ARTE E ARCHITETTURA
L'inquietante innocenza delle bambole della Milici
Come afferma lo stesso curatore nel testo critico di presentazione, «variazioni su un medesimo tema o piuttosto metaforiche riflessioni in serie, le bambole di Esmeralda sono come delle parti di noi – giacché un tempo qualcuno come noi ha condiviso con esse molto più di qualche gioco – affondate dentro di noi e dimenticate tra galassie di altri mille frammenti di vita incosciente. Con i loro occhi vitrei, già spenti o socchiusi sotto al peso di ciliose palpebre meccaniche, esse restano sul bilico di un autistico isolamento. Raccolgono, così, in silenzio il loro e il nostro disagio – poiché attraverso il loro raccontano il nostro».
Le protagoniste dei dipinti, abbigliate come bimbe vezzose con costumini all’antica, come moderne Barbie o marionette di legno, fluttuano simili ad apparizioni su fondi pittorici neutri, spesso scuri (in verità, l’aspetto in alcuni casi meno risolto delle opere, che possiedono, nell’insieme, una certa magnetica suggestione ipnotica), e vi risaltano, grazie alla precisione fotografica che delinea i volti, gli sguardi assenti ma attraversati da lampi di ironia, sfida o malinconia, le chiome, le maschere di questi moderni idoli votivi, o gli specchi della nostra anima.
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