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Non solo tarantelle, coppole e lupare: così il "marranzano" ha fatto la storia del cinema

Noto in tutto il mondo, è in Sicilia che questo piccolo strumento ha trovato il modo di reinventarsi varcando anche le porte dell'arte grazie al Maestro Ennio Morricone

  • 6 agosto 2020

Il marranzano

Se dovessimo indicare quale oggetto nell'immaginario collettivo meglio identifica la Sicilia più tradizionale, di sicuro diremmo il marranzano, piccolo strumento musicale a forma di ferro di cavallo realizzato in metallo.

Più conosciuto con il nome di "scacciapensieri", che è già evocativo dell'uso che se ne faceva e del potere che questo piccolo strumento ha, nonostante non sia un prodotto artigianale esclusivo dell'Isola, è stato nelle tasche dei nostri nonni e soprattutto ha accompagnato da sempre le sicilianissime "tarantelle".

Più meno in tutta Italia è noto poichè le sue origini risalgono al tempo dei Romani che potrebbero averlo esportato in Francia e Gran Bretagna, diffondendolo in tutta Europa e non solo; ve ne sono tracce, infatti, anche in Oriente.

Ma è in Sicilia che questo piccolo oggetto - che ricade nel gruppo degli strumenti idiofoni, ovvero quelli in cui il suono è prodotto dalla vibrazione del corpo stesso dello strumento senza l'utilizzo di corde - ha trovato il modo di farsi notare nei secoli attraversando anche le porte dell'arte. E fra un po' vi diremo come.
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Bisogna precisare che il marranzanu, così detto in dialetto, assume un nome diverso a seconda della provincia: ed è così che a Palermo lo chiamiamo Mariuolu, nell'Agrigentino Ngannalarruni e a Catania Marauni.

Proprio a Catania ogni due anni si svolge anche il "Marranzano World Festival", mentre esitono ancora artigiani che li realizzano a mano. Tra questi Carmelo Buscema, di origine ragusana, che ha avuto l'opportunità di incontrare Giuseppe Alaimo il fabbro costruttore più anziano scomparso da poco.

Tornando allo "scacciapensieri" e al suo ingresso nel mondo dell'arte, oltre alle tarantelle, la sua presenza è sempre stata molto significativa sul grande schermo.

Se per molti anni, troppi, il suo suono è stato associato a scene cinematografiche legate alla mafia, è stato grazie al maestro Ennio Morricone se di questo antichissimo strumento ne è stata rivalutata la melodia. Dalle scene in cui coppola e prevaricazione facevano da protagoniste a quelle dei più eroici cowboy il passo è stato breve.

L'intento della scelta di Morricone era chiarissimo: "enfatizzare un 'primitivismo' ancora più radicale". Perchè per lui, che di suoni esisteva, ogni personaggio dei film di cui curava la colonna sonora era associato ad uno strumento.

Nel caso del marranzano il "cambio di veste" è avvenuto nel 1965 quando per il film "Per qualche dollaro in più" di Sergio Leone, le note dello 'scacciapeensieri' facevano da incipit alla pellicola.

«Il colonnello interpretato da Lee Van Cleef - si legge in "Ennio, un maestro", volume edito da HarperCollins che raccoglie una conversazione tra il regista Giuseppe Tornatore e il compositore - era, poi, la figura più misteriosa di tutte: pensai che il marranzano si adattasse bene al suo lato più rude».

Fu questo episodio, come si riporta nel volume, l'incipit di un rapporto di stima e fiducia reciproca che legò i due artisti: Tornatore lo aveva invitato per proporgli la scrittura delle musiche per "Nuovo cinema Paradiso" e il Maestro, prima di accettare, si assicurò se Tornatore ci tenesse all'uso del marranzano per il film.

Il regista rispose che non gli interessava una "musica d'ambientazione stigmatizzata dal folclore del mondo siciliano" e da quel momento non si persero più di vista regalando, entrambi, opere indimenticabili.
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