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Pacifico presenta il nuovo album ai Candelai

L’album segna il ritorno discografico dell’artista e vede la partecipazione tra gli altri di Gianna Nannini. Per Balarm un’intervista esclusiva al cantautore

  • 20 febbraio 2009

È uscito il 16 gennaio pubblicato dalla Sugar di Caterina Caselli, “Dentro ogni casa”, il nuovo album di inediti di Pacifico, il cantautore milanese, all’anagrafe Gino De Crescenzo, che con “Tu che sei parte di me”, primo singolo estratto dall’album, è nella top five dei brani più trasmessi dalle radio. E l’artista sarà a Palermo in concerto il 21 febbraio, alle 22.30 (ingresso 10 euro) a scaldare il pubblico dei Candelai (via Candelai 65). Con lui suoneranno Alberto Fabris, elettronica e contrabbasso, Gianluca Mancini, pianoforte e tastiere, e Antonello Leofreddi alla viola.

Scritto dal cantautore milanese, prodotto ed arrangiato da Roberto Vernetti e Vittorio Cosma, l’album segna il ritorno discografico di Pacifico dopo il 2006 con “Dolci frutti tropicali” e vede la partecipazione di Gianna Nannini (è sua l’impronta vocale in “Tu che sei parte di me”), della cantante italo-marocchina Malika Ayane, con cui Pacifico duetta nel brano “Verrà l’estate”, di Amedeo Pace dei Blonde Redhead, alla chitarra nel brano “Spiccioli”, e tra le voci recitanti dell’attore Fabrizio Gifuni. Il “Dentro ogni casa tour 2009” dunque sbarcherà a Palermo dopo aver toccato diverse città italiane, e prima del debutto nella nostra città, Pacifico è stato intervistato dalla nostra redazione.
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Da dove arrivi, sia fisicamente che musicalmente?
«Fisicamente arrivo da Cosenza. In senso più ampio sono nato a Milano ma sono di origini campane. È naturale che questi luoghi di provenienza abbiano esercitato un'influenza sulle cose che scrivo. Spesso ho visualizzato come lascito "meridionale" dei miei genitori un luogo accogliente e soleggiato, un luogo ideale in cui spero sempre di ritrovarmi, smarrirmi, ma non vivo una disperazione cupa e senza speranza: ho sempre la sensazione che le cose ferme possano riavviarsi.

Il nord invece, Milano in specie è una città in cui si procede a testa bassa, in lunghi corridoi. La città è un ingombro, la preoccupazione di tutti è quella di attraversarla quanto più è possibile evitandola, e questo genera una tensione tipicamente cittadina, incontri affettati o tecniche diversive per far finta di non vedersi. Tutte queste persone curve, occhi a terra, paiono prive di emozioni profonde o comunque incapaci di scambiarsele. Quindi l'insieme di questi elementi mi fanno tormentato, solo apparentemente calmo in realtà febbricitante e in fondo all'anima so di un rifugio dove rimettermi in piedi dopo ogni caduta».

Cosa stai portando in giro?
«Il concerto è emozionante e divertente, almeno questo è il mio obiettivo. Alterno le canzoni tratte dai miei quattro dischi ad alcuni racconti, cerco di far uscire il carattere, le emozioni vere che provo e questo per creare una sintonia maggiore con chi è in platea. E a seconda dell'umore e del pubblico eseguiremo anche pezzi che ho scritto per altri».

Prova a descrivere le caratteristiche del "mondo Pacifico", con le sue influenze, i suoi processi di creazione e la sua collocazione nell'universo musicale.
«Io sono stato per anni un grande "chitarrista da spiaggia", dico questo per precisare che sono stato uno che ha da sempre orecchiato musica ma non si è proposto in prima persona fino al 2001, anno in cui è uscito il mio primo disco. Non ho mai prestato particolare attenzione ai testi fino alla scrittura del primo disco, conoscevo le frasi che conoscono tutti delle canzoni, quelle scritte così bene da restare nella memoria senza averle mai lette e magari neanche esattamente capite.

Poi, nel 2000, comincio a scrivere i testi e da lì si è aperta la fase Pacifico. La mia attenzione più alla musica che ai testi ha fatto sì che le mie fonti di ispirazione principali fossero i grandi melodisti. Poi ho passato fasi più rock, più jazzistiche, insomma ho seguito generi diversi e questo me lo ritrovo quando arrivo a scrivere, sento che ci sono molte possibilità per lo sviluppo di un brano.

Ovviamente, dalla comparsa delle parole nella mia scrittura tutto è cambiato; ora ogni giorno scrivo qualche frase, ho taccuini dappertutto che si sono aggiunti ai vari modelli di registratori portatili che ho sempre tenuto per appuntare fischiando delle idee. Credo che Pacifico sia una specie di "sommergibile" della musica italiana. Vivo una sorta di schizofrenia benefica tra l'interprete e l'autore, ambedue mi danno grandi soddisfazioni e esercitando un ruolo mi manca l'altro. È un equilibrio precario che mi rende però felice».

Cosa sentiremo durante la tua prossima esibizione a "I Candelai"?
«Questo giro di concerti si apre invariabilmente con il brano che apre anche il nuovo disco, “Dove comincia tutto”. È una canzone che esemplifica quello che io cerco di fare con le canzoni, una sorta di percorso a ritroso, un superamento di tutte le difese nella speranza di ritrovarsi alla fine indifesi, a un passo dall'innocenza. Forse più in genere a questo servono le forme d'arte, a cercare il nostro lato indifeso e stupito, quello che si manifesta con una lacrima improvvisa o con la risata fragorosa».
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