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"Mongol Rally": le prime tappe di Igor D'india

Il team italiano del Mongol Rally è partito: una Y10 li porterà da Praga a Ulan Batar. Ecco i racconti delle prime tappe e delle avventure

Fabio Vento
Web developer e giornalista
  • 11 agosto 2009

Proseguono le avventure del palermitano Igor D'India e dei suoi compagni a bordo della Y10 che, partita dalla Repubblica Ceca a fine luglio, li condurrà in Mongolia entro la fine di agosto. L'iniziativa, di cui Balarm.it è media partner, è inserita all'interno del progetto “Mongol Rally”, gara che vede "sfidarsi" equipaggi da tutte le parti del mondo, a bordo di vecchie auto sotto i 1000cc di cilindrata. Il viaggio nel suo senso più autentico, come esplorazione, scoperta, “mettersi in gioco”, dove ciò che più conta è l'arte di “arrangiarsi” e il desiderio di condividere un'avventura: è questo il senso profondo del Mongol Rally. Ma c'è anche una vocazione di solidarietà: al termine del viaggio, infatti, tutte le vetture verranno cedute ad associazioni locali che le devolveranno in beneficenza.

Tutti gli equipaggi sono partiti da Praga e tutti dovranno giungere a Ulan Bator, ma sulla rotta da seguire c'è “carta bianca”. In particolare il “nostro” team seguirà un percorso “sui generis”: «La gran parte degli equipaggi passerà dall'Iran - commenta Igor D'India - Noi invece siamo particolarmente interessati al leggendario lago Aral ed alle piste desertiche del Kazakhstan». Queste le tappe: Kiev, poi l'attraversamento dell'Ucraina, la Russia fino a Volgograd, quindi Astrakhan e l'ingresso in Kazakhstan, continuando fino a Samarcanda, città dell'Uzbekistan, e poi nuovamente a Nord fino a Novosibirsk. Infine l'arrivo in Mongolia e l'ingresso a Ulaan Batar previsto per fine agosto.

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Sul sito www.estmongolrally.com il “diario di viaggio” di D'India e dei compagni Paolo Belarducci e Agnese Riva, parole e immagini che hanno il sapore dell'esperienza vissuta: non soltanto dei luoghi, ma anche del viaggio in sé, delle piccole e grandi cose che avvengono “durante”. Il team ha ritardato la partenza da Praga di qualche giorno (era prevista lunedì 20 luglio dopo il raduno dei “concorrenti”) per via dei lavori di riparazione dell'auto, una vecchia Y10 4WD del 1989: «Alla partenza degli equipaggi italiani da Milano, il 18 luglio - racconta Igor divertito - sono stati consegnati dei premi a sopresa... tra i piu strani c'é quello per l'oggetto più inutile portato a bordo vinto da due giovanissimi inglesi con un manichino di donna senza gamba e quello per l'equipaggio con meno speranze (che fino al giorno della partenza aveva ancora motore e ruote sparsi per l'officina) e lo abbiamo vinto noi».

Terminate le riparazioni, la tanto agognata partenza: il 27 luglio l'equipaggio sfrecciava già nei pressi di Kiev. «La macchina - scrive Igor - si é presentata ai miei occhi come un biglietto per la salvezza da noia e attesa, ma inizialmente anche come un oggetto molto precario. Scolature di olio sporcano il portello del portabagagli fino al vetro risalendo dalla marmitta. Il fumo, al momento dell'accensione, é tale che spariamo come avvolti dalla nebbia. [...] Le strade sono state un tormento per tutta la notte. Buie, con dossi alti, improvvisi, camion sul percorso, tratti velocissimi e altri lenti e malmessi. [... Abbiamo scelto di muoverci costantemente facendo sì dei cambi al volante, ma con ritmi di riposo collettivo di non più di 4 ore (di solito la mattina presto). Il che significa che dalle 8 del mattino alle 4 del giorno dopo la macchina corre».

Il 31 luglio D'India & compagni erano in Russia, alle porte di Volgograd, già Stalingrado: «Mentre Paolo trovava delle lamiere dalle quali ricavare un rumorosissimo portapacchi artigianale da imbullonare sul tetto, io e Agnese abbiamo fatto il giro della città, passata alla storia con il nome di Stalingrado. Fare riprese nel luogo che a suo tempo sacrificò la sua gente per fermare l'avanzata nazista é stato piuttosto facile. Non bisogna cercare nulla, salta tutto fuori da sè. Lapidi, corone di fiori, monumenti, memorial, tutto é a portata di mano nel centro storico. Il museo della resistenza, nonostante sia organizzato un pò alla russa (tutto insieme senza capo nè coda), é un luogo di impatto paragonabile come importanza ai memorial dello sbarco in Normandia o El Alamein».

Il 3 agosto, il caldo deserto del Kazakhstan: «Immaginate un luogo talmente sconfinato da permettervi di vedere il cielo sopra casa vostra anche se questa si trova a più di 5000 km di distanza dal vostro punto di osservazione. Un luogo che vi permette di vedere le nuvole così lontane da illudervi di prevedere le condizioni meteo dei prossimi due giorni e farvi perdere la concezione di orizzonte che vi hanno insegnato da bambini. Non sforzatevi di immaginare strade, ma piste nel deserto con serpenti che interrompono strisciando il vostro cammino, grossi rapaci in attesa che il prossimo cane della prateria venga spiattellato da uno dei pochi mezzi pesanti in transito e una infinita colonna di cavi elettrici che corre ondulante sempre accanto a voi verso l'infinito. Pensate ora a improvvisi corsi d'acqua che permettono a cammelli e cavalli selvaggi di rifocillarsi da lunghi tragitti percorsi sotto il sole cocente, metteteci qualche pastore in viaggio da chissà dove con moto di cinquant'anni fa e qualche volpe curiosa che vi passeggia accanto mentre assorbite l'ultimo raggio di sole del tramonto. Fatto? Benvenuti in Kazakhstan».

E lì una scoperta, anzi una riscoperta: «Nella solitudine di questi impressionanti spazi si riesce a percepire nuovamente ciò che significa viaggiare. Un luogo in cui l'assistenza é affidata alla divina provvidenza, in cui non si passa dritto senza neanche guardarsi in faccia con chi guida dalla direzione opposta, ma in cui il saluto diviene quasi una necessità per sentirsi meno soli e ancora parte dell'umanità. [...] Abbiamo tutta la zona che un tempo era il lago Aral, che pian piano muore sotto il sole lasciando le navi poggiate al suolo. Certe volte scendiamo a terra per sgranchirci le gambe e abbiamo quello che i marinai chiamano il mal di terra. Dopo 5 ore di rally ci si sente come una traversata in barca a vela con il mare forza 6». Qualcosa è cambiato: «Ho scoperto di avere una certa repulsione per quella tenda in cui non sono ancora entrato. É là ancora impacchettata, nuova nuova, che mi guarda. Le ho spiegato con il magone, che ho sempre dormito nella cara Friggitrice (la Y10, n.d.r.) fino ad ora e non riesco a immaginare luogo più comodo e sicuro al mondo, anche se ormai impolverato come un negozio di antiquariato» L'ultimo aggiornamento del sito dà il team alla volta di Tashkent, in Uzbekistan, sulla vecchia e leggendaria “via della seta”. Il viaggio continua...

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