CINEMA E TV
"Un giorno per sbaglio", il valore delle bugie
UN GIORNO PER SBAGLIO (Separate Lies)
Gran Bretagna, 2005
Di: Julian Fellowes
Con: Tom Wilkinson, Emily Watson, Rupert Everett, Hermione Norris, John Warnaby, Linda Bassett, John Neville, David Harewood
Quando non ce l’ha insegnato la vita, la letteratura e il cinema hanno provveduto a rammentarcelo: le bugie, anche quelle più innocenti, possono provocare disastri fatali. Le bugie non servono a sanare le ferite prodotte dalla rottura degli equilibri esistenziali, il disarmonico andazzo della moderna quotidianità, travolta dalle regole disumane del tirare a campare. Ma una bugia può anche illuderci, facendoci sentire meno infelici, nel gioco delle apparenze che è la vita. Per questo è ancora più pericolosa: perché può insidiare il nostro rapporto con la realtà. Per debuttare dietro la macchina da presa, Julian Fellowes, già acclamato sceneggiatore di “Gosford Park”, ha deciso d’ispirarsi ad un racconto dello scrittore Nigel Balchin, “A way through the wood”, pubblicato per la prima volta nel 1951. In originale il suo film s’intitola “Separate Lies”, e allude proprio a quelle piccole e grandi bugie che s’infiltrano nella nostra vita modificandone il valore stesso. Nel caso in questione, la rete di menzogne produce un nodo annichilente, il cui filo è tirato solamente dalla forza della passione. Da noi la pellicola è stata distribuita con il titolo più innocuo di “Un giorno per sbaglio”.
Bravissimo è Tom Wilkinson a gestire le nascoste inquietudini del suo personaggio che lotta quietamente per non perdere l’affetto della più giovane moglie. La sua tranquillità apparente va presto in frantumi, sconvolgendo non solo la quotidianità familiare ma anche quella lavorativa. Tutti i personaggi della storia sono ben delineati: ci piace ricordare la Priscilla di Hermione Norris, segretaria di James che lo osserva a distanza e con una particolare partecipazione visto che ne è segretamente innamorata. Il suo personaggio di testimone, partecipe di un amore segnato dagli eventi esprime una lancinante malinconia che poi pervade il retrogusto dell’intero film. La partitura di passioni celate, rimosse e degradate ci restituisce la musica disarmonica di una società in disfacimento, governata dalle regole non scritte dall’ipocrisia imperante. Le bugie che devastano la qualità dell’esistenza hanno un solo merito: quello di costringere il sipario ad aprirsi sulla scena nuda delle comuni incomprensioni e paure. Julian Fellowes di questo è consapevole, lui che nel copione di “Gosford Park” aveva emblematicamente individuato il delinearsi di maligne tentazioni all’interno di una immensa villa di due piani, luogo metaforico dei contrasti privati della società inglese. Una intuizione antica ma sempre urgente, anche in un’epoca “aperta” come la nostra ancora preda di bugie fatali.
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