SALUTE E BENESSERE
Quelle domande a cui non sai mai che rispondere: come spiegare il sesso ai figli
Arriva un momento nella vita di un genitore in cui il proprio figlio gli pone domande sulla sessualità: i pareri degli esperti su come parlarne con serenità
Parlare di educazione sessuale con i figli
Che sia imbarazzo, poca conoscenza poco importa. Sono diversi gli interrogativi che sorgono quando si tratta di affettività e sessualità dei più giovani e spesso si compie l'errore di lasciar cadere la questione o di raccontare mezze verità per paura della troppa esposizione verso tematiche ritenute per "adulti".
Un altro sbaglio in cui si può incappare è fare quasi una "lezione" per spiegare al bambino una parte estremamente determinante della vita che necessita di parole semplici per una comprensione totale e serena.
È un percorso che si costruisce giorno dopo giorno volto a modellare il comportamento, il rispetto e l'autostima dei bimbi.
A conferire una preziosa testimonianza è la dottoressa Maria Carmen Verga, pediatra di libera scelta Asl Salerno all'agenzia Dire: «L'approccio deve essere prima di tutto mirato e individualizzato. Si parte da un'analisi del contesto, ovvero diversificato in base a chi mi trovo di fronte e in quale contesto sto lavorando.
Il processo di affermazione di sé inizia già dalla tenera età e a svolgere un ruolo fondamentale è la scuola. «Già alle elementari i bambini fanno proprie le differenze di genere e già alle scuole medie hanno elaborato le proprie idee ed i propri pregiudizi. Bisogna quindi intervenire molto presto, prima dell'adolescenza.
Possiamo avere di fronte il bambino o l'adolescente che ha scarsa autostima di sé- precisa la dottoressa. -In questo caso l'educazione alla sessualità deve cominciare necessariamente prima di tutto dalla costruzione dell'autostima.
Se non abbiamo un carattere ben strutturato, su quelle insicurezze e su quelle fragilità si può poi innescare anche un vissuto della sessualità distorto, poco sereno e soddisfacente. Su tutti, il rischio di vivere rapporti che non sono sani ed equilibrati».
Per questo parlarne è più che necessario, è il motore che genera relazioni sane che non hanno niente a che vedere con mancanze di rispetto, di personalità e, nei casi peggiori, con la violenza. Tutto questo serve a contrastare anche l'insorgere di legami abusanti soprattutto tra gli adolescenti.
Spesso è opportuno affidarsi al pediatra per avere un aiuto nell'intavolare questa tipologia di argomenti visto il rapporto di fiducia che si crea con la famiglia. «In Italia, questa figura ha la grande possibilità di seguire la famiglia e i bambini/ragazzi fin dalla nascita.
Il pediatra dovrebbe entrare nell'ambito dei programmi di educazione alla sessualità: svolgere la classica lezione a scuola non ha, infatti, alcun tipo di efficacia nel modificare i comportamenti».
Secondo il Global Early Adolescent Study dell'Oms, intervenire più precocemente può fare la differenza, perché gli stereotipi sulla sessualità sono quelli che si inculcano prima nella mente dei bambini.
A dichiarare quanto segue è il segretario nazionale della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (Sipps) : «È bene che già dalle età più precoci fino alle più grandi vi sia una formazione continua.
Si è infatti visto che quando si fanno questi progetti e quando si svolge un'educazione sessuale completa, si assiste a una diminuzione delle gravidanze precoci e delle malattie sessualmente trasmesse, a un aumento dell'uso dei contraccettivi e a un numero inferiore di relazioni insane».
Queste dinamiche si riversano inevitabilmente sull'adolescenza e sulla gestione delle relazioni amorose in uno dei periodi più delicati che una persona attraversa.
«Questi adolescenti lasciati a sé stessi, in balia dei mass media- prosegue Maria Carmen Verga- tendono prima di tutto ad avere modelli distorti ed ideali sia del corpo, come ragazze bellissime o uomini adulti superdotati, sia degli atti sessuali, che inducono molta frustrazione, perché la realtà dell'adolescente è ben diversa.
Non meno importante è la necessità di puntare sull'educazione tra pari, la cosiddetta "peer education", cercando di formare gli stessi ragazzi per la formazione dei propri compagni».
