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“La caduta”: la banalità del male negli ultimi giorni di un dittatore

  • 17 maggio 2005

La caduta
Germania, 2004
Di Bernd Eichinger
Con Bruno Ganz, Alexandra Maria Lara, Coruninna Harfouch, Juliane Kohler, Ulrich Matthes

Dodici giorni, dodici anni… alla stregua di un monito divino la tragedia che si abbatte su di un popolo ricalca il senso della maledizione scagliata contro un uomo. Ultimi giorni di un dittatore, di un popolo e di una weltanschaung dura a tramontare. “Gli eventi lontani vengono visti in modo diverso nel corso del tempo. Sono diventati parte della storia. Avviene in tutte le società, avverrà anche per i tedeschi.” È ciò che sta avvenendo per il cinema tedesco, “costretto” a fare i conti con il background della propria Storia. Dalle pagine del diario dell’innocente e giovane segretaria Traudl Junge: “Until the final hour” e da “Der Untergang” dello storico Joachim Fest la sceneggiatura, plagiata sul fatto storico, lascia emergere a poco a poco oltre al carattere inafferrabile del Dictator, il sommerso mondo dei sentimenti e delle emozioni di quei personaggi, forse protagonisti o solo spettatori imbelli, che caratterizzarono l’aurea di dolore circoscritta dagli eventi dei fatidici giorni. Il film è quasi del tutto girato in interni: al di sotto della coltre terribile della guerra, il mondo ovattato e spietato della corte hitleriana continua a dettare le regole del macabro gioco.

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Contro qualsiasi contestualismo, oltre il senso della realtà, nel bunker dal 20 aprile al 2 maggio 1945 l’umanità viene contratta sino ai limiti dell’accettabilità. “Noi non sapevamo sino a quel giorno…” non è stata una giustificazione né per la Junge, né per i capi militari processati dal tribunale di Norimberga. “Tutti eravamo responsabili” pur nell’oblio assoluto in cui il Capo riuscì a rimuovere qualsiasi sussulto di coscienza tra i suoi fedeli. Eccentrici i personaggi di Hitler ed Eva Braun, non disumani né caricaturali, semplici ritratti della “banalità del male” e dell’ottundimento della coscienza cui dà sfogo la nevrosi che non si accetta. Misurate persino le figure del Ministro della Propaganda Goebbels e della consorte che danno la morte ai propri figli, ultimi suicidi al tramonto di un sogno, il Reich; nessuna sbavatura recitativa, solo il gesto carnale diretto che fa inorridire per la sua semplicità. Sullo sfondo la guerra vera che falcia uomini in carne ed ossa, suono di sirene e facce di bambini soldato; oltre l’Idea il mondo continua a contrattare la propria esistenza e dalle macerie riaffiora l’istinto di conservazione, la responsabilità è un capitolo a parte.

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