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Orgoglio delle siciliane: Camìola, la nobile che (nel Medioevo) mollò lo sposo all'altare

Divenne famosa perché artefice di un atto rivoluzionario che infrangerà il ruolo che relegava le donne in una posizione subalterna agli uomini e marginale nella società

Giovanna Gebbia
Esperta di turismo relazionale
  • 9 aprile 2023

Camiola Turinga Luigi Stabile – Napoli 1885

Quella di Camìola Turinga fu una vicenda talmente eclatante per l'epoca, da fare il giro di tutta la vecchia Europa.

Tramandata per secoli arrivando fino alle raffinate orecchie di William Shakespeare che sembra ne trasse ispirazione per scrivere parte della sua pièce teatrale "Troppo Rumore per nulla", entrò nel celebre Le Mulieribus Claris del 1362 di Giovanni Boccaccio che raccontava le 106 donne importanti della storia nell'epoca in cui visse l’autore e venne persino annoverata tra Costanza D’Altavilla imperatrice e madre di Federico II e la regina Giovanna I di Napoli.

Fiera e nobile Camìola Turinga, o Comiola Turingia, era figlia del cavaliere Lorenzo di Turingia e di una nobildonna messinese, nata a Messina nel 1310, raccontata negli annali della città di Messina da Caio Domenico Gallo nel 1758.

Nobile ma sfortunata poiché, rimasta orfana dopo la morte dei genitori perse anche il marito, un ricco mercante senese dal quale ereditò un notevole patrimonio, unito all'eredità della famiglia.
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Di animo generoso era nota per la fierezza capace e combattiva, sapeva bene amministrare la sua fortuna e farla fruttare, ma divenne famosa perché artefice di un atto rivoluzionario che infrangerà il ruolo che relegava le donne in una posizione subalterna agli uomini e marginale nella società.

E fu proprio la questa generosità a renderla illustre offrendo metà del suo patrimonio per la liberazione di Rolando d'Aragona, il figlio "bastardo" del Re Federico III d'Aragona, che nel 1339 perse la battaglia delle Eolie contro gli angioini, suscitando l'ira del legittimo erede suo fratello Pietro II, re di Sicilia dal 1337 al 1342, che incolpandolo della disfatta non voleva pagare il riscatto per la sua liberazione.

Il gesto era animato dalla gratitudine per il sovrano amico del padre che lo aveva favorito quando era in vita, e dal desiderio di sposare Rolando del quale si dice fosse affascinata, che accettò senza alcuna riserva firmando i documenti dell’accordo ratificati dai notai venuti da Napoli.

Assolutamente controcorrente e senza curarsi delle chiacchiere che suscitò il suo gesto, si espose moltissimo all'interno del sistema sociale medievale, per il quale tutto questo era inconcepibile.

Ma la prestanza fisica non corrispondeva al valore morale e il bel Rolando, tornato libero, si rifiutò di sposarla adducendo la scusa che il suo lignaggio, anche se illegittimo, non gli consentiva di prendere in moglie una nobile non di suo pari.

Offesa nell'onore, Camìola che sapeva essere una abilissima stratega, usò la sua straordinaria intelligenza per dargli la lezione che meritava e che lo avrebbe screditato per sempre.

Lo trascinò davanti al Giudice Ecclesiastico e carte alla mano, con la giustizia in suo favore, Rolando fu obbligato a rispettare il patto e convolare alle prossime nozze.

Immediatamente lei diede disposizioni per allestire la sontuosa cerimonia nella quale avrebbe dovuto essere richiesta in moglie e vestita con uno abito matrimoniale sfarzoso, alla presenza dell’intera nobiltà cittadina, invece di pronunciare il fatidico "SI" lo rifiutò con sdegno, pronunciando un discorso che Boccaccio riporta nel suo racconto come un atto straordinario tanto per l'eloquenza quanto per la durezza, rinfacciando al negato sposo tutta la sua viltà.

Caio Domenico Gallo lo descrive "d’uomo ingrato e mancator di fede ed indegno del sangue de’ re aragonesi, che vantava di portar nelle vene".

La reputazione di Rolando fu devastata e messo in ridicolo senza alcuna possibilità di recupero, chiunque era al corrente della sua totale assenza di onore e moralità. Al contrario di Camìola che divenne un esempio di onore, coraggio e amor proprio, che suscitò l'ammirazione della corte e della sua città.

Successivamente "dandosi ella a più nobile Sposo", prese i voti e impiegò tutte le sue risorse nella costruzione del monastero ai piedi della chiesa di Montalto, e alla fine della sua vita venne sepolta con tutti gli onori nella chiesa di San Francesco all’Immacolata.

In un'epoca nella quale le nobili fanciulle si curavano quasi esclusivamente per andare spose a cavalieri e regnanti, Camìola fu antesignana di una presa di coscienza che avverrà molti secoli dopo, quando alle principesse si sostituiranno fanciulle che non hanno bisogno di essere salvate da uomini rampanti su cavallo bianco, in armature e spade lucenti, ma sottomesse e senza futuro.
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