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Giovanna Taviani, la Sicilia nei sui video documentari

  • 14 maggio 2007

Una nuova leva del cinema italiano, studiosa di letteratura contemporanea, saggista e nota critica del cinema, Giovanna Taviani, ha già attirato l’attenzione del pubblico con i primi suoi due documentari “I nostri 30 anni: Generazioni a confronto”, presentato nell’ambito del Torino Film Festival e “Ritorni”, presentato alla Festa di Roma 2006 e vincitore del Premio Speciale della Giuria al Potenza International Film Festival. In occasione della presentazione del suo ultimo progetto, una collana di video-documentari sui maggiori registi cinematografici del nostro secolo, monografie e video interdisciplinari imperniati sui contributi di critici e testimoni, prodotto dalla Palumbo Editore, siamo riusciti a strapparle una breve intervista.

Tra i tuoi primi scritti mi ricordo gli studi su Pirandello: “Parole contro parole. Crisi del linguaggio e vocazione al tragico nelle novelle di Pirandello” del ’98 e “Michelstaedter”, imperniato sulle vicende di un poeta italo americano, poi con “Letteratura e cinema, Il neorealismo. Cinema e letteratura”, e “Il linguaggio cinematografico”, la svolta verso il cinema si fa più marcata, ma è il saggio “Lo sguardo ubiquo. Al confine tra letteratura e cinema”, a svelare la tua natura. Possiamo supporre che le tue passioni siano almeno due, aspetti diversi di un’anima sensibile e piena di sfaccettature che insegue una vocazione al confine tra più generi?
«In un certo senso si. La mia formazione è classica, dopo il liceo ho studiato lettere, mi sono laureata con Romano Luperini in letteratura contemporanea e sin da subito ho fatto parte della redazione di “Allegoria”, rivista di teoria e critica letteraria diretta da Romano, mi sono quindi appassionata alla scrittura, pur continuando a seguire l’intero iter accademico, dottorato, assegno di ricerca e prime pubblicazioni».

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Insomma, cinema e letteratura come moventi di una poetica completa, che nell’uno e nell’altro caso dimostri di conoscere a fondo.
«Le mie prime basi non potevano che essere letterarie e sono fermamente convinta che il ruolo dello scrittore sia ancora scuotere le coscienze. I conflitti, le contraddizioni della nostra società, oggi come ieri hanno bisogno di venir fuori, e il metodo migliore è proprio trovare sfogo attraverso la penna di uno scrittore. In questo senso il cinema ha lo stesso compito, anche se il linguaggio è diverso».

Se dovessi definire il cinema?
«Il cinema è lo spaccato di un mondo che si affaccia di volta in volta in un modo diverso. E’ mosso da una forte necessità narrativa, per questo è politico, impegnato e graffiante anche quando tratta temi marginali. Data la mia formazione la mia idea di cinema non può che essere militante».

In questo hai seguito le orme paterne?
«Sotto questo aspetto si, ma poi, tra i primi impulsi e desideri, è ovvio che abbia predominato la ricerca di uno spazio autonomo e la necessità di affrancamento dai genitori, soprattutto dalla figura paterna, e nel mio caso devo confessare che non è stato semplice».

Ma torniamo al tuo ultimissimo progetto. “Dal testo allo schermo. Al confine tra letteratura e cinema” è un’idea tua?
«L’idea è nata con Giorgio e Mario Palumbo, con i quali collaboro ormai da moltissimi anni. Insieme abbiamo deciso di creare una collana di audiovisivi innovativa che io avrei curato e loro prodotto».

Un’antologia che attraversa l’intero ‘900 cinematografico, abbracciando più generi tra cui il giallo.
«Si. La collana è dedicata a tutti i grandi registi italiani che hanno tratto ispirazione almeno una volta dai testi letterari, ed essendo indirizzata agli studenti , privilegia un taglio interdisciplinare e dinamico. Un buon ausilio didattico per l’insegnamento delle materie umanistiche. L’utilizzo del mezzo audiovisivo a fini didattici, infatti, può essere un ottimo metodo per arginare la crisi dell’insegnamento delle materie letterarie».

E’ stato facile codificare i diversi registri cinematografici e trasporli in un unico linguaggio veicolabile nell’audiovisivo?
«Chiariamo subito che il linguaggio cinematografico è molto distante da quello letterario, ma non ne è la sua sottospecie. Più che alla narrazione il cinema potrebbe appartenere al mito, eppure cosa più del cinema può far appassionare alla letteratura?»

