TRADIZIONI
Oggi come 50 anni fa: nel Messinese le uova si colorano con la radice "strazza bertuli"
I "cuddura" o "pallummeddi" sono i tipici dolcetti rossi del periodo pasquale. Tra le donne che tramandano la tradizione c'è Antonella Lembo che ci racconta questa antica ricetta
Le uova colorate con la radice "strazza bertuli"
Sono tipici dolcetti del periodo pasquale che, con varianti di nome, vengono fatti (sempre meno artigianalmente purtroppo) in tanti angoli della Sicilia, anche se via via la tradizionale procedura si va perdendo.
La particolarità di questi dolci sta nel fatto che avvolgono un uovo sodo che, nell’antichità, veniva colorato esternamente con metodi naturali, pratica che piano piano si sta perdendo.
Sfruttando la rapa rossa o l’ortica da sempre il colore sulle uova sode è stato importante tanto che, nelle famiglie più povere, comunque non si rinunciava a questo dettaglio mettendo, a volte, a bollire vecchi maglioni o pezze scure, ovviando così all’assenza di altre materie prime.
A Patti, nel Messinese, la tradizione continua in molte case del posto da oltre cento anni, e ogni anno nei giorni che precedono la Pasqua ci si riunisce, prima di tutto, per colorare le uova.
«Ogni anno, ancora oggi ci tengo a fare la ricetta nel modo più tradizionale possibile - racconta Antonella -. Insieme alle altre donne della mia famiglia, dalle cognate, alle nipoti alle sorelle, raccogliamo queste radici che si trovano ai piedi delle querce.
Dopo la raccolta, prima di metterle a bollire, si pestano su una tavola di legno, così possono liberare tutto quel liquido che darà il colore rosso alle uova».
Da quanto ci ha raccontato Antonella questa tradizione è antichissima e lei stessa l’ha imparata dai nonni.
«Ricordo che da piccola, insieme ai cuginetti e altri bambini, attendevamo con grande trepidazione il dono di questi dolci con l’uovo rosso, di buon auspicio. I piccoli non partecipavano alla loro preparazione, e il giorno della Pasqua non vedevamo l’ora di averli.
Io ho cominciato a farli da quando avevo 12 anni, i miei nonni mi hanno coinvolto e da allora non ho più smesso da 50 anni.
È un rito che ripetiamo ogni anno, coinvolgendo poi i nipoti perché vogliamo che non si perda questa tradizione che, qui a Patti, resiste ancora.
Una volta tutta la ricetta si faceva in maniera più tradizionale, lo strutto, ad esempio, che serve per l’impasto della pasta che ricopre l’uovo sodo, era quello dei nostri maiali, era fatto in casa. Oggi lo compriamo ma i passaggi che possiamo continuare a fare secondo tradizione cerchiamo di mantenerli».
Tra questi c’è anche la cottura finale dei dolci nei forni ancora a legna.
«L’odore che si sprigiona, tra la legna che brucia e quello dei dolci che cucinano, me lo porto dietro dall’infanzia. È casa e storia della mia famiglia. Si consumavano soprattutto nel giorno di Pasquetta, si organizzava il pranzo fuori casa e si concludeva con questi dolcetti».
I cuddura e i pallummeddi oltre che regali per i più piccoli erano anche il dono di presentazione del fidanzato che “entrava in casa” della futura moglie.
«Tra i ricordi più antichi ho anche questo; essendo simbolo di rinascita, abbondanza e di buon augurio per la presenza dell’uovo, il fidanzato che entrava ufficialmente, come era usanza un tempo, nella famiglia portava in dono uno di questi dolcetti nel giorno di Pasqua, a sua volta fatto in casa. E spesso anche le fidanzate ricambiavano.
Quest’anno anche se non possiamo vivere in piena libertà queste festività pasquali abbiamo voluto lo stesso rispettare la tradizione: stiamo preparando circa 70 uova che distribuiremo nelle nostre famiglie, che sia di buon augurio per tutti noi».
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