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Nouvelle cuisine nostrana: sostanza e buon gusto

Ah, gioie del palato, appagamento dei sensi! Un nirvana evoluto in nouvelle cuisine. E qui crolla l’asino. Un po’ di tempo fa sono andata con degli amici in una trattoria: un posto carino, ma senza pretese. L’ambiente era rustico, caldo, il camino acceso, insomma un luogo confortevole. Una volta accomodati, ci hanno portato il menù e… sorpresona! Nella lista comparivano nomi altisonanti, molto pretenziosi: tortino di capellini con salsa di pistacchi su letto di rucola, che altro non era che un involtino di 30 gr di capellini al pesto di pistacchi avvolto dai pelati e poggiato su quattro pampinazze di rucola in piatti di ventotto cm, neanche una pentola! Lo sformatino di spaghetti al nero era un altro involtino con il nero, ma senza seppie; il coniglio con patate glacè era una costoletta di coniglio, cioè ‘na cosuzza inesistente, con tre tocchetti di patate al forno; il fiore di maiale con borlotti aromatizzati era un pezzetto di lombo con, botta di vita!, otto fagioli al rosmarino. Per finire la vellutata di cioccolato con pistacchi di Bronte era un semplice budino e la crema vanigliata flambè era una classica crema di latte con lo zucchero caramellato sopra. Quattordici pagine di menù, scritte con caratteri gotici, che fanno tanto figo, ma lasciano la sostanza nella mente dei clienti e nella cucina della trattoria. Dopo la lettura del libro di salmi, avendo capito l’antifona, avrei voluto scappare con una scusa plausibile: il salvataggio della Terra da Godzilla, la protezione dell’ambasciata iraniana dall’invasione dell’ambasciata americana, il ripristino delle centrali eoliche a Sigonella, la deviazione di un meteorite… Purtroppo quella sera non uno squillo, neanche un curnuto che ha fatto trillare il cellulare! E sono stata costretta a far buon viso alla vacuità delle portate. Nessuno ha commentato, ma gli sguardi, al momento del conto, erano eloquenti e saettanti.

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‘Sti chef credono di inventare qualcosa, di innovare, fanno stages in altri paesi e non hanno idea di ciò che offre la nostra tradizione! Per esempio un piatto originario di Noto, ma diffuso in tutta la Sicilia, che può essere considerato un piatto di nouvelle cousine, è lo sformato di broccoli e prugne. C’è bisogno di andare fino a Stoccarda per imparare? Prepararlo è semplicissimo: si lessa il cavolfiore e lo si fa raffreddare dopo averlo scolato bene, conservando l’acqua di cottura, in cui cucinerete i bucatini, o, ancora meglio, i maccaruni. Quando la pasta è pronta, conditela con un po’ d’olio. Soffriggete le prugne snocciolate e i broccoli in una padella con olio extravergine, aggiungendo una bella cuppinata di uvetta e una spolverata di cannella. Amalgamate la pasta con questo sugo e sistematela in una teglia, alternandola alle fette di caciocavallo. Coprite con un bello battuto di uova e caciocavallo grattugiato e n’anticchia di mollica. Passate in forno per un quarto d’ora e il gioco è fatto. La nonna di mia cugina soffriggeva il cavolfiore e le prugne con l’aglio e per dare un sapore più forte ci aggiungeva uno o due filetti di acciuga e qualche pinolo. Devo ammettere che meritava e riempiva la vista di tutti e due gli occhi! Altro che piatti vuoti di ventotto cm! I piatti normali bastavano ad appagare cervello e stomaco, senza bisogno di prosopopee letterarie. Quindi se amate u quagghio e a sustanza, fuggite a gambe levate appena vedete grandi paroloni, prendendo a scusa un impegno improvviso e optate per panelle e cazzilli o mussu e carcagnola, meno eleganti, ma sicuramente più goduriosi!

L’abbinamento
È un piatto decisamente strutturato e complesso, caratterizzato da vari sapori primari. Il cavolfiore con la sua prevalente tendenza dolce richiede un vino secco e fresco. Queste qualità inoltre devono essere ancora più rilevanti per la presenza delle prugne secche, della cannella aggiunta per la realizzazione della crosta superiore e, non meno importante, per la pasta. La nostra pietanza si caratterizza inoltre per la grassezza e aromaticità che riesce a conferire a livello gustativo.
Alla luce di queste circostanze il giusto vino da abbinare è un bianco maturo prodotto dal vitigno autoctono grecanico.

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