AMBIENTE
Nuovi vulcani scoperti nel mar Tirreno: gli studiosi la chiamano "La catena di Palinuro"
A metà strada tra la Sicilia e la Campania c'è una catena di vulcani di circa 90 km di lunghezza: un team di studiosi ha individuato vulcani sconosciuti
L'eruzione di un vulcano sottomarino
Il complesso vulcanico è stato ribattezzato "La catena del Palinuro" e si trova nei pressi dell’omonimo seamount e del vulcano sommerso Glabro, circa a metà strada tra la Sicilia e la Campania e circa 30 km ad ovest della costa di Sangineto in Calabria.
«Il Tirreno meridionale è caratterizzato dalla presenza di numerosi vulcani, alcuni emersi, come le Eolie, altri sommersi, come il Marsili - spiega Guido Ventura, vulcanologo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e coordinatore del gruppo di ricerca - la catena di vulcani scoperta si sviluppa per circa 90 km in lunghezza e si innalza da circa 3200 m a soli 80 m sotto il livello del mare».
La morfologia di questi centri vulcanici sottomarini, ricostruita attraverso modelli tridimensionali, ricorda quella degli stratovulcani degli archi di isole (per esempio le Eolie) ed è dunque caratterizzata da edifici di forma conica, con un cratere sommitale e alcuni crateri avventizi lungo i ripidi fianchi.
I vulcani della catena del Palinuro si troverebbero dunque in corrispondenza di una importante discontinuità della crosta nota come “Palinuro STEP” (dove STEP è un acronimo che, per gli addetti ai lavori, indica un Subduction-Transform Edge Propagator), ovvero una grande faglia con movimento trascorrente, legata al complesso contesto di subduzione della placca Africana al di sotto di quella Europea e che favorirebbe la risalita di magma dal mantello sottostante.
In questa zona del Tirreno l’attività magmatica e vulcanica del resto è tutt’altro che estinta, come confermato dalla presenza di sismicità superficiale ed emissioni idrotermali presso il seamount Palinuro e presso altri vulcani sottomarini.
«Questi centri vulcanici sono stati attivi sicuramente tra 300.000 e 800.000 anni fa - spiega Salvatore Passaro, geologo marino dell’Istituto per l’Ambiente Marino Costiero del CNR e coautore della ricerca - ma non è da escludere che siano stati attivi anche in tempi più recenti. Oggi sono caratterizzati da attività idrotermale sottomarina e si collocano in una zona di anomalia termica, dove si registrano circa 500°C a 1 km di profondità dal fondo del mare».
Nell’ambito di questa ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature communications, sono stati raccolti un gran numero di dati batimetrici, magnetici, gravimetrici, e sono stati realizzati carotaggi ed osservazioni dirette del fondale marino tramite il ROV (Remote Operating Vehicle), un veicolo sottomarino pilotato da una postazione remota.
I risultati di questa ricerca hanno implicazioni significative non soltanto per la comprensione della geodinamica del Tirreno, ma anche e soprattutto per l’interpretazione delle catene vulcaniche sottomarine attive e degli archi insulari di altre zone del pianeta.
Una cosa è certa, lo studio è ancora all’inizio e le future campagne oceanografiche che verranno condotte nel mar Tirreno potranno riservare ancora tante incredibili sorprese.
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