CINEMA E TV
Zingaretti a Palermo: Montalbano “si fa” prete
Per le riprese del film sono stati utilizzati, tra gli altri, i bambini del centro San Gaetano di don Puglisi nel quartiere dell'Albergheria a Palermo
Dal brillante commissario Montalbano all'eroe Perlasca al prete martire della mafia padre Pino Puglisi. Tre personaggi diversi, un solo valore: la lotta per la giustizia e la legalità. Forse è proprio questo filo conduttore che permette a Luca Zingaretti di offrire ogni volta interpretazioni da manuale. Stavolta il temerario commissario rivestirà i sacri panni di una delle icone più significative della storia siciliana nella lotta alla mafia, padre Pino Puglisi, il sacerdote che il 15 settembre 1993 fu assassinato da due sicari davanti alla parrocchia di San Gaetano a Brancaccio.
Di certo non un soggetto nuovo alle pellicole cinematografiche, ma quello del regista Roberto Faenza sarà un film ispirato alla "persona" di don Pino Puglisi, non solo al personaggio che è nato dal suo martirio , un ritratto dell'anima, che vuole presentare questa figura nel suo essere uomo prima ancora che prete, nella sua fiducia nei bambini, prima ancora che nell'impegno contro quella mafia che lo ha ucciso. «Il nostro - ha detto Faenza - non è un film documentario, l'obiettivo è quello di cogliere in pieno la figura di don Puglisi, soprattutto ripercorrendo le tappe della sua vita anche al di fuori della notorietà conferitagli dalla lotta alla mafia, m'interessa in particolare la fase che precede la notorietà, ciò che questa persona straordinaria è riuscita a fare da vivo».
Ma le riprese del film, interamente ambientato a Palermo, si sono portate dietro un vespaio di polemiche. Alla conferenza stampa che sanciva la fine delle riprese, con le ultime scene girate nella chiesa di San Domenico, il regista ha detto di avere raccolto il rifiuto degli eredi del sacerdote di spostare il set direttamente a Brancaccio, il vero teatro delle conquiste di padre Puglisi, ma anche del suo barbaro omicidio. Non solo, ma parlando della figura del presule, Faenza ha denunciato l'isolamento in cui l'avrebbe lasciato la Curia, colpevole secondo lui di aver «trascurato l'esempio di quest'uomo, di non essere stata cristallina e di non aver avuto coraggio per appoggiare il suo percorso dirompente. Credo che se oggi don Pino fosse vivo, non sarebbe contento di come vanno le cose a Brancaccio». Anche se il film non insiste su questi aspetti della storia, le accuse di Faenza hanno inevitabilmente scosso gli animi di tutti quelli che ormai da dieci anni portano avanti il ricordo di un eroe, di un martire, di un uomo capace di guardare in faccia il proprio assassino e dire sorridendo «Vi aspettavo…».
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