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Prostitute pentite con un convento tutto loro: a Palermo scoperta l'antica cripta

Nel cinquecento le “Repentite” vivevano in un monastero tutto loro nel cuore di Palermo: durante degli scavi è stata rinvenuta una cripta con tanto di ampolle, resti e iscrizioni

  • 31 luglio 2019

Il portale d'ingresso alla cripta delle Repentite di Palermo

In via Divisi a Palermo, al civico 81, esiste un edificio in stile gotico oggi appartenente all'Università degli Studi.

Si tratta della chiesa di Santa Maria della Grazia, costruita nel 1512 dal nobile chierico Vincenzo Sottile. La chiesa si trova ad angolo con via Lampionelli in cui si apre, di fronte alla parete laterale della chiesa, un cortile che porta appunto il nome "della Grazia".

Nel 1524 l'edificio fu acquistato dalla famiglia di suor Francesca Leonfante dei Duchi della Verdura perché lei potesse fondare un monastero di monache olivetane riservandosi il diritto di rimanerne badessa in perpetuo. Dopo la sua morte, però, il convento attraversò una fase di decadimento, finché le ultime suore furono trasferite in altri monasteri palermitani.

Il recupero dell'immobile si attuò qualche tempo dopo, destinandolo ad istituto per ospitare delle donne dissolute che volevano convertirsi alla vita monastica. E da qui il nome di "Repentite", ossia ree (peccatrici) e pentite. Il mantenimento della struttura era curato dalla viceregina principessa di Molfetta e, per incentivarne gli introiti, fu istituita la "tassa della bacchetta".
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Con questa imposta le cortigiane acquisivano il diritto di vestire abiti pari a quelli delle donne rispettabili, anche se a questo diritto non potevano accedere le "cassariote", ovvero le prostitute di strada, così chiamate perché solitamente svolgevano la loro attività sul Cassaro (leggi la storia della Corsa delle bagasce).

La badessa di questo monastero era designata, fra le monache dell'ordine di Santa Chiara, dall'Arcivescovo di Palermo e, in seguito, dalle stesse suore. Con l'abolizione degli ordini religiosi del 1866, rimase in vita solo la chiesa e poi, per lunghi anni, entrò nell'oblio. Finché nel 2005, durante degli scavi per ristrutturare il complesso, fu rinvenuta una cripta (ampia circa 16 mq) di grande suggestione.

Il seicentesco altare raffigura probabilmente San Francesco e Santa Chiara inginocchiati ai lati di una croce, pur se si ipotizza che la figura femminile possa rappresentare la Madre Badessa qui sepolta sulla cui lapide si legge distintamente "In questo sepolcro giace il corpo della Reverenda Madre Santa Ignazia di Gesù Squatrito quale nacque al 1706, si chiamò al secolo Donna Lauria Squatrito, morì di anni 76 l’8 aprile 1782".

Dei suoi resti sono stati rinvenuti una ciocca di capelli e due ampolle di vetro contenenti delle pergamene, oggi decifrate. Raccontano dell'ispezione eseguita all'epoca sulla salma della badessa, della sua vita e delle sue virtù.

Nella cripta si trovano i colatoi sormontati da croci in maiolica, come di maiolica è la base dell'altare e il pavimento. Anche la scala è originale. Il rinvenimento della cripta, che pare sia stata la molla che diede vita all'istituzione dell'evento annuale "Le vie dei tesori", accadde nello specifico durante i lavori eseguiti per la creazione dei bagni, i quali poi furono realizzati in un altro spazio più distante.

Occorre comunque ricordare gli antichi resti della casa dei Sottile e l'archivio del monastero divenuto francescano (1543-1866), le cui pergamene oggi fanno parte dei Tabulari (o Archivio Diplomatico dell'Archivio di Stato di Palermo) delle corporazioni religiose soppresse nel 1866.

Ed allora esistenti nella parte ricostruita su un terrapieno, all'opposto di via Divisi. Attualmente il passaggio di collegamento tra la via Divisi ed il cortile della Grazia risulta inspiegabilmente chiuso da un cancello. Invece, dal cortile del complesso universitario, si intravede a stento una pala d'altare che faceva parte della chiesa ed all'interno della stessa parte non visitabile sono tuttora presenti degli affreschi.

Come sempre, Palermo non finisce mai di stupire. Tuttavia, accade sovente che davanti la splendida facciata si ritrovi la presenza di veicoli parcheggiati o di biciclette lì posizionate come esposizione, dai tipici commercianti di bici della strada.

Chiamata altresì, per tale ragione, "via dei biciclettai" (leggi di più). Sarebbe auspicabile che l'edificio risultasse libero di essere ammirato, senza questi ingombri visivi."
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