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Povero palazzo Utveggio: scampa al sacco, domina Palermo ma nessuno sa dove sia

Si trova all'angolo tra via Siracusa e via XX Settembre a Palermo: palazzo Utveggio è un altro capolavoro Liberty di Basile, fotografato dai turisti e ignorato dai cittadini

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 5 febbraio 2018

L'angolo di palazzo Utveggio a Palermo

Scriverà il poeta J. L. Borges che il fantastico è una via d'accesso alla realtà e a me fa subito pensare alla bellezza Liberty. Se Antoni Gaudì e Hector Guimard infatti inventano le istanze stilistiche moderniste sotto forma di giochi formali arricchiti da aggettivazioni con presenze talvolta prese in prestito dal mondo fugurativo animale, qualcosa di eminentemente floreale e anch'esso strettamente fantastico, unisce le creazioni di altri due maestri Art Nouveau come Joseph Maria Olbrich e il nostro Ernesto Basile.

Oltre la stagione "bianca", oltre la strutturazione linguistica di tralci floreali a decorare i prospetti urbani, oltre l'adesione formale ad un linguaggio che è prima di tutto una dimensione spirituale e filosofica di rottura col passato, entrambi sposano la "lucertola", come presenza in talune loro opere, rimando proprio alla dimensione fantastica Liberty.

E se l'architetto viennese lo fa lungo il portale dello stupendo padiglione secessionista della capitale dell'impero asburgico, il maestro palermitano opera tale misura, nella grafica afferente i suoi schizzi e coinvolgengo nella finitura dei suoi più preziosi capolavori, i maestri decoratori come Salvatore Gregorietti, raffinatissimo poeta del cromatismo e del formalismo floreale, che dipingerá talvolta le sue lucertole, eco dello studio diretto di Basile della natura in età adolescenziale?
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Se dovessi individuare adesso quale tra le architetture realizzate per la belle epoque, palesi maggiormente questo slancio verso la misura fantastica del floreale non potrei aver dubbi, si tratta del Secondo Palazzo da Pigione Utveggio tra le vie Siracusa e XX Settembre.

Basile lo realizza, come ricorderà Gianni Pirrone nella sua fase di "produzione felice" esattemente tra le realizzazioni del Villino Florio e del villino per il Barone Fassini (distrutto durante il sacco).

Siamo tra il 1901 ed il 1903 all'apice della carriera di uno tra i più importanti intellettuali-cattedratici italiani, uno tra i pochissimi progettisti a poter vantare un livello così alto ed esaustivo di talento artistico abinato indissolubilmente ad un processo creativo che raramente rimarrà sulla carta.

Tutto ciò unitamente alla incredibile adesione dei suoi allievi della scuola palermitana di architettura all'abaco delle soluzioni stilistiche basiliane, modello esportato persino oltre la Sicilia, segnerà la scelta ricaduta proprio su Basile a cui il Governo italiano sceglie di affidare l'ampliamento del Palazzo di Montecitorio, l'unico edificio parlamentare dal linguaggio art nouveau d'Europa!

Questo il contesto in cui trova luce questo prezioso tassello di architettura italiana a Palermo: voluto dalla famiglia di costruttori Utveggio, dopo il primo realizzato sempre sulla via XX Settembre ad angolo con la via La Farina, è destinato a essere un edificio da "pigione", da affitto.

Ma tale finalità non scoraggia il maestro nel rinunciare a un lessico floreale mai raggiunto prima in cui applicare ancora una volta il principio ormai sedimentato di gesamtkunstwerk (opera d'arte integrale).

Se arredi e modanature ligneee saranno della ditta Ducròt, le decorazioni interne saranno affidate proprio alla bottega di Gregorietti e gli intonaci alla famiglia di stuccatori Li Vigni, capaci tutti di restituire fisicamente e renderla tangibile, la dimensione fantastica del gesto manuale che il maestro ha inciso graficamente sulla carta.

E ancora i ferri battuti, l'uso delle maioliche coloratissime del fregio terminale, del marmo della parte basamentale e del mattone rosso pompeiano dell'attacco a terra, saranno elementi che concorreranno tutti a disegnare uno tra gli edifici più suggestivi della capitale del gusto floreale.

Nulla sarà più lo stesso dopo questo prezioso tassello di ricerca in linea col sentire di respiro europeo. Basterebbe l'acquerello del disegno del prospetto conservato a Palermo a far parlare di capolavoro.

Quattro sono i piani fuori terra e uno il seminterrato, una piccola corte interna consente l'illuminazione naturale ai diversi livelli interni e il tetto a falde inclinate è ricoperto da un manto di tegole marsigliesi.

Ma l'elemento che contribuisce maggiormente a delineare la cifra stilistica d'avanguardia della ricerca progettuale del maestro palermitano, restano a mio giudizio i pilastri-paraste aggettanti che svettano rispetto al piano di imposta della copertura con motivi floreali affidati alla grande manualità delle maestranze dei fratelli Li Vigni che di lì a poco realizzeranno sul modello di questo raffinatissimo capolavoro, il proprio palazzo in via F. Juvara.

Ecco allora, la strada maestra per costruire bellezza sostenibile, creare economia locale ed entrare nei libri di storia dell'arte. Si tratta di ricominciare a guardare ai "grandi", quei maestri che come Basile, si seppero imporre all'attenzione della critica e vollero attorniarsi nell'interezza del processo produttivo, dai migliori talenti artigiani, dai migliori imprenditori edili, dai migliori artisti locali.

Occorrono esempi virtuosi, occorre tornare a guardare alla Storia. Non c'è altra strada virtuosa per ritornare a produrre valore etico ed estetico che ritornar a marciare in carreggiata e ricordare a noi stessi, chi siamo e da dove veniamo.
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