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Quando cinema e teatro si inseguono: Mel Brooks rifà "The Producers"

  • 3 aprile 2006

The Producers – una gaia commedia neonazista (The Producers)
U.S.A., 2005
di Susan Storman
con Nathan Lane, Matthew Broderick, Uma Thurman, Will Ferrell

Un film da cui è stato tratto un musical che si è ritrasformato in film. Questo è lo strano destino di “The Producers”, prima opera cinematografica di Mel Brooks (siamo nel lontano 1968), nonché uno dei suoi più grandi successi di sempre (si aggiudicò meritatamente l’Oscar alla sceneggiatura). Il film originale (da noi distribuito con il bislacco titolo “Per favore non toccate le vecchiette”) poteva contare su una coppia a dir poco esplosiva: Zero Mostel (straordinario esponente della gloriosa tradizione yiddish, barbaramente esiliato durante il maccartismo) e l’allora esordiente Gene Wilder, rispettivamente l’arruffone e squattrinato impresario di Broadway Max Bialystock e l’impacciato e ingenuo ragioniere Leo Bloom. Per intascare i soldi dei finanziatori (arzille vecchine che sganciano assegni in cambio delle generose “attenzioni” di Bialystock) entrambi progettano di realizzare il “fiasco perfetto”. Si assicurano dunque la sceneggiatura più sgangherata (“Springtime for Hitler”, un’imbarazzante apologia nazista in chiave musicale composta dal nostalgico squilibrato Franz Liebkind, che indossa sempre l’elmetto e dialoga con i suoi piccioni viaggiatori), la direzione più pacchiana (quella del “gaio” Roger De Bris), gli attori più incapaci. Facile immaginare cosa accade: il pubblico esalta la piéce come un capolavoro d’arguzia satirica e i nostri si trovano nei guai. Dato il forte carattere metateatrale dell’opera non poteva esserci approdo più naturale del palcoscenico e così Mel Brooks nel 2002 trasforma la vecchia sceneggiatura in un musical e lancia “The Producers” nello sfavillante mondo di Broadway. Anche in questo caso siamo ben lontani dal fiasco: milioni e milioni di spettatori (le repliche continuano ancora oggi), 12 Tony Award e numerose versioni internazionali (anche una italiana, con Enzo Iacchetti e Gianluca Guidi).

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Visti gli incassi, di nuovo, il passaggio logico conseguente è l’adattamento cinematografico del musical. La Sony, infatti, fiuta l’affare e Brooks rimette le mani per la terza volta sul copione di “The Producers”, aggiungendo qualche nuovo numero per l’occasione. La trasposizione comunque è pressoché identica e ritroviamo la stessa regista (Susan Storman) e tutto il cast teatrale, con l’eccezione di due azzeccatissime new entry, un buffo Will Ferrell nella parte di Liebkind e Uma Thurman nelle (poche) vesti della conturbante attrice svedese Ulla. Nathan Lane e Matthew Broderick non fanno rimpiangere Mostel e Wilder (soprattutto perché non si pongono sul terreno dell’imitazione). Il primo poi dimostra un’abilità canora davvero ragguardevole, soprattutto nel gustoso pezzo in cui riassume tutta la trama del film. Non aspettatevi nessuna particolare attualizzazione della vicenda ai giorni nostri (anche se in una battuta si accenna – almeno nella versione italiana – alla “finanza creativa”, sincero specchio dei tempi) e nemmeno la carica eversiva della versione “sessantottina” (anche qui non si esita a prendere in giro tutte le categorie possibili – gay, ebrei, nazisti, anziani, svedesi ecc. – ma il tono è vieppiù bonario). “The Producers” rimane piuttosto congelato sulla nostalgica rievocazione dei musical americani anni quaranta e cinquanta, di cui recupera (anche con citazioni dirette) sia le sonorità sia le classiche coreografie, dal tip tap ai numeri più spettacolari (le vecchiette che si esibiscono con il girello, Bloom che trasforma gli scaffali dell’ufficio in un palcoscenico e, va da sé, il caleidoscopico “Primavera per Hitler”). Sostanzialmente innocuo, ma brillante, gradevole, fascinoso nelle danze e nelle canzoni. La battuta migliore si trova alla fine dei titoli di coda.

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