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Quando li inforni "scattano": tutti i segreti dei dolcetti siciliani di Natale

Vincenzo Rinchiuso, figlio d'arte, ci racconta questa ricetta storica, che unisce semplicità e passione in un'esperienza gastronomica unica a tema natalizio

Giovanna Gebbia
Esperta di turismo relazionale
  • 8 dicembre 2024

Le "scattate" di Alia

Tutto ha inizio in un luogo del cuore alle falde delle Madonie con la "Za Minichedda" che preparava questi dolcetti "rarità e memoria" del paese di Alia, un luogo immerso nel paesaggio della campagna Siciliana appena sotto lo sguardo delle alte montagne.

Siamo in un'epoca che risale a circa la seconda metà dell'Ottocento e furono le mani di questa donnina a iniziare a preparare le "scattate", i dolci che si servivano per i matrimoni e per le cerimonie, e immancabili in occasione delle festività natalizie.

Il nome è tra i più strani, di quelli che nessuno assocerebbe a un dolce, ma la gastronomia storica prescinde dall'estetica del nome, a differenza di quanto si fa oggi nella pasticceria, come un po' in tutta la cucina moderna.

Le "scattate" di Alia sono proprio emblematiche di questa caratteristica che non trova corrispondenza nel nome ma, piuttosto, in quello che succede durante la cottura.
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È un dolce tipico, di quelli che si tramandano, che si trasferiscono tra generazioni in famiglia, custoditi in quel patrimonio silenzioso di tradizioni, che nasceva dall'esigenza di portare a tavola qualcosa di buono per momenti da festeggiare, qualcosa con pochi ingredienti, quelli appena disponibili, per occasioni speciali ricorrenze e feste comandate.

Come ingrediente principe troviamo uno dei frutti più noti e utilizzati tra i dolci in Sicilia: le mandorle.

A raccontarci questa storia è il giovane e intraprendente chef figlio d'arte Vincenzo Rinchiuso, che ha raccolto la passione per le cose buone del padre, custode della ricetta originale, avendo conosciuto la "Za Minichedda" davvero.

«Lino Rinchiuso - ricorda Vincenzo - era noto per il bar storico del paese ovvero il "Bar Linos" dove si ascquistavano meravigliose paste di mandorla famose in tutta la Sicilia.

Vincenzo vive nella sua terra d'origine e lavora nel territorio dell'agro di Alia, appunto, innamorato del paesaggio rurale e che ha fatto dall'enogastronomia d'eccellenza la sua bandiera, interpretando un ricettario che partendo dalle origini, viene rivisitato con originali incursioni, con quella sensibilità e curiosità alla base della sua ricerca professionale».

«Tradizionalmente questi dolci venivano preparati solo per le occasioni delle festività natalizie, cerimonie e celebrazioni - precisa Vincenzo continuando a descriverli - utilizzando come prevede ancora oggi la ricetta originale appena quattro ingredienti: le mandorle tostate e tritate, zucchero semolato, farina di grano tenero della varietà Maiorca, scorza di limone e un pizzico di cannella, i tipici "diavulicchi" colorati come decorazioni».

Ingredienti davvero rarefatti, niente uova e niente burro o strutto o ricotta, a differenza di molte altre ricette che vedono l'uso di questi ingredienti in maniera prevalente per dolci corposi e ricchi.

«Il procedimento - continua - è abbastanza semplice, ma non vuol dire facile, nel senso che l'impasto doveva essere della giusta consistenza per fare avvenire con il calore della cottura in forno, la "scattata" da cui il nome infatti».

«Questa pallottola un po' vulcanetta che si forma in mano - continua Vincenzo - non deve attaccarsi alle dita altrimenti la pasta è troppo morbida perché avvenga lo "scatto" che darà la forma definitiva al dolce prima di sfornarlo. Chi non sa bene manipolare l'impasto aggiunge l'uovo, ma è uno stratagemma che non ha nulla a che vedere con la ricetta autentica».

Il procedimento consiste nel miscelare gli ingredienti con un poco di acqua fino a ottenere un impasto consistente che va fatto riposare circa mezz’ora.

Successivamente con le mani umide si formano queste sagome a pallottola non più grandi di una noce che prima di essere infornate vanno passate nei "diavolicchi" colorati di zucchero.

Si infornano su una teglia a 160° e, se l'impasto è corretto, durante la cottura il dolcetto si espande come sa facesse una piccola esplosione e per questo motivo ogni dolce è diverso dall'altro, quindi forme uniche e irregolari, ma buonissime, che ricordano proprio il sapore di altri tempi.

Per gustare questo dolce bisogna andare ad Alia e trasformare un pretesto in una gita fuori porta che diventa una esperienza tra saperi e sapori, in occasione delle festività natalizie, quando i paesi diventano dei veri scorci emozionanti e suggestivi tra luci e profumi, addobbi e celebrazioni sacre, prodotti tipici locali da gustare.

Quindi per assaggiarli e anche portarli via a casa si trovano prevalentemente nei panifici dove questo dolce ha visto la prima luce, tra le preparazioni tradizionali, oppure da Vincenzo e nel suo agriturismo.

Testimonial della gastronomia siciliana, Vincenzo è un protagonista che rappresenta quel passato gastronomico diventato futuro, portato in giro per il mondo attraverso la cucina.

Ultima, ma non ultima, è sua partecipazione con due show cooking in terra toscana, ad Arezzo per la nota "Fiera Agritour", dove ha presentato, preparato e raccontato due piatti: la ricetta del macco di fave con finocchietto e il cannolo con autentica ricotta siciliana arrivata per l'occasione, davanti ad una platea di giornalisti e amatori che si sono goduti l'assaggio.
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