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Quando il "fervore" lascia le sue tracce: a Palermo alla scoperta di strade e chiese

Una Congregazione e una Casa dei Gesuiti sono all'origine di una storia che ci porta in giro per Palermo alla scoperta della nascita del nome di una via e di una chiesa

  • 2 marzo 2020

La scuola media statale "Silvio Boccone" di Palermo (foto Facebook Palermo & Palermitani)

A volte il nome di una strada che sembrerebbe buttato lì per caso, ha invece origini antiche e profonde. Ad esempio, il "fervore", che etimologicamente proviene dal latino come significato di "bollore" o "calore", è inteso come uno stato emotivo di ardore intenso.

Ma perché il fervore avrebbe dato il nome ad una via di Palermo e perfino ad una chiesa? ​È con questa storia abbastanza complessa che faremo insieme un piccolo viaggio in alcune zone della nostra città, nelle quali questo "fervore" ha lasciato delle concrete tracce.

Tutto nasce dalla fondazione, che avvenne il 17 aprile 1628, della Congregazione di Maria Santissima del Fervore per volontà del gesuita Pietro Villafrates presso il Collegio Massimo dei Gesuiti al Cassaro.

La congregazione era destinata sia agli ecclesiastici che ai chierici, ai novizi e agli stessi allievi del Collegio. Ma nel 1748 avvenne una rottura della Congregazione. Così una parte dei suoi affiliati si trasferì, assumendone il nome, nell'oratorio dei Santi Pietro e Paolo annesso all'Infermeria dei Sacerdoti.
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In seguito, nel 1752, venne costituita la Congregazione del Fervore di San Giuseppe nella chiesa di San Giuseppe dei Teatini. Essa, nel 1755, diede vita alla Congregazione della Disciplina dei Santi Carlo Borromeo e Francesco di Sales: due santi accomunati dallo stesso spirito di gioia e serenità.

Questo fervore ereditato dalla originaria congregazione non mancò di dimostrarsi attivo. Infatti fra il 1762 ed il 1765, padre Isidoro del Castillo, uno dei suoi promotori e uomo di grande iniziativa, edificò, tramite i finanziamenti di re Ferdinando III di Sicilia, una casa per gli esercizi quaresimali fuori porta S. Agata, che venne denominata "Sesta Casa degli esercizi spirituali di S. Carlo Borromeo".

Questa Sesta Casa dei Gesuiti è meno nota delle prime cinque (Casa Professa, Collegio Massimo, Casa del Noviziato, Casa di Terza Probazione, Quinta Casa al Molo) ma la sua vasta, imponente e severa costruzione è tutt'ora esistente in via del Vespro, come attuale sede della scuola statale secondaria di primo grado "Silvio Boccone".

Gaspare Palermo racconta che vi si conservava un pregevole quadro di San Pietro in Vinculis, opera di Pietro Novelli. Nella Sesta Casa esisteva una cappella, il refettorio ed un grande giardino.

Nel 1845 fu trasformata in quartiere militare, mentre 40 anni dopo, a causa del dilagare del colera, funzionò come lazzaretto. Nel tragico evento il milanese patriota garibaldino Felice Cavallotti si adoperò con gran fervore (è il caso di dirlo) salvando numerose vite.

Per questi meriti il Comune gli dedicò una lapide che venne affissa all'interno della Sesta Casa, ma venne prelevata e distrutta verso il 1930 quando l'edificio, dopo aver funzionato anche come ospedale, divenne Seminario arcivescovile. Intanto, con la cacciata dei Gesuiti del 1767, furono abolite tutte le loro congregazioni, ma quella del Fervore sopravvisse, pur se ulteriormente suddivisa.

Proprio nei pressi della ex Sesta Casa, in via Paolo Emiliani Giudici, si trova attualmente la chiesa di Santa Maria del Fervore, un fervore la cui forte devozione popolare si nota anche in una bella e curata edicola votiva del quartiere, fra via Michele Foderà e via De Borch.

Tornando al nome delle strade, che ci fanno una via ed un cortile del Fervore in due punti diametralmente opposti di Palermo? La via del Fervore sfocia a piazza Virgilio, mentre il cortile si trova in corso dei Mille, fra i civici 274 e 276.

Ebbene, nel primo caso accadde che nel 1755 la Congregazione del Fervore di S. Giuseppe acquistò dei terreni in quella zona per farne una "Villa Pia", chiamata "del Fervore sotto il titolo di S. Giuseppe", allo scopo di raccogliere e ospitare i ragazzi indigenti in modo da distoglierli da azioni viziose e libertine.

Oltre un secolo dopo, nel 1857, fu quasi del tutto ceduta in enfiteusi al ricco Lorenzo Giulio Caminneci. Il quale, a sua volta, nominò la nipote Maria Favara (moglie di Corrado Valguarnera, principe di Niscemi) erede della proprietà. A titolo di curiosità, ricordiamo che i due coniugi furono fonte di ispirazione per i personaggi di Angelica e Tancredi nel romanzo "Il Gattopardo" di Tomasi di Lampedusa.

Della villa con i suoi terreni non rimane più niente, poiché furono poi venduti nel 1890, quando quelle zone cominciarono ad allettare molti acquirenti in qualità di aree edificabili.

Ed il cortile del Fervore in corso dei Mille?

Anch'esso ha una sua storia in quanto, sempre per volontà di Isidoro del Castillo, fu acquistata un'altra villa vicino al ponte Ammiraglio che fu anche chiamata "delle Teste" (per via del nome della contrada) o " dei Santi Pietro e Paolo", come luogo di riposo per i congregati fervorosi, i quali "andavano a prendere sollievo e si divertivano con la veduta de' piccoli verzieri, con un viale di agrumi ed alberi in quantità di fichi".

Neanche quest'ultima villa ha resistito al galoppante incremento edilizio: resta solo qualche residuo della cappella, ormai divenuta una casa privata.
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