Dopo la messa in onda della nuova campagna pubblicitaria di “Glassing”, con le parole di Peppino Impastato, sul web compare una petizione per ritirare lo spot
Creatività e buon senso, determinazione e rispetto, buona fede e strumentalizzazione: c’è in tutto, un sottile confine che scegliamo o meno di superare; un soggettivo ideale di giusto e sbagliato dal quale decidiamo di lasciarci guidare. Ogni medaglia ha una sua seconda faccia e ciascuno ne predilige una; si è sempre pronti a giudicare chi giudica, per poi schierarsi in prima fila quando si vuol far sentire la propria opinione.
Dalla citazione allo scalpore, dallo spot al caso nazionale: è quanto accade da giorni dopo la messa in onda della nuova campagna di “Glassing”, il giovane brand italiano di occhiali dal design sperimentale e d’avanguardia, che ha scelto le parole di Peppino Impastato per pubblicizzare il lancio della sua nuova collezione.
Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi ci si abitua. Ogni cosa pare che debba essere così da sempre e per sempre. Insegniamo la bellezza alla gente, così non avremo più abitudine, rassegnazione, ma sempre vivi, curiosità, stupore.
Le parole di Peppino, militante antimafia assassinato il 9 maggio 1978 da Cosa Nostra, risuonano come un’esortazione alla bellezza ma, di certo, quella più profonda, che vola oltre il visibile e incita a riconoscere la verità e la giustizia che ogni popolo merita. Quella bellezza che diventa potente arma contro l’accettazione dei soprusi da parte di quegli uomini che “d’onore” portano solo il nome.
Quale, allora, la connessione tra l’urlo di “uno dei nostri” che sfidò la mafia e il video-spot di Glassing? Quanto emerge dall’intervista realizzata da “Rete 100 Passi” al fratello di Peppino, Giovanni Impastato, chiarisce la posizione della famiglia dell’attivista siciliano.
«Noi, come famiglia, ci siamo sentiti offesi e oltraggiati da questo spot che è lesivo nei confronti della memoria di Peppino - afferma Giovanni Impastato - e credo che lui avesse un modo di concepire e percepire la bellezza in maniera diversa: la bellezza non è mercificazione ma è spontaneità e naturalezza. Questo spot non c’entra niente con Peppino. Ecco perché ne abbiamo chiesto il ritiro ed andremo fino in fondo. Purtroppo, viviamo in un’epoca difficile in cui molte persone tentano di arricchirsi e di costruire consensi intorno a sé, sfruttando l’immagine delle vittime della mafia».
La famiglia di Peppino Impastato ha, infatti, dato già mandato all'avvocato Vincenzo Gervasi per la richiesta di sospensione dello spot dell’azienda lombarda anche perché, se, come afferma il fratello, “Peppino lottava contro il consumismo e le sue battaglie erano legate alla salvaguardia del territorio”, non appare plausibile né scusabile l’uso delle sue parole a scopo pubblicitario.
Da Twitter a Facebook, dai blog ai commenti sui siti di informazione: anche il Web non si sottrae dal prendere una posizione e non tarda ad agire in difesa della memoria di Peppino con
una petizione voluta da Ivan Vadori, giornalista e regista de’ "La voce di Impastato", documentario sulla tenacia e la determinazione di Peppino nel suo impegno nella lotta alla mafia e nella ricerca della verità.
Una risposta arriva dal direttore creativo dell'agenzia "Special team", che ha realizzato lo spot per la "Glassing": «Non era nostra intenzione offendere la famiglia Impastato - dice Pasquale Diaferia; con la nostra iniziativa abbiamo voluto rilanciare le idee e le parole di Peppino Impastato che, troppo spesso, vengono dimenticate nella nostra società». Il direttore di "Special team" rivendica "un'azione dal grande valore civile": «La pubblicità - dice - può anche essere uno strumento per far riflettere».
In molti considerano strumentalizzato e voluto il clamore mediatico suscitato dal video-spot. «Se la nostra denuncia potrà giovare all’azienda –dichiara Giovanni Impastato - a noi interessa pochissimo. Per noi è importante che non venga sfruttata l’immagine di Peppino a scopo lucrativo; è importante che la gente non debba guadagnare sul suo sangue e sul suo sacrificio».
E nella lotta tra cosa sia giusto e cosa no, Oscar Wilde lo aveva già capito: «Non importa se bene o male, l’importante è che se ne parli».