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Giorgio Albertazzi, “la poesia che c’è in noi”

Dal tema dell’amore a quello delle sirene, “perché in ogni amore c’è sempre una sirena, una Circe che ammalia e qualcuno che la insegue e se ne innamora”

  • 31 agosto 2004

“Cos’è la poesia? E’ una stanza emotiva dell’anima. E’ la voglia di cantare, è la sillaba che si fa nota musicale, raccogliendo tutto l’amore inespresso che c’è in noi.” Così Giorgio Albertazzi in una calda pre-vigilia di ferragosto ha aperto il suo recital palermitano a Villa Filippina, allestito da Michele La Tona nell’ambito della rassegna “Palermo Teatro” con l’accompagnamento musicale del giovane pianista palermitano Bepi Garsia. Il pubblico non è quello delle grandi occasioni per l’incombente calura estiva, ma il grande attore fiorentino riesce a conquistarlo, riscaldandosi in souplesse prima del recital dell’alba di ferragosto, che lo vedrà protagonista per il terzo anno consecutivo al teatro greco di Segesta. Per rompere il ghiaccio iniziale, aneddoti vecchi e nuovi della sua lunga carriera e riflessioni a cuore aperto: “Non mi piace il teatro tradizionale, con le lucine, le scenografie, i ruoli prestabiliti, ha fatto il suo tempo. Ormai bisogna compromettersi”. Ed ancora: “Ormai sono vecchio per la parte di Romeo, anche se i personaggi giovani li fanno meglio gli attori vecchi, perché hanno assaporato la gioventù e sanno distillarne le cose migliori”. E così con consumata esperienza indossa i panni ideali di Romeo e, chinandosi piano sul pavimento dove giace il corpo di Giulietta, offre al pubblico la toccante dichiarazione d’amore del personaggio shakespeariano all’amata creduta morta. 

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Dal tema dell’amore a quello delle sirene, “perché in ogni amore c’è sempre una sirena, una Circe che ammalia e qualcuno che la insegue e se ne innamora”: lapalissiano il riferimento al poema omerico e ad Ulisse, eroe degli eroi, al quale l’attore rende omaggio con il celebre 26° canto dell’inferno, in cui Dante elogia i cultori del sapere che seguono virtute e conoscenza. Il tocco lieve e misurato del pianoforte di Bepi Garsia sottolinea le pause fra un momento poetico e l’altro, con intermezzi musicali dedicati a Chopin, Scriabin e Brahms. La parte finale dello spettacolo è dedicata agli autori contemporanei, con i versi sulle sirene di D’Annunzio, “Ossi di Seppia” di Montale ed alcune pagine dalle “Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar e “La sposa sirena” di Calvino. Nell’attesa del recital dell’alba a Segesta che gli suscita ogni volta un’irripetibile emozione, Albertazzi conclude la serata di musica e poesia con l’abbacinante splendore dell’Infinito di Leopardi, strappando un ultimo applauso al pubblico ammirato e partecipe ed anche a Bepi Garsia che ha avuto il privilegio di accompagnarlo.

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