CINEMA E TV
Last Days: ultimi bagliori di un maledetto
Last Days
U.S.A., 2005
Di Gus Van Sant
Con Michael Pitt, Lukas Haas, Asia Argento, Scott Green
Nicole Vicius, Ricky Jay, Ryan Orion, Harmony Korine
Quando, nel mese di aprile 1994, Kurt Cobain si sparò un colpo di fucile per farla finita nella sua Seattle, una nuova leggenda entrò nel mito del Rock. E il mondo imparò a piangere il leader dei “Nirvana” continuandolo a ricordare ciclicamente attraverso alcuni omaggi postumi (il cd “Unplugged in New York”, pubblicato nello stesso anno della morte, è uno dei concerti acustici più belli ed evocativi prodotti nella storia del Rock contemporaneo, oltre ad essere il testamento non solo artistico di Cobain). Ma facciamo un passo indietro: con la fine degli anni ’80, una nuova corrente apre nuove frontiere musicali: si tratta del “Grunge”, nato nella città di Seattle, un movimento nel quale i “Nirvana” ed altre celebri band come i “Pearl Jam” scrivono pagine fondamentali fin dai primi anni ’90. Cobain fa sicuramente parte della nutrita schiera dei maledetti (musicisti, poeti, divi cinematografici, etc), con le sue canzoni intrise di presagi generazionali, idolo esemplare come lo divennero Jim Morrison dei “Doors” , dopo la sua morte, e John Lennon, non solo dopo il suo clamoroso omicidio. Oggi, il regista Gus Van Sant, straordinario esploratore di anime alla deriva, cineasta che ama le storie di gioventù bruciate (ed è impossibile non pensare al River Phoenix del suo “Belli e dannati”, morto troppo giovane come James Dean), presenta il suo ultimo lavoro a Cannes, “Last days”, imperniato sulle ultime ore di un personaggio ispirato a Cobain. Si tratta di un omaggio ad una cultura capace di trasformare una storia individuale in una parabola sociale (come in “Elephant”, che rievocò l’emblematica strage del liceo Columbine). Non dunque un pedissequo biopic, ma un puro pretesto (con protagonista il bravo Michael Pitt) per narrare le possibilità di fuga di una intera generazione, quella della presente epoca globalizzata, votata al nulla e sconvolta da turbinose nevrosi autodistruttive. Vediamo Blake (lo pseudo – Cobain) perdersi nella natura notturna di un bosco, alla ricerca di qualche ispirazione. Capiamo subito che egli vive da rifugiato nella sua bella villa di pietra, che evita pure le persone che gli vivono accanto, nello sconvolgente caos che è la propria vita.
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