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Il dongiovanni dell'estremo Sud: Un cast d'eccezione per Liolà

  • 17 aprile 2006

Un classico del teatro italiano, ma anche uno spaccato della Sicilia rurale dell’inizio del Novecento, una realtà ormai lontana nel tempo, ma non del tutto dimenticata: “Liolà” di Pirandello, che torna sulla scena del teatro “Al Massimo “, a portare, nell’atmosfera primaverile dell’ultimo scorcio di aprile, una ventata di freschezza e solarità, non disgiunta però, come sempre accade nelle commedie del drammaturgo siciliano, da spunti di riflessione dai risvolti amari. Liolà è uno scanzonato e solare dongiovanni, qui interpretato da Gianfranco Jannuzzo con la prestigiosa regia di Gigi Proietti. Quasi un eroe rurale, dalla memoria ancestrale, Liolà vive con spregiudicata disinvoltura e spontaneità e con impeto irruento la propria giovinezza. Seduce e ingravida così Tuzza, la mediterranea Manuela Arcuri. Più avveduta e calcolatrice dell’amante, la donna cerca rimedi e coperture per rendere l’evento, naturale per eccellenza, della prossima nascita, socialmente accettabile. Avvezza alle trame di una società che vive con drammatica intensità e stridente contrasto il legame vitale con una terra antica, e per molti aspetti ancora selvaggia, e una moralità repressiva altrettanto esaperata, la furba Tuzza vuole trasformare in vantaggio l’inevitabile scandalo che la coinvolge. Sarà infatti sufficiente convincere l’anziano zio Simone, tanto desideroso di un erede, ad attribuirsi la paternità del nascituro figlio di Liolà, per mutare la situazione di Tuzza da scomoda in propizia. Zio Simone infatti assicurerà alla donna ed al suo bambino un inaspettato agiato futuro. Inoltre, il riconoscimeto del bambino vendicherà il disonore inflitto alla donna dallo spregiudicato Liolà e sarà persino una rivalsa su Mita, legittima moglie del vecchio Simone, accusata, in maniera assai poco plausibile dall’anziano marito, di essere causa della sterilità della coppia, e tuttavia invidiata da Tuzza per il vantaggio sociale acquisito con l’infelice matrimonio.
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Ma quando la faccenda sembra così risolversi con il riconoscimento sociale di una paternità accreditata che copra l’onta e rimedi al “danno”, ancora una volta è Liolà a mettere in discussione la questione e scompigliare l’ordine convenzionale stabilito. In questo caso, però, l’intervento del giovane è provvidenziale ed in qualche modo risolutivo: Liolà , solerte, seduce la sfortunata Mita. Rimasta incinta, la donna viene riaccolta festosamente in casa dal marito che vuole riconoscere il bambino atteso da Mita, come erede legittimo. Commedia esemplare nella produzione pirandelliana della poetica dell’autore, ”Liolà” cela, al di là di un’apparenza di leggerezza, tutta la profondità e l’importanza dell’irresoluta, sofferta ed insieme buffa, dialettica fra una naturalità autentica nella sua spontanea vitalità (incarnata dalla figura “ruspante “e libera del protagonista) e un mondo sociale artefatto, giudice impietoso e malevolo, che trova appagamento e soddisfazione solo nella menzogna. Con un beffardo paradosso, la soluzione del guaio provocato da Liolà (“ai danni “di Tuzza) è proprio un riproporsi del medesimo”guaio” del quale è ancora lui il resposabile (rendere madre Mita), ma in una veste, questa volta, socialmente accettabile e quindi, infine, rincuorante e risolutiva. Ne scaturisce così, a commento della vicenda, un sorriso ironico e disilluso, davanti ad un sipario che si chiude con un finale che, seppur prossimo più ad un opportuno accomodamento della situazione iniziale che non al trionfo della verità, appare comunque lieto. "Liolà" è in scena dal 20 al 30 aprile in orari serali (alle 21.30 il 20, 21, 22, 25, 28, 29 aprile) e pomeridiani (alle 17.30 il 22, 23, 26, 27 e 30 aprile). Il prezzo dei biglietti è compreso tra i 7 ed i 30 Euro. Per informazioni e prenotazioni rivolgersi al botteghino, tel. 091. 58 95 75.
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