Sono d’accordo
«Luperini sostiene che la letteratura veicola le immagini in un modo ambiguo, essendo l’arte sempre un po’ ambigua… ma il cinema è nato proprio da queste prime immaginazioni personali. Se pensiamo che i registi del secolo scorso si sono formati quasi esclusivamente attraverso i testi letterari, elaborando e ricreando immagini che non avevano mai inquadrato, comprendiamo quanto stretto sia il legame che intercorre tra le due arti».

In che modo pensi di legare l’amore per le immagini e il piacere della scrittura?
«Il cinema può essere d’aiuto per rileggere un libro, viceversa il testo può suggerirci nuove angolazioni, o farci guardare diversamente la stessa sequenza, stimolando magari un altro punto di vista. Dalla riscrittura di una sceneggiatura, per esempio, può nascere qualsiasi cosa e non penso che esistano particolari trascurabili in fase di montaggio, che coincide con il momento di sintesi».

Il primo dvd è interamente opera tua, oltre ad essere direttrice della collana, infatti, hai firmato alcuni lavori per intero. A cosa è dovuta la scelta di iniziare con Visconti?
«Tra tutti è forse il regista che più si accosta all’idea di multidisciplinarietà, il suo genio è stato un ibrido tra musica, teatro e letteratura. Ogni sezione affronta un decennio, ed è ispirato agli amori letterari di Visconti, i capitoli, infatti, sono suddivisi tenendo conto di ogni passaggio d’epoca della sua vita. “Il melodramma”, per esempio, spazia all’interno del periodo in cui Visconti girò “Senso” e “Le notti bianche”, o “Mann e la fine di un mondo”, da “Rocco e i suoi fratelli” a “La caduta degli dei”, o ancora “Sotto il segno di Proust”, da “Morte a Venezia” a “L’innocente”. Ciò che mi interessa è l’aspetto non tecnicistico dei video, in questo ho preferito un approccio debenedettiano, non erudito, in modo da conquistare i ragazzi.

I video sono ricchi di interviste e testimonianze dirette di alcuni personaggi che hanno realmente contribuito alla realizzazione delle opere. Hai intervistato Rosi, Citto Maselli, Enrico Medioli, Rondolino, Carlo Lizzani, Caterina D’Amico, Pietro Ingrao, Rotunno, ma anche Camilleri, Saviano…
«Ogni dvd rappresenta un viaggio storico-culturale attraverso, non solo il mondo letterario ma anche quello, quasi sempre celato, degli sceneggiatori, scenografi, costumisti, degli autori, senza i quali la sola idea di cinema non avrebbe alcun senso. Ho voluto privilegiare una visione dal di dentro, da dietro le quinte insomma, e scoprire tutti quei dettagli che normalmente rimangono inespressi, le differenze, l’altra faccia delle cose».

Dopo Visconti il prossimo dvd affronta il tema del Giallo. Si parte da Gadda, Fruttero e Lucentini, Sciascia, sino a Camilleri e Lucarelli . Chi pensi possa averne colto l’eredità?
«Se devo pensare a qualcuno tra i giovani ritornati sulle orme del cinema di genere sicuramente posso citare lo scrittore Roberto Saviano e il regista Daniele Vicari».

Qualche anticipazione sui prossimi soggetti?
«Il proposito è produrre 4 dvd all’anno, in lista naturalmente De Sica, Bertolucci, Pasolini a cura di Rondolino, Bellocchio a cura di Giovanni Spagnoletti, i Taviani a cura di Vito Zagarrio, già in preparazione invece “Scrittori e cineasti a confronto” curato da me e Daniele Vicari».

Alla presentazione della collana all’Auditorium, durante il dibattito Rosi ha affermato che il cinema d’oggi è troppo adolescenziale o impegnato esclusivamente a dar spettacolo, condividi questo punto di vista?
«Assolutamente no! Registi come Marra, Vicari, Matteo Garrone, Francesco Munzi, Sorrentino, sono autori che ammiro moltissimo e di cui l’Italia ha bisogno. Sono una partigiana dei nuovi talenti e credo fermamente nel ritorno all’esperienza del Cinema dell’ultima generazione».

E della scelta di privilegiare il genere documentaristico invece?
«Sostengo un’idea di documentario svincolata dal formato standard del reportage realistico. Quello che mi preme è documentare la realtà raccontando una storia, dando spazio alla memoria e sfogo alla creatività. Sono insofferente alla finzione fine a se stessa e preferisco raccontare la contemporaneità così come riesco ad inquadrarla io stessa, naturalmente».

Un autore teatrale che risveglia questa tua visceralità?
«Non posso che essere una pasoliniana ma ammiro Pippo Delbono».

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