CULTURA
Oltre cento anni fa moriva Joe Petrosino: il primo delitto illustre e mai del tutto risolto
Una curiosità sulla targa che ricorda il luogo dell'omicidio: è inspiegabilmente collocata ma sul lato opposto di piazza Marina rispetto al punto in cui il poliziotto trovò la morte
Giuseppe "Joe" Petrosino
Giuseppe Petrosino, figlio del sarto don Prospero che non prosperava affatto a Padula di Salerno, aveva dieci anni quando andò ad abitare coi familiari in un modesto alloggio newyorchese della Lower Manhattan East.
Vivendo da ragazzino con amici non dissimili dai tanti nostri piccoli Alì dagli occhi più o meno azzurri e cari a Sergio Leone. Molti dei quali inevitabilmente confluiti nella malavita.
A differenza del futuro tenente, infine ucciso a Palermo, che pur riuscendo ad ambientarsi nella difficile realtà del quartiere, seppe tenersi fuori dal malaffare. I cui rappresentati emergenti egli conobbe quasi tutti, ma senza imitarli e limitandosi ad apprenderne le storie criminali in mille modi.
Magari ascoltando i racconti dei guys cui lustrava le scarpe. Fino a fare di sé la preziosa banca dati del crimine assunta dal New York Police Department. Dove Petrosino si distinse per la sagacia e la determinazione di segugio che non perdeva una preda. Ma anche per l’autentico terrore che ispirava ai delinquenti che uscivano con le ossa rotte e qualche dente in meno dagli interrogatori da lui condotti da capo della Italian Branch.
Finchè il detective non decise di venire qui - il 28 febbraio 1909 - per approfondire relazioni e precedenti penali dei malavitosi emigrati che, con i dati raccolti a New York, non riusciva a incastrare.
Ma le sue indagini non andarono oltre le venti del 12 marzo successivo. Quel giorno era stato a Caltanissetta e a quell’ora aveva finito di cenare in un ristorante a pochi passi dall’Hotel de France di piazza Marina, la Casa del Goliardo, dove aveva preso alloggio col suo vero nome.
La fine della cena coincise con l’arrivo di due sconosciuti dei quali Petrosino si fidò e che lo convinsero a seguirli in direzione dello Steri.
Qualche minuto dopo, quattro colpi di rivoltella fulminarono il poliziotto davanti alla cancellata di villa Garibaldi. E fecero del suo omicidio il primo dei delitti eccellenti, mai del tutto risolti, costati la vita a chi qui ha lottato duramente contro il crimine organizzato.
Come si legge nelle motivazioni con le quali il "Premio dell’Associazione Joe Petrosino per la Pace", a Padula è già stato assegnato alla memoria di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Ninni Cassarà.
In merito a quell’episodio il capo mafia di Bisacquino, don Vito Cascio Ferro fu indagato quale mandante o killer addirittura. Ma a suo favore un noto deputato fornì elementi di contro prova inattaccabili.
Tuttavia di Petrosino non si è persa la memoria. Provate adesso a cliccare su: www.joepetrosino.org. Mentre il suo volto comparve pure su volumi di fumetti e su certe introvabili figurine degli anni Trenta.
A New York ne seguirono il feretro in200 mila. Il 12 marzo il Comune di Palermo non dimentica di deporre le rose sotto la lapide che ricorda il delitto, che costò solo il posto al questore del tempo.
Ma che non nocque ad altri. Perché, al termine di indagini apparentemente complesse ma forse deliberatamente infruttuose, niente di decisivo venne fuori su mandanti e killer.
Su quanti vollero la fine di un coraggioso che - diversamente dal remoto Matteo Lo Vecchio, qui simbolo proverbiale di giustizia inaffidabile - ci piace immaginare riposi da solo nella tomba newyorchese.
Intendiamo, citando Leonardo Sciascia, senza avere accanto a sé il cadavere di alcuno degli Stati cui Giuseppe "Joe" Petrosino appartenne.
Una curiosità sulla targa che ricorda il luogo dell'omicidio: è inspiegabilmente collocata ma sul lato opposto di piazza Marina rispetto al punto in cui il poliziotto trovò la morte.
Un errore logistico di non poco conto, soprattutto rispetto alla pubblicistica relativa alle indagini sul delitto, per la quale un elemento determinante fu proprio l'esatto luogo dell'omicidio.
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