deferenza speciale…

Dopo aver dedicato a quest’esame un certo tempo, sempre troppo poco tuttavia, stavamo per congedarci, quando egli volle presentarci alla madre,nel cui appartamento erano esposti altri oggetti d’arte di più piccola dimensione… Ci aprì ella stessa la vetrina, in cui erano custoditi gli oggetti d’ambra lavorata…

Questi oggetti, come pure le conchiglie incise, che vengono lavorate a Trapani e infine alcuni squisiti lavori in avorio formavano la compiacenza particolare della gentildonna, che trovava il modo di raccontare in proposito più di una piacevole storiella.

Il principe, dal canto suo, ci intrattenne intorno a cose più serie e così trascorsero alcune ore dilettevoli ed istruttive. Nel frattempo, la principessa aveva appreso che eravamo tedeschi, per cui ci domandò notizie dei signori von Riedesel, Bartels, Munter, tutti da lei conosciuti e dei quali aveva anche saputo discernere ed apprezzare egregiamente il carattere e il costume.

Ci siamo congedati a malincuore da lei, ed ella stessa parve ci lasciasse andar via di malincuore”.
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