La scuola dovrebbe accogliere di buon grado queste tematiche e approfondirle con semplicità senza incutere timore, eppure sui banchi di scuola si discute veramente poco della sfera affettiva e sessuale.
«L'Italia è uno dei pochi Paesi in Europa che non ha programmi istituzionali e nazionali di educazione alla sessualità - continua la dottoressa Verga. - Non c'è alcun investimento su questo problema educativo e preventivo.
Ai ragazzi, a volte, sono offerte semplici lezioni di scienze. È proprio per questo che è importante una formazione specifica tra gli operatori, anche scolastici, che devono occuparsi di educazione alla sessualità, che non può essere improvvisata. Vi sono proprio linee guida su come impostare le lezioni».
I genitori sono le figure deputate a prendere per mano un bambino, un adolescente e insegnargli quale sia la strada corretta da percorrere nell'ambito della sessualità.
L'aiuto che i genitori devono dare ai pediatri, dunque, è davvero grande e parte tutto da loro. La famiglia, però, deve essere formata nella comprensione dell'importanza di questo tipo di educazione».
Anche il presidente della Sipps Giuseppe Di Mauro ha espresso il suo parere a riguardo, menzionando un file realizzato da loro dove si affronta capitolo per capitolo tematiche quali lo sviluppo puberale, mestruazioni, la contraccezione, le infezioni.
«A tal proposito, la nostra Società scientifica ha realizzato il progetto "Chiedi a me", un vero e proprio booklet di ginecologia e di educazione alla salute che contiene video della durata di un minuto.
Sono destinati non solo agli adolescenti ma anche ai genitori, proprio per sapere come e quali parole usare per rispondere alle domande dei propri figli, ma possibilmente anche per intuire tali domande.
È un progetto estremamente importante, perché le tematiche sono spiegate sempre sulla base di evidenze scientifiche».
È evidente che per fare questo, il genitore deve crescere il bambino in un clima di confronto, di apertura, cercare di sollecitare la confidenza del proprio figlio, di fargli capire che non devono esistere tabù o chiusure rispetto a qualsiasi tipo di curiosità che lui o lei possano avere.
C'è un'età ben precisa per parlarne. A dirlo è Immacolata Scotese, pediatra di famiglia a Campagna, provincia di Salerno.
«Le linee guida dell'Oms e dell'Unesco pubblicate nel 2020, quelle in base alle quali dobbiamo parlare di una educazione sessuale completa, la "Comprehensive sexuality education" suggeriscono a pediatri e genitori di affrontare l'argomento fin dalla primissima infanzia.
Dai 3 ai 5 anni si può iniziare ad insegnare i nomi corretti dei genitali senza usare soprannomi, per esempio. L'abitudine che abbiamo a tutte le latitudini di dare un soprannome agli organi genitali maschili e femminili va abolita.
Nei bambini un po' più grandi, quelli tra i 6 e gli 8 anni, la cosa importante sarebbe rispondere alle domande spontanee sulla riproduzione senza anticiparle.
In queste linee guida sia l'Oms che l'Unesco pongono molto l'accento sulle emozioni, sulle emotività, sul rispetto e sull'accettazione del sé.
Quando poi il ragazzo, la ragazza, sono un po' più maturi, quindi verso i 12-13 anni, le linee guida individuano le modalità per parlare anche di prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse e di contraccezione.
Probabilmente, però, parlare di contraccezione a 13 anni è un po' tardi, se si considera che l'età del primo rapporto sessuale si è notevolmente abbassata. L'importante è non far radicare in questi ragazzi concetti sbagliati».
Il ruolo dei genitori è estremamente importante dal momento che si tratta di un punto di riferimento per i figli e dovrebbe essere una persona aperta e accogliere le differenti posizioni sul tema dell'inizio dell'attività sessuale.
Alla luce di tutto questo, come si parla con i figli? Bisogna far sì che l'argomento sia affrontato brevemente ed è fondamentale approfittare del momento.
Un portale di notizie e stimoli a diretto contatto del bambino potrebbe essere la televisione. Se la tv lancia un input su un determinato tema, si affronta senza remore.
«Credo- conclude Immacolata Scotese- che tutti noi, genitori, pediatri, ragazzi, tutto il mondo, ci dobbiamo preparare alla fluidità di genere: i giovani sono pronti, loro sono innamorati dell'amore, non del sesso».
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