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Sucato, quei materiali poveri che incarnano la Sicilia

  • 19 giugno 2006

Il riuso di materiali provenienti dal mondo agreste, una scrittura immaginifica, linguaggio d’artista, che dipana su una superficie scabrosa versetti dal ritmo avvolgente ma dal significato sconosciuto. Questa la cifra stilistica di un artista che nella sua opera esprime il profondo legame con la terra e con la sua Sicilia. Giusto Sucato, attivo da più di un trentennio nel panorama artistico siciliano, è il secondo artista, dopo l’agrigentino Nicasio Pizzolato, a prendere parte al ciclo di mostre “Ierofanie contemporanee” promosse dall’assessorato alla Cultura della Provincia di Palermo e curate da Giusi Diana, con lo scopo di dare uno visione “non convenzionale” del panorama artistico siciliano contemporaneo.

La personale dal titolo "Giusto Sucato - Scudi Sacri" è visitabile fino al 30 giugno (lunedì, mercoledì e venerdì, 10 -13; 15 -17) presso gli spazi della fondazione culturale Lauro Chiazzese, al primo piano di Palazzo Branciforte (via Bara all’Olivella, 2). Le opere in mostra, accomunate dal particolare formato rotondo, sono recenti, realizzate tra il 2001 e il 2006, e mai prima d’ora esposte insieme. L’intensa produzione di Sucato si pone al di fuori delle categorie artistiche tradizionali, i suoi sono “oggetti non funzionali creati dalla sensibilità dell’artista”, come li ha definiti la curatrice, dove il confine tra scultura e pittura si fa labile.
Echi dadaisti, novorealisti, di matrice concettuale uniti al profondo legame con la terra e la tradizione, danno vita a opere uniche, che uniscono cultura alta e bassa, semplicità e misticismo.

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Materiali poveri di riciclo, come chiodi, cornici di mobili e lamine di ferro compongono una superficie polimaterica alternandosi all’alfabeto di simboli e segni che Sucato trae dal repertorio etno-antropologico e dal suo vissuto personale. Gli oggetti di uso quotidiano che Sucato fissa con estrema capacità inventiva sull’anima lignea dei suoi tondi acquistano un forte valore simbolico e rituale. Il chiodo, piegato e modellato con una eccezionale manualità definisce spazi, si alterna alle cangianti cromie delle lamine di ferro che testimoniano l’ineluttabile passaggio del tempo, diventa esso stesso scrittura tridimensionale, che esprime concetti a noi non noti, ma che allo stesso tempo concretizza l’incapacità di comprensione dell’uomo di fronte al mistero della natura e del creato.

Al salmodiare delle sue lettere d’oro l’artista accosta simboli magici noti come il nomogramma, la croce o il nodo Salomone che se da una parte esprimono una forte valenza apotropaica, di protezione, dall’altra testimoniano la continuità e l’unione tra essere umano e supremo. Il cerchio diventa recinto sacro, entro il quale nulla di male può verificarsi, dove si realizza la grande magia che permette all'universo e all'uomo di esistere in perfetto equilibrio.

Giusto Sucato è nato a Palermo nel 1950. Tradizione e innovazione caratterizzano sin dai primi anni Settanta l’opera dell’artista palermitano. La pratica dell’assemblaggio e l’utilizzo di materiali provenienti dalla vita di ogni giorno si caricano nell’opera di Sucato di un forte valore antropologico, sul quale ha sicuramente influito la profonda amicizia con l’antropologo e critico siciliano Francesco Carbone con il quale l’artista ha condiviso l’esperienza di Godranopoli, un centro di studi e ricerche a Godrano, in provincia di Palermo. Sucato ha esposto in numerose personali e collettive in Italia e all’estero.

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