ITINERARI E LUOGHI
Un luogo "introvabile" e scoperto per caso: dov'è in Sicilia il tesoro di Crispia Salvia
Un sito da non perdere per chi è appassionato di archeologia. Attraverso un dromos scavato nella roccia si assiste a un teatro fatto di dipinti, forme e colori

L'ipogeo di Crispia Salvia, a Marsala (foto di Salvatore Di Chiara)
Il porto, come il mare del resto, sono a debita distanza. Il centro storico ha messo radici a circa un chilometro e mezzo, eppure in via Massimo D’Azeglio si sentono "odori antichi". Nel bel mezzo di tante abitazioni, un’indicazione gialla riporta i curiosi indietro nel tempo.
Tutto ebbe inizio nel 1994 quando, durante la demolizione di un edificio, qualcuno si accorse di un fatto straordinario. Quale? Nel mentre degli scavi venne rinvenuto un ipogeo dalle caratteristiche impensabili.
Rossella Giglio, direttrice scientifica dello scavo, insieme alla Soprintendenza di Trapani, fu testimone di un evento storico unico in Sicilia Occidentale.
Grazie all’Archeofficina scendiamo nei meandri profondi di una camera funeraria di forma trapezoidale (di 25 mq. circa). Il mondo contemporaneo lascia spazio al passato. Attraverso un dromos scavato nella roccia è possibile assistere a un teatro composto da dipinti, forme e colori.
"A primo acchito" colpisce la perfezione delle linee, preparate con cura e nei minimi dettagli. Gli archeologi sono estasiati di fronte a cotanta bellezza, si lasciano pervadere - come noi del resto - dalla storia di Crispia Salvia (con tanto d’iscrizione latina a caratteri rossi su terracotta dedicata dal marito Iulius Demetrius).
Chi era costei? Dicono fosse una moglie dolcissima. Morì a 45 anni. Poche informazioni al riguardo della stessa, con due/tre matrimoni alle spalle. Un terzo della sua vita lo passò insieme all’ultimo marito. Entrambi provenienti da famiglie nobili, è interessante l’analisi sull’appartenenza a due gentes di notevole importanza: i gentilizi Crispius e Salvii.
Il primo è testimoniato dall’ingente presenza di utensili nei vari siti, mentre nel secondo - attestati da un’altra iscrizione funeraria a Lilibeo - testimonia una collocazione radicata e non sporadica. Anche il “gens” di riferimento al marito - presente nell’intero territorio isolano (e di difficile provenienza) - fa capo a personaggi di alto rango.
Se l’aspetto puramente storico-informativo incuriosisce, è quello strutturale a pervadere le menti dei turisti. Ci troviamo di fronte alla manifestazione “rara” di un luogo “introvabile”. Delle sei tombe ricavate all’interno della camera (quella di Crispia Salvia è posta di fronte l'ingresso), due sono ad arcosolio.
Ben quattro sono rifinite da pitture rossastre che vivacizzano i contenuti. Danze, banchetti e festeggiamenti per esaltare la vita dopo la morte. E poi, ancora, i suonatori di flauto, le ghirlande dei fiori e questi ultimi (fiori) - sempre di colore rosso - che alludono al giardino dell’Eden.
La stessa morte è vissuta come un evento di chiusura terrena e inizio di un nuovo percorso. Con molta attenzione, nonostante le misure ridotte, il pavimento giocava un ruolo fondamentale. Rivestito da uno strato friabile di malta, presenta al centro un rialzo sul quale era collocato un piccolo altare per le libagioni dei defunti.
Una volta conclusa la visita, il primo pensiero valuta l’effetto (dominante) di contrapposizione: dal vissuto (attuale/moderno) cementizio si passa, nell’arco di poche decine di metri, a quello scavato nella roccia.
Sono circa 1600 anni (di differenza) che testimoniano la bontà del territorio marsalese unito ai tanti siti che occupano spazi millenari dentro il territorio. L’ipogeo - nella versione massima di unicità - è figura centrale di un progetto di salvaguardia da non disperdere. E noi, nel piccolo, possiamo ritenerci fortunati di vivere dentro la storia.
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