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Ogni suo gradino racconta un pezzo di storia: il Duomo (obliquo) che svetta tra i colli iblei

La facciata, monumentale, è il primo segnale di una progressiva originalità. La posizione è obliqua rispetto alla piazza, con una forma a "torre"

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 8 aprile 2024

Duomo di San Giorgio (Ragusa)

«Bisogna essere intelligenti per venire a Ibla, una certa qualità d’animo, il gusto per i tufi silenziosi e ardenti, i vicoli ciechi, le giravolte inutili, le persiane sigillate su uno sguardo nero che spia».

Il pensiero dello scrittore siciliano Gesualdo Bufalino racconta il fascino di Iusu, un quartiere ricco di storia e architettura.

Nel mezzo di cinquanta chiese circa, il Giardino Ibleo, numerosi palazzi in stile barocco e l’antica (presumibilmente) città di Hybla Heraia, ecco spuntare il Duomo di San Giorgio (Insigne Collegiata) nella sua bellezza.

In ogni singolo gradino è scolpita una delle tante vicende storiche di cui può fregiarsi. Fino al 1693 sorgeva all’estremità est dell’abitato.

Dopo il terremoto, con i gravi danneggiamenti subiti, restarono in piedi parte della facciata, alcune cappelle fino a quando, finalmente, si decise per il trasferimento.

Lentamente, con passo silenzioso, i visitatori “vorrebbero” bruciare le tappe per raggiungere l'entrata. In un attimo rischiano di “volare” tre secoli di vicissitudini.
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Tra queste, le fonti raccontano dei sangiorgiani convinti di ricostruire l’edificio religioso nel vecchio nucleo abitato. Gli stessi subirono lo smacco da parte dei sangiovannari che furono i primi a farlo.

Due fazioni, due stili di vita uniti nel “Credo” e distaccati dai concetti. Fino a quando, nel 1738, Rosario Gagliardi - noto architetto di Noto - fu protagonista della ricostruzione barocca (iniziati solamente nel 1744).

I “primi” e unici trentuno anni di “normalità” vissuti nell’attesa, speranza e conclusione dei lavori. Rappresenta lo stato d’animo dei turisti, quelli che, a metà salita, finalmente pregustano il premio finale: la visita.

Gli ultimi gradini sembrano "riportare" la fatica come il ricorso del 10 dicembre 1865 con la divisione della città in due tronconi, due comuni con due sindaci, due duomi e il povero San Giorgio che rimase patrono fino al 1896.

Poi, con richiesta ufficiale da parte dei ragusani “superiori”, nel loro comune venne proclamato San Giovanni come patrono. Una “carrellata” di episodi che conducono al termine della scalinata e finalmente, dopo una scorpacciata storica, è giunto il tempo di osservare ogni singolo aspetto del duomo, anche quello ambientale.

La facciata, monumentale, è il primo segnale di una progressiva originalità. La posizione è obliqua rispetto alla piazza, con una forma a “torre”.

Il portale è la chiara manifestazione dell'imprevedibilità del Gagliardi, con sculture lignee, decorazioni, fregi e rilievi a motivi vegetali. Il respiro affannoso si lascia ingolosire dalle due navate, quella di destra con le cinque campate (Cappelle di S.Vito, Basilio, Immacolata, Sacra Famiglia e ingresso laterale destro).

Quella di sinistra con altre cinque campate (Santa Maria Maddalena dei Pazzi, Rosario, ingresso laterale sinistro, Angelo Custode, e Santa Gaudenzia).

I dipinti sono autentici capolavori che vanno letti singolarmente tra riferimenti storici e raffigurativi. La visita continua alla ricerca di altri dettagli tali da arricchire il momento e la conoscenza. Tra questi il transetto con la absidiola destra (Cappella Santissimo Sacramento) e sinistra (Cappella del Santissimo Crocifisso).

È un elenco “pieno”, unico e inestimabile. Si continua con l’altare in marmo, mentre la Sacrestia è espressione rinascimentale della bottega del Gagini senza dimenticare il tesoro di San Giorgio composto da: busti in argento, calici lavorati, mazze capitolari, paramenti sacri, reliquiari in oro e argento e il telero o tela della Passione.

Tutto d’un soffio, senza respiro alcuno. Invece è tempo di addentrarsi all’esterno, quello che conduce al terrazzo panoramico. Il duomo - accarezzato esternamente - evidenzia contenuti poco valorizzati. E poi, gli ambienti fanno da contorno.

I colli iblei di color verde aspro si mescolano alla vegetazione presente. Si respira un’aria pura a 440 m.s.l.m. Tira un vento di libeccio proveniente da Marina di Ragusa, è la brezza di mare. E

È la fase calante, di calma momentanea. Un gattino gironzola sui tetti delle ultime case, si nasconde o magari attende il pasto meritato.

Si delinea il quadro perfetto per uno scatto, due… tanti. Arte, architettura e ambiente rappresentano le "forme" geniali di una sceneggiatura ideale, per tutti.

Oltre ad essere intelligenti e avere una certa qualità d’animo, bisogna interagire con i luoghi, le persone e le identità territoriali.